Da "Umanità Nova" n. 35 del 15/11/98
Rilevavamo, sul numero precedente di UN, come il governo D'Alema-Cossiga-Cossutta si sia presentato come un interlocutore affidabile per il vaticano e per la Confindustria, un interlocutore, se possibile, migliore dello stesso governo Prodi. Può valere la pena di valutare le ragioni o, almeno, alcune delle ragioni di una siffatta buona accoglienza. Il governo, in quanto tale, si basa su di una maggioranza talmente raffazzonata da prestarsi al sarcasmo anche dell'osservatore più benevolo: un'ammucchiata che vede assieme l'ex gladiatore Cossiga, il vetero comunista Cossutta, il moralizzatore Di Pietro e il clientelare Mastella è al di sotto di qualsiasi definizione di decenza. Forse, però, è proprio questa sua caratteristica a renderlo meritevole di simpatia agli occhi dei gruppi di potere reale interessati più alla sostanza delle misure che il governo sta per prendere che alla coerenza della sua base sociale e parlamentare. La questione può essere posta in questi termini: il governo deve cercare di sopravvivere a tutti costi per evitare elezioni che, a breve, sarebbero rovinose e, per realizzare questo obiettivo, deve evitare attriti con qualsiasi soggetto possa mettere effettivamente a repentaglio la sua esistenza. Di conseguenza, la ripresa di "centralità della politica", incarnata dal passaggio delle consegne dal "tecnico" Prodi al "politico" D'Alema e dall'allineamento fra direzione del DS e governo, si configura propriamente come subalternità della politica, intesa come sottosistema autoreferenziale, alle forze sociali di riferimento. Da questo punto di vista, le recenti e simmetriche manifestazioni del PRC e del Polo contro il governo appaiono come ininfluenti. Il rifondato PRC doveva, in realtà, regolare i conti con i cossuttiani, e l'ha fatto, e il Polo doveva fare altrettanto con i cossighiani e c'è riuscito, dal punto di vista simbolico. Ma cossuttiani e cossighiani non misurano la propria forza ed il proprio ruolo sulla capacità di mobilitare la piazza e ciò che interessa loro è l'occupazione di spazi di potere a livello locale e centrale, operazione che sta riuscendo perfettamente e che determina, in una serie di enti locali, ribaltini di varia natura con la conseguenza espulsione del Polo da diverse amministrazioni. Che, come ci ricorda il buon Di Pietro, attirandosi gli applausi delle destre, si tratti di operazioni indecorose è tanto vero quanto, come si è già detto, irrilevante. Al PRC resta la possibilità di cercare di mettere in movimento settori della working class ed al Polo quella di cavalcare lo scontento della piccola borghesia tradizionale di fronte alla politica di razionalizzazione capitalistica che caratterizza la politica del governo. Entrambe queste forze stanno tentando questa strada con quali risultati non è dato prevedere. Il governo, nel frattempo, ha aperto il confronto con le parti sociali ed ha ricevuto diverse aperture di credito. Ci limiteremo a ricordare le principali e a cercare di comprenderne le ragioni. Sul versante padronale, il terribile Fossa, lo schiaffeggia sinistre, sembra diventato decisamente dolce. La prima ragione di questo cambiamento di atteggiamento è persino banale: una crisi di governo e le conseguenti elezioni non erano desiderabili per la Confindustria che riconosce nei DS degli interlocutori affidabili. Vi è, però, a mio parere una ragione più significativa di interesse di parte padronale per una buona riuscita del governo, come è noto negli ultimi anni il padronato ha ottenuto concessioni consistenti per quel che riguarda la flessibilità del mercato del lavoro ed i finanziamenti alle iniziative volte a "combattere la disoccupazione", d'altro canto vi sono difficoltà serie a far funzionare a pieno regime alcuni istituti come i contratti d'area al sud, le agenzie del lavoro interinale ecc.. L'inserimento al governo del sindaco di Napoli Bassolino, che alcuni ricordano come ingraiano d'assalto a fautore della riduzione d'orario a 30 ore (altro che Bertinotti, verrebbe da dire) sembra preparare una ripresa ed un rilancio di queste politiche. Una grande "offensiva contro la disoccupazione" a base di finanziamenti alle imprese e tagli del costo del lavoro sembra attenderci. L'emarginazione di Prodi, inoltre, sembra configurare un ridimensionamento del peso nella maggioranza della borghesia di stato democristiana a favore di un rapporto più intenso con la Confindustria. Sul versante, apparentemente, opposto il nuovo governo, liberatosi della pressione del PRC, può riaprire senza difficoltà la politica della concertazione con CGIL-CISL-UIL, garantendo alla burocrazia sindacale una centralità di immagine, oltre che di sostanza, che era stata appannata dalla dialettica PRC-Ulivo nella fase prescissione. La CGIL era già amichevole verso il governo e non c'è, di conseguenza, alcuna novità significativa per quel che la riguarda. Cambia, invece, l'attitudine della CISL che vede trionfare la propria ipotesi sindacale e allargarsi lo spazio per la costruzione del nuovo soggetto politico di centro che, faticosamente, viene perseguita dai vertici della CISL stessa da anni e che può, non deve, nascere solo se avrà il tempo che la tenuta del governo garantisce. Un altro settore della "società civile" che ha un'attitudine aperta verso il governo è quello della piccola imprenditoria le cui associazioni sono state ricevute con grande rilievo dal governo. Non si deve dimenticare che, fra queste associazioni, ha un peso non irrilevante, soprattutto nelle regioni "rosse" la CNA legata storicamente al PCI ed, ora, ai DS e che le aree postdemocristiane non sono irrilevanti in quest'area soprattutto per quel che riguarda il commercio e l'agricoltura. Può valere la penna di ricordare che la Confindustria, a questo proposito, ha ricordato che gran parte dei suoi associati è costituita da piccoli imprenditori e che non è affatto disposta a rinunciare alla loro "tutela". A questo punto, sarà necessario valutare cosa il governo sarà in grado di concedere a partire dalle modificazioni che si stanno facendo per quel che riguarda la legge finanziaria per il 1999. La lettura della stampa padronale non è, da questo punto di vista, priva di interesse. È, già, fra l'altro, cominciata la campagna contro le pensioni di diversi settori di lavoratori e altre campagne contro i "privilegi" dei lavoratori salariati sono da attendersi. Le contraddizioni che si stanno sviluppando si giocano, dunque, su tre piani: - quelle interne al ceto politico (che sembrano, dopo la crisi del PRC, le meno rilevanti); - quelle fra i vari settori della "società civile" borghese ognuno dei quali ha interessi particolari da difendere, interessi non sempre coerenti fra di loro; - quelle che si sviluppano a partire dalla domanda di reddito, diritti, condizioni di lavoro decenti nel rapporto fra le classi. Si tratta di tenere d'occhio le prime due contraddizioni e, soprattutto, di lavorare, come al solito, perché cresca la radicalità e l'incisività della terza. CMS
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