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Da "Umanità Nova" n. 32 del 25/10/98

Inceneritori... alle corde

Di fronte al grande movimento che a livello internazionale sta mettendo in crisi il business legato all'incenerimento dei rifiuti, la Commissione europea sta per varare una direttiva che pone limiti severi all'emissione di diossine. Ma così facendo i costi salgono alle stelle e l'inquinamento rimane. Uniche soluzioni ecologiche alla questione dei rifiuti: diminuzione dei rifiuti prodotti, riuso, raccolte differenziate finalizzate al riciclaggio.

L'Unione Europea sta per fissare limiti "stringenti per le emissioni nocive di gas, e in particolare di diossina, provenienti dagli impianti di incenerimento". Secondo quanto riferisce "Il Sole 24 Ore" del 13 ottobre il responsabile all'ambiente della Commissione europea, Bjerregaard, ha redatto una proposta di direttiva che, se approvata, porterebbe ad un limite di emissioni di diossine pari a 0,1 nanogrammi per metro cubo contro gli attuali 100 nanogrammi. La proposta di direttiva, che riguarderà oltre agli inceneritori anche gli impianti industriali che usano rifiuti come combustibile (es. le cementerie), fissa anche limiti per "mercurio, cadmio oltre che per altri gas acidi". Il quotidiano della Confindustria riferisce anche i costi di questa nuova direttiva (550 milioni di ECU per anno, oltre mille miliardi di lire) che però sarebbero comunque inferiori ai costi (valutati dall'U.E. in 880 milioni di ECU, oltre 1.500 miliardi di lire) dovuti ai danni alla salute provocati dalla dispersione nell'aria delle diossine e delle altre sostanze tossiche. Nell'articolo si sostiene che la Commissione avrebbe deciso di intervenire con queste misure restrittive "in parte per il sensibile aumento dell'utilizzo degli inceneritori" dovuto "in parte al calante ricorso alle discariche e in parte all'aumento del flusso del materiale da smaltire", aumento che dovrebbe veder quasi raddoppiata entro il 2004 la quota dei rifiuti destinati all'incenerimento.

Fin qui "Il sole 24 Ore".

La notizia merita alcune riflessioni. La prima riguarda il fatto che la vera ragione della nuova direttiva dell'U.E. è il grande movimento di protesta che un po' in tutta Europa sta mettendo in crisi il business legato al termotrattamento dei rifiuti. A questo proposito si veda quanto pubblicato su "UN" del 20 settembre sulla situazione europea e americana.

Il secondo punto riguarda la questione dei costi. Non sappiamo che tipo di stime siano state fatte dalla Commissione europea; rimane il fatto che la nuova direttiva farà lievitare i costi di costruzione degli inceneritori, già oggi stratosferici (un inceneritore di medie dimensioni costa attualmente almeno 120/150 miliardi di lire). La conseguenza sarà quella di far divenire costosissimo smaltire i rifiuti con la termodistruzione. Chi dovrebbe pagare un conto così salato? Lo Stato, innanzitutto, attraverso la concessione di finanziamenti più o meno gratuiti e la supervalutazione dell'energia elettrica prodotta e i cittadini che si vedrebbero aumentare le tasse sui rifiuti.

Ma tutto questo servirà almeno ad impedire l'emissione delle micidiali sostanze tossiche? No, per almeno due ragioni. La prima è che le tecnologie che mirano ad "imbrigliare" diossina, furani, ecc. prima della loro emissione in atmosfera potranno ridurre ma non impedire totalmente tale micidiale inquinamento. Anche ammesso che i marchingegni funzionino sempre a pieno regime (e abbiamo molti dubbi che ciò sia possibile) qualcosa continuerà comunque a fuoriuscire. E non sarà una bell'aria. La seconda è che queste sostanze tossiche "imbrigliate" dovranno essere smaltite in qualche modo e da qualche parte. E' bene sapere, infatti, che ogni inceneritore produce ceneri, polveri e scorie tossici pari a circa il 30% della quantità di rifiuti trattati. In pratica circa 30 tonnellate di rifiuti tossici ogni 100 tonnellate lavorate. Sarà necessario quindi trovare le discariche dove "conferire" tali schifezze con l'inquinamento e la devastazione del territorio che questo comporta.

E' possibile sperperare cifre enormi per ottenere risultati così scadenti? Naturalmente no. Ma esistono delle alternative all'incenerimento e alle discariche? Le alternative esistono e sono praticabili. Ci riferiamo ad una politica che porti: a) ad una sensibile riduzione dei rifiuti prodotti (p. es. intervenendo per una drastica riduzione degli imballaggi che oggi costituiscono gran parte dei rifiuti urbani), b) alla produzione di materiali durevoli e non "usa e getta", c) a raccolte differenziate dei rifiuti destinate al riciclaggio e al riuso. Per far questo occorrono investimenti iniziali molto minori di quelli necessari per costruire gli inceneritori, investimenti che oltre ad avere il pregio di non produrre inquinamento sono anche capaci di creare nuova occupazione.

M.Z.



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