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Da "Umanità Nova" n. 33 del 1/11/98

RSU: limiti e prospettive
Sindacalismo libertario e rappresentanza

Nel numero di UN della passata settimana abbiamo cercato di fornire alcune informazioni sulle modificazioni della situazione sindacale che si sono determinate in seguito all'indizione delle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU) nel pubblico impiego e al fatto che, nella scuola, queste stesse elezioni sono state rimandate.

Vorrei, ora, provare a ragionare sul rapporto con questa vicenda che abbiamo in quanto militanti del sindacalismo alternativo e in quanto militanti libertari. Se faccio questa distinzione non è perché ritenga che vi sia una separatezza radicale fra identità politica e identità sindacale ma per il semplice fatto che la pratica sindacale comporta una valutazione di fattori che non necessariamente riguardano il movimento specifico. Penso, per intendersi, al fatto che il sindacato nel quale ci troviamo a militare può fare, per ragioni di opportunità, delle scelte tattiche e contingenti che non hanno necessariamente un significativo rapporto con le prospettive generali del movimento specifico.

Ritengo sia opportuno porsi una prima domanda di carattere generale e cioè se la partecipazione alle elezioni dei delegati sindacali sia comparabile alla partecipazione alle elezioni politiche.

Per parte mia la risposta è chiara, non si tratta, almeno in linea di principio, di elezioni della stessa natura per i seguenti motivi:


* i delegati sindacali non sono rappresentanti di interessi generali e non hanno, almeno nella nostra prospettiva, la funzione di detentori di un potere politico. Non sono, in altre parole, rappresentanti dei cittadini, a prescindere dall'appartenenza di classe, ma solo di un preciso gruppo sociale, i lavoratori salariati, e rappresentano, appunto, un interesse di parte nei confronti di altri interessi di parte;


* il rapporto fra lavoratori e delegati è diretto, verte su questioni contingenti e precise, non vi è una collocazione sociale diversa fra chi delega e chi è delegato. Se anche è vero che i delegati possono essere integrati nell'apparato dei sindacati di stato o, comunque, svolgere un ruolo di mediazione sociale è anche vero che frequenti assemblee e verifiche e la pressione dal basso dei lavoratori può, non deve, frenare le derive burocratiche;


* in altri termini, i consigli dei delegati, possono essere il luogo di uno scontro politico-sindacale fra opzioni diverse e di una dialettica viva fra lavoratori e delegati. D'altro canto, se si assume l'ipotesi, che vi sia uno spazio per un sindacalismo di segno libertario, risulta poco sostenibile la tesi che non sia scorretto accettare una verifica del consenso che le varie proposte sindacali trovano tra i lavoratori;


* è, d'altro canto, evidente che ogni autonomo movimento di lotta dei salariati mette in discussione le organizzazioni e le rappresentanze già esistenti, anche le migliori e le più radicali, ma ritengo schematico il pensare ad una dialettica semplice e secca fra spontaneità dei lavoratori e organizzazioni esistenti. Nella realtà i lavoratori, quando entrano in movimento, partono, fra l'altro, dalla loro esperienza politica e sindacale che è un elemento importante nel determinare la loro azione. Se assumiamo questa considerazione è evidente che la presenza visibile di strutture sindacali di opposizione è una condizione favorevole per lo sviluppo di movimenti di base a carattere radicale e non un freno come ritengono alcuni compagni.

Quanto sinora ho detto ha un valore generale, le elezioni delle RSU di cui ragioniamo permettono alcune ulteriori valutazioni.

Come si è già detto, si tratta di elezioni strutturate in modo da ridurne fortemente le potenzialità trasformative nei confronti dell'esistente. Il controllo di CGIL-CISL-UIL e, in misura minore, dei sindacati autonomi di analoga natura sull'attività delle RSU viene garantito attraverso una serie di meccanismi ben congegnati, lo spazio per proposte sindacali alternative è fortemente limitato.

Le ragioni che, nonostante tutto ciò, mi inducono a ritenere opportuna la partecipazione dei sindacati alternativi a queste elezioni sono queste:


* una rete di delegati eletti direttamente dai lavoratori è difficilmente controllabile dall'apparato sindacale. Gli stessi delegati dei sindacati ufficiali non saranno tutti dei soldatini di piombo e, a maggior ragione, si spera non lo saranno quelli eletti nelle liste dei sindacati di base. Sarà, di conseguenza, possibile se non facile un coordinamento dei delegati più combattivi e un tentativo per rompere in molte situazioni il controllo della burocrazia dei sindacati di stato. Una rete del genere, in presenza di lotte di una qualche rilevanza, potrebbe dimostrarsi uno strumento prezioso per un sindacalismo non allineato alla politica statale e padronale;


* nel campo stesso del sindacalismo di base, una rete di delegati sui posti di lavoro potrà operare a porre in discussione la politica di parrocchia ed il potere, più virtuale che reale, dei patetici stati maggiori "alternativi" che si sono consolidati negli ultimi anni. La pressione verso l'unità del sindacalismo di base è tanto più forte quanto più si vive lontani dalle stanze dove operano questi stati maggiori e dai ministeri ove celebrano i loro riti paralleli e subalterni rispetto a quelli che caratterizzano CGIL-CISL-UIL. Si tratta, in altri termini, di riprendere il faticoso percorso per l'unità del sindacalismo di base che caratterizza da sempre la nostra azione e di farlo in una condizione probabilmente assai più favorevole che in passato;


* una rete di delegati potrà contribuire a modificare in meglio la stessa composizione e struttura dei sindacati alternativi che troppo spesso sono semplici cloni di organizzazioni di quel che resta della vecchia nuova sinistra e ne hanno ereditato la rissosità, il politicantismo spicciolo, il personalismo, l'astrattezza. Persone che fanno sindacato e non si limitano a parlare di sindacalismo hanno elementi di concreta esperienza del conflitto, di riflessione e di confronto che possono permettere la crescita di una nuova leva di militanti che difficilmente potrà nascere dai dibattiti fumosi tanto cari a troppi militanti prodotti dai precedenti cicli di lotta ed incapaci di porre in discussione posizioni che avevano, se lo avevano, un senso in passato ma che oggi sono assolutamente improduttive, nel migliore dei casi, o autocelebrative, nel peggiore.

Credo che quelle che ho esposte siano ragioni sufficienti a spiegare la decisione di diversi compagni nostri di accettare una scelta di campo non semplice come quella che implica la partecipazione alle elezioni delle RSU anche se non pretendo siano convincenti per tutti i compagni critici verso questa scelta le cui ragioni, in molti casi, conosco e rispetto e, non suoni, paradossale condivido in parte senza fare mie le conclusioni a cui pervengono.

Ritengo, d'altro canto, che le nostre scelte non vadano mai fatte ciecamente e fanaticamente e che avvenga sin troppo spesso che siano prese non perché prive di controindicazioni ma solo perché preferibili ad altre. Questa considerazione vale, almeno secondo me, in maniera particolare nel campo sindacale visto che i luoghi della decisione non sono gruppi di compagni e che i lavoratori ai quali ci riferiamo e, in particolare, gli iscritti ed i militanti dei sindacati alternativi non hanno scelto di stare con noi sulla base dell'accettazione del comunismo libertario come orizzonte nel quale collocare il proprio impegno.

Una pratica sindacale libertaria si colloca, ci piaccia o meno, su di un terreno contraddittorio: se noi rivendichiamo la libertà per i lavoratori di scegliere le piattaforme, le modalità di lotta, l'accettazione degli accordi non possiamo, a meno che queste scelte non siano incompatibili con i nostri convincimenti più profondi e radicati, rifiutare una decisione collettiva perché non pienamente soddisfacente dal nostro punto di vista.

Per essere chiari, se non c'è maggioranza assembleare di lavoratori che mi convincerà ad assumere posizioni razziste o corporative almeno sino a quando resterò un compagno, è un fatto che su di una forma particolare di azione collettiva, sulle rivendicazioni, sulla conduzione della vita sindacale, accetterò normalmente le decisioni scaturite dal confronto con i lavoratori ed i militanti sindacali con i quali conduco la mia azione riservandomi il diritto di difendere le mie particolari posizioni in tutte le sedi ove sia possibile.

Innegabilmente, per restare all'argomento che sto trattando, la stessa opera di preparazione delle liste per le RSU nella scuola, preparazione che è stata vanificata provvisoriamente dal rinvio delle elezioni, ha posto dei problemi non di poco conto quali la tendenza alla concorrenza fra organizzazioni del sindacalismo alternativo. In almeno un paio di province nelle quali la CUB-Scuola è presente da anni e significativamente radicata nella categoria è avvenuto che i Cobas tentassero di mettere in piedi listarelle parallele nonostante l'impegno reciproco a non farci guerriciattole che sarebbero andate solo a favore dei sindacati di stato. Non è stato un comportamento simpatico ed è una conferma del fatto che l'eccessiva frequentazione dei ministeri e delle segreterie dei partiti parlamentari non ha, di norma, un buon effetto sulla qualità politica ed umana dei militanti politici che si vogliono "antagonisti". Queste stupidate non tolgono nulla al fatto che molti militanti dei cobas siano, per quanto ne so, dei bravi compagni e che con loro si debba discutere e lavorare assieme e danno solo una riprova del fatto che contro lo spirito di parrocchia e la miopia politica nemmeno gli dei possono molto.

Sarebbe forse, divertente fare una lista, necessariamente incompleta ma illuminante, dei vizi che allignano nel campo del sindacalismo alternativo ma, facendola, si darebbe troppa importanza a dei problemi che sono pressoché inevitabili.

Più produttivo sarebbe il coordinare lo sforzo dei militanti libertari impegnati in campo sindacale o interessati ad impegnarvisi per dare all'esperienza del sindacalismo di base un contributo più efficace sia sul terreno dell'iniziativa e della lotta che su quello della progettualità e dello sviluppo di uno stile di lavoro adeguato alla prospettiva verso la quale è volta la nostra azione.

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