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Da "Umanità Nova" n. 31 del 18/10/98
Fiat in Turchia
Mentre l'Italia mira ad adeguarsi liberalizzando completamente il rapporto di
lavoro a favore dei padroni introducendo libertà di licenziare e
riducendo i diritti dei lavoratori, le industrie che si collocano nel mercato
globale riescono a "godere" già di simili libertà, grazie a
governi dittatoriali, feroci e sanguinari.
Come in Turchia.
Il presidente e il segretario del sindacato turco Birlesik Metal-is raccontano
la situazione.
Nel corso di una trattativa con l'associazione industriale Mess, in cui i
sindacati rivendicavano "sicurezza del posto di lavoro", aumenti salariali,
revisione dei regimi d'orario e straordinario, questo sindacato scopre che
altri 2 sindacati hanno firmato, solo per la parte salariale, tagliando fuori
la questione dei diritti.
Il Birlesik Metal-is rifiuta di firmare in attesa di consultare gli iscritti.
Nel frattempo, 20mila lavoratori abbandonano i sindacati firmatari dell'accordo
bidone e si rivolgono al Birlesik.
Questo è successo anche alla Fiat: 20 giorni fa quasi 2000 dei 3637
lavoratori sindacalizzati della Fiat si sono dimessi dal Turk Metal. Pochi
giorni dopo hanno iniziato ad iscriversi al Birlesik Metal-is e la Fiat ha
cominciato le pressioni, con la minaccia di licenziarli. E finora ne sono stati
licenziati già 200.
Inoltre per licenziare viene seguito questo metodo: "il capo del personale
chiama 30 lavoratori ogni mattina e chiede loro di scegliere se vogliono
l'applicazione dell'art. 13 o dell'art. 17 della legge sul lavoro (entrambi
riguardanti il licenziamento). Se scelgono l'art. 13 ricevono una
indennità di anzianità ma a condizione che si riscrivano al Turk
Metal. Se il lavoratore rifiuta viene licenziato in base all'art. 17"
Questo evidenzia una collaborazione tra sindacati "gialli" o di regime, il
governo e il padronato, in questo caso multinazionale.
La Fiat torinese dice che c'è una divisione al 50% dei compiti con la
Cok, omologa degli Agnelli, che si occupa della direzione del personale
(ovviamente!), per cui dall'Italia negano ogni responsabilità.
Istanbul - La polizia attacca sede di un giornale
Il 7 ottobre la sede del giornale di opposizione Kurtulu (Liberazione), un
settimanale di Istanbul, è stata attaccata dai reparti antiterrorismo
della polizia.
24 sono state le persone arrestate tra cui Nurg|l Arzitas, corrispondente dalla
Germania per Kurtulus. Molte di queste persone sono state duramente ferite
duranti gli arresti.
Kurtulus è un giornale legalmente registrato in Turchia, ma è
stato più volte soggetto agli attacchi brutali delle autorità.
Un simile raid era stato bloccato nell'estate del 1997: la polizia, che aveva
circondato il palazzo dove si trova la sede del giornale senza riuscire ad
entrare, era stata costretta a tornare indietro grazie alle proteste delle
persone scese per le strade e alle pressioni delle organizzazioni che si erano
tempestivamente mosse in solidarietà.
Nigeria - gli attacchi contro le compagnie petrolifere danneggiano molto la produzione
La produzione di petrolio della Nigeria si è ridotta di un quinto negli
ultimi giorni per una serie di attacchi alle compagnie petrolifere ad opera di
giovani che protestano contro il governo militare. Gli attacchi agli oleodotti
si sono verificati nella regione meridionale del delta del Niger. E' un duro
colpo alla produzione del paese, che il mese scorso era arrivata a due milioni
barili al giorno e che ora è scesa a poco più di a 1.500.000
Il terrorismo dei talebani non potrà mai intimidire la lotta delle donne
afghane
Attraverso una notizia del 7 ottobre1998 (Frontier Post) abbiamo saputo che una
giornalista afghana Najiba Sara è sopravvissuta ad un tentativo di
assassinio nella regione del Peshawar. Anche se non c'è un esplicito
riferimento ai talebani come perpetratori di questa vile azione, dalla
descrizione dell'aspetto degli attentatori e per le modalità
dell'agguato si può ritenere senza dubbio che i colpevoli siano gli
appartenenti alla fratellanza Jihadi dei Talebani. Tale fatto si può
collegare alla profonda crisi in cui si trova l'organizzazione dei terroristi
della fratellanza dei Talebani.
Secondo la notizia, Najiba Sara in numerose occasioni è stata avvicinata
e minacciata in strada come pure al telefono ed attraverso la posta per aver
lavorato fuori casa e per aver gridato in una manifestazione nel Peshawar
richiamando l'attenzione sull'Indipendence Day afghano del 19 agosto in difesa
dei diritti delle donne. Aveva anche ricevuto lettere minacciose ed
avvertimenti da Moulavi Mohammad Mokhlis, capo dell'Intelligence Service dell'
Afghanistan.
L'Associazione delle Donne Rivoluzionarie Afhgane (RAWA) condanna con forza
questa vile azione terroristica, RAWA crede che questa azione sia motivata
dall'ideale ignorante e fondamentalista per cui si vogliono sottrarre alla
nostra tormentata gente e in particolare alle nostre donne "schiave" le ultime
tracce dei diritti umani e delle libertà diffondendo un'atmosfera di
terrore anche qui nel Peshawar.
Secondo la loro natura questi elementi religios-fascisti non possono ritenersi
soddisfatti dal regno del crimine e dalle atrocità inumane che hanno
commesso contro le donne afghane indifese in Afghanistan, devono perciò
gratificare i loro bisogni coercitivi psicopatici anti-femministi nel Peshawar
sotto la protezione dei loro padroni stranieri. Dimostrando di non essere da
meno in termini di scelleratezza ed infamia dei loro fratelli come Golboddin
Hekmatyar, Rabbani, Sayyaf etc.
Quest'ultima azione terroristica dei fondamentalisti ancora una volta
sottolinea il fatto che anche la voce di una sola donna, una donna che neppure
appartiene ad un partito o ad un organizzazione, che si leva in difesa dei
diritti umani delle donne, in continuazione violati, è sufficiente a
provocare gli incubi di questi codardi. Così ignobili azioni possono
solo rappresentare la spregevolezza di coloro che, nonostante tutti i
maschilismi istituzionalizzati, reprimono con le catene e con la frusta ma che
non riusciranno mai ad intimidire le legittime lotte delle donne afghane. Lotte
che oggi sono solo ad un livello politico di denuncia ma che sono di una tale
importanza e di un efficacia così dirompente da provocare il panico nei
cuori neri dei talebani e dei loro fratelli Jihadi. Già in passato le
donne avevano dato risposte esemplari di fronte alle vili minacce del
terrorismo fondamentalista arrivando a pagare con la vita la difesa della
libertà e della democrazia.
L'ignoranza, la paura della democrazia, l'odio verso la donna dei Talebani non
potrà far tacere le richieste per l'emancipazione nazionale ed il
riconoscimento dei diritti umani attraverso il terrorismo religios-fascista.
Ekmatyar ha perfezionato l'uso del terrore per assoggettare intellettuali e
donne in un criminale esercizio di frustrazione che non solo è fallito
come tentativo di sottomettere le donne ma ha addirittura rafforzato la
determinazione del RAWA e di altre donne antifondamentaliste nella lotta contro
questo mostruoso anacronismo.
Domandiamo al governo del Pakistan di controllare gli assalti e le incursioni
dei mercenari Talebani che minacciano i rifugiati afghani che, indifesi,
cercano la pace e la sicurezza in Pakistan.
RAWA chiede a tutti i circoli internazionali e a tutte le forze democratiche e
agli individui di proclamare il proprio sostegno alle donne afghane, indifese e
brutalizzate, condannando apertamente gli attacchi dei terroristi Talebani, non
riconoscendo il loro ignorante, fascista, misogino, rozzo regime.
Rawa che molte volte è stata vittima di tale terrorismo crede fermamente
che solo attraverso una lotta ferma ed inesorabile contro i Talebani e contro
tutti i traditori Jihadi e non Jihadi si può fermare l'odiosa esistenza
del fondamentalismo per costruire una società basata sui valori
democratici in Afghanistan.
Basta con i terroristi Talebani. Pieno sostegno alle lotte delle donne contro
il fondamentalismo.
Lunga vita alla libertà e alla democrazia.
10 ottobre '98 Associazione delle Donne Rivoluzionarie Afghane
RAWA P.O. BOX 374 QUETTA PAKISTAN
E-mail rawa@rawa.org http: // www.rawa.org
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