Da "Umanità Nova" n. 33 del 1/11/98
L'anarchismo della F.A.I.
La Federazione Anarchica Italiana è sorta per promuovere l'azione rivoluzionaria antistatale ed anticapitalista con l'obbiettivo di sviluppare movimenti sociali a carattere libertario al fine di distruggere ogni forma di potere e di trasformare la società secondo i principi del comunismo anarchico. In armonia con questi intendimenti la F.A.I. continua ad operare, svolgendo sia un lavoro di agitazione e propaganda con la sua stampa e la sua editoria, con conferenze, comizi, e gruppi di discussione, sia di azione sociale nei più vasti movimenti di lotta a carattere sindacale, territoriale, antimilitarista, autogestionario, per la libera circolazione degli individui, per la riappropriazione degli spazi sociali contro il sessismo e le discriminazioni, ecologista, anticlericale, municipalista, per favorire un loro sviluppo in senso libertario, federalista ed internazionalista. L'azione diretta, intesa nel suo significato più ampio e dinamico, partecipativo e costruttivo, è sicuramente il metodo d'azione più rispondente alla costruzione di una società senza potere e senza stato. Solo la coerenza tra il mezzo utilizzato ed il fine perseguito è la imprescindibile garanzia di un'azione tesa al conseguimento di una società di libere ed eguali. Ne consegue che la concezione secondo la quale il fine giustifica i mezzi può soltanto riprodurre autoritarismo ed oppressione, perché un'azione ignominiosa, sia pure commessa in nome della libertà, non può che produrre tali risultati.
L'organizzazione della F.A.I.
Solidarietà e muto appoggio sono i cardini del nostro rapporto organizzativo, nel riconoscimento dell'amore e del rispetto dell'individuo come elementi fondamentali per la costruzione della nuova umanità, nell'esercizio della libertà nell'uguaglianza. Basata sugli individui, i gruppi e le federazioni locali, la nostra azione si coordina nei convegni e nei congressi, ove l'auspicato raggiungimento dell'unanimità sugli accordi da prendere rappresenta la massima espressione di libertà collettiva.
Le radici della F.A.I.
Intendiamo proseguire coerentemente il percorso intrapreso da intere generazioni di militanti, donne e uomini che, dai tempi della prima internazionale in poi, si sono battuti per l'affermazione del comunismo anarchico. Avendo ben presente che la mera salvaguardia della tradizione non garantisce di per sé il presente rivoluzionario, ci adoperiamo per rivitalizzare e sviluppare, in rapporto con la realtà odierna, i nostri contenuti programmatici e tattici. Nel fare questo, coerenti con l'anarchismo organizzatore e rivoluzionario, confermiamo una netta distinzione fra noi e concezioni periodicamente emergenti di carattere autoritario e riformista.
Durante la nostra attività ci scontriamo con una serie di teorie e pratiche, nei confronti delle quali esprimiamo valutazioni critiche che confermano la nostra contrapposizione a: - ogni tentativo di trasformazione dell'anarchismo in una sorta di libertarismo generico, riconosciuto e garantito istituzionalmente; ogni ripiegamento dell'azione anarchica in un resistenzialismo senza sbocchi, riaffermando la nostra completa estraneità a politiche di vertice di tipo parlamentare e ad accordi permanenti con raggruppamenti che abbiano comunque rapporti organici con le istituzioni; - ogni tentativo di ridurre le lotte sociali di riappropriazione degli spazi, di autogestione territoriale e sperimentazione sociale all'interno di improbabili e comunque inaccettabili compatibilità di segno neo-socialdemocratico; - ogni tentativo di introdurre nella concezione organizzativa dell'anarchismo, comunista e rivoluzionario, pratiche e contenuti di tipo autoritario e verticistico. Riaffermiamio il valore di una pratica organizzativa basata sulla piena autonomia dei gruppi e dei singoli, in armonia con gli impegni liberamente assunti e con il coordinamento dell'azione comune; - ogni concezione di "organizzazione informale", inevitabilmente autoritaria e verticistica, perchè finisce per delegare i propri passaggi organizzativi ad una elitè dirigente di fatto, che fonda la propria autorità sul carisma autoreferenziale e sulla eliminazione del dissenso interno, in assensa di meccanismi decisionali formalmente definiti; - ogni tentativo di identificazione dell'anarchismo con pratiche di violenza indiscriminata. La società alla quale miriamo è un'organizzazione sociale antiautoritaria, che in quanto tale rifugge la violenza, perché questa è la peggiore forma di coercizione e di manifestazione del potere. Ma poichè operiamo in un sistema ove la violenza dell'oppressione e dello sfruttamento è continua e senza limiti, riteniamo possibile all'occorrenza ricorrere alla violenza rivoluzionaria, mirata e selettiva, come male necessario per costringere le strutture del dominio al rispetto dell'umanità e della libertà. Riconfermiamo che questa concezione non ha nulla a che vedere con quanti fanno della violenza, sia verbale che fisica, e della sua apologia, l'unica forma di espressione, l'unica discriminante su cui misurare il grado di "rivoluzionarietà", spalancando di fatto le porte ad una concezione amoralista dell'anarchismo; -ogni tentativo, intrinsecamente riformista, di ridurre un processo di trasformazione sociale collettiva ad una mera pratica di soddisfacimento di desideri individuali avulsi da una dimensione sociale e solidale.
La F.A.I. ed il movimento.
Non pretendiamo (dimostrandolo nella pratica e scrivendolo a chiare lettere nel nostro patto associativo) ad alcun monopolio dell'anarchismo: a) perchè non esiste un anarchismo assoluto cui fare riferimento e che potrebbe spiegare, non certo giustificare, la presenza di una casta di suoi sacerdoti; b) perchè se anche lo volesse, l'anarchismo odierno contiene in sé, contemporaneamente, tutte le espressioni, anche quelle da noi non condivise, maturate nel corso di quasi due secoli di lotte sociali nelle più diverse situazioni, da non consentire un'operazione di suo omogenea rappresentanza. Siamo parte di quel movimento di donne e uomini coerentemente libertarie, la cui attività si esprime con forme di lotta e di sperimentazione attuate con l'uso congruente di strumenti antiautoritari per l'emancipazione sociale. Ci rapportiamo con questo movimento di persone e di idee in modo fraterno e solidale, poiché siamo consapevoli che la diversità delle esperienze e dei percorsi rappresenta una ricchezza collettiva da valorizzare. I ricorrenti processi di criminalizzazione dell'opposizione sociale vedono il riaffermarsi di una strategia repressiva poliziesca e mediatica nei confronti del movimento anarchico e della FAI in quanto sua specifica componente organizzata nel territorio. La nostra solidarietà umana e sociale va a tutte le vittime del potere. La nostra solidarietà politica, che implica un rapporto di condivisione, è indirizzata a quanti vengono colpiti dalla repressione in virtù delle proprie idee e della propria pratica coerente con i valori dell'anarchismo sociale. Ci impegniamo quindi, oggi come in passato, ad attivare i nostri strumenti di difesa e di controinformazione. Rigettiamo invece ogni pretesa di chi vorrebbe ricondurre la solidarietà fra compagni alla forzata condivisione di pratiche individuali, tramite il meccanismo della complicità. Rifiutiamo altresì ogni tentativo di ridurre la metodologia anarchica ad un mero illegalismo. Chi si illumina di luce riflessa dello stato, sostenendo che le azioni illegali siano di per sé rivoluzionarie, poiché rimane subordinato alle scelte dell'ordinamento giuridico su ciò che è o non è legale, senza porsi il problema del superamento rivoluzionario dell'ordinamento stesso, dicendo di negarlo di fatto lo legittima. Assumiamo come criterio valutativo dell'agire politico e sociale la coerenza con i valori della libertà, dell'uguaglianza, della solidarietà, del rispetto e della valorizzazione delle differenze, contro i formalismi dell'ordinamento giuridico. Non abbiamo e non vogliamo avere nulla a che fare con chi pratica una metodologia politica basata su concezioni autoritarie ed egemoniche che si esprimono nell'attacco sistematico e infamante nei confronti della Federazione e di quel movimento anarchico di cui facciamo parte. Documento approvato all'unanimità dai compagni e dalle compagne della FAI, presenti al convegno nazionale della Federazione svoltosi a Jesi il 24 e 25 ottobre 1998
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