![]() Da "Umanità Nova" n. 36 del 22/11/98 Cofferati contro il diritto di scioperoNell'articolo "Cittadini con le spalle al muro" di Paolo Passarini su "La Stampa" di mercoledì 11 novembre spicca la frase: "Cofferati è il segretario generale della CGIL, non il generale Pinochet e neppure Bava Beccaris". Visto che effettivamente Sergio Cofferati è il segretario generale della CGIL e non altri e che nessuno ha messo in dubbio questo fatto evidente viene naturale domandarsi la ragione che spinge il giornale della Fiat a ricordarlo in forma tanto suggestiva ai suoi lettori. Riportiamo da "Il Sole-24 ore" dello stesso giorno alcuni estratti dalle dichiarazioni di Cofferati che tanto interesse hanno suscitato. Il nostro eroe, a proposito delle agitazioni dei lavoratori dei trasporti, ha dichiarato: "Il limite dell'attuale legge che regola il diritto di sciopero è che non prevede sanzioni necessarie per garantire il rispetto della legge... senza un meccanismo di misurazione della rappresentatività sindacale chiunque può decidere iniziative di lotta e può violare la legge senza che accada nulla...". L'occasione specifica che ha spinto Cofferati a deliziare in questa maniera la stampa padronale è la serie di scioperi che si va sviluppando nel settore dei trasporti e l'intreccio fra le agitazioni dei lavoratori salariati delle ferrovie e del trasporto urbano e quelle dei lavoratori autonomi come i tassisti romani e veneziani. Le questioni poste sono di due tipi che anche se strettamente connesse vanno valutate separatamente per averne una comprensione non superficiale: il peso del conflitto sociale nei settori logistici (trasporti, comunicazione ecc.) e la definizione della rappresentanza sindacale. In primo luogo, è oggi evidente che, a fronte del decentramento produttivo, della flessibilizzazione degli orari di lavoro, della stretta integrazione fra segmenti dell'azienda rete e della stessa struttura delle relazioni sociali, i trasporti, la comunicazione ecc. assumono un peso strategico crescente. Bloccare il trasporto significa bloccare la produzione, intasare i magazzini, mettere in crisi l'ordinato funzionamento dell'economia. Questo semplice dato fornisce ai lavoratori del settore un potere contrattuale importante che essi tendono ad utilizzare quando ne hanno occasione. Lo sciopero dell'UPS (la più importante agenzia postale privata nel mondo) dell'anno passato negli USA è stato, da questo punto di vista, esemplare. Nel caso italiano, gli undici scioperi di quest'anno all'ATM di Torino, il recente sciopero all'ATM di Milano e una serie di agitazioni analoghe (trasporti intercomunali in Toscana ecc.) dimostrano che il settore vive una situazione di forte tensione. In secondo luogo, il settore dei trasporti, per quel che riguarda il personale, è sottoposto, come altri al taglio degli organici, all'aumento dei carichi di lavoro, alla precarizzazione, alle privatizzazioni. In questa situazione la tendenza al conflitto cresce e assistiamo alla classica accoppiata fra liberalizzazione economica e autoritarismo politico sindacale: più i servizi pubblici sono "liberalizzati" più cresce la pressione per regolare dall'alto il conflitto. Naturalmente coloro che propongono regole più severe per quel che riguarda il diritto di sciopero pretendono di farlo in nome degli interessi dei cittadini ed al fine di bloccare l'attitudine egoista, corporativa, irresponsabile dei lavoratori. Si tratta di una vecchia canzone che, in una situazione di debolezza del movimento di classe e di piena ed aperta integrazione del sindacato istituzionale, ha qualche possibilità di trovare estimatori. La sinistra di governo può utilizzare, in questo frangente, l'ostilità dei cittadini o, almeno, di molti cittadini nei confronti sia dei tassisti che dei lavoratori salariati dei trasporti presentati come privilegiati. Può essere interessante notare che settori della destra e, in particolare Alleanza Nazionale, si sono precipitati a cavalcare la rivolta dei tassisti contro la liberalizzazione delle licenze, delle tariffe e degli orari e, abbandonando le parole d'ordine liberiste, peraltro agitate solo a fini elettorali nell'ambito della rivolta antifiscale, si sono trovati, sempre a fini elettorali, a difendere la tradizione "corporativa" che regola queste materie mentre la sinistra liberale si lancia in lodi sperticate del libero mercato. Non siamo, comunque, di fronte ad una novità straordinaria. Nella campagna contro gli scioperi nei trasporti Cofferati, come abbiamo visto, ha sollevato la questione della rappresentatività dei soggetti sindacali che indicono le agitazioni. Su questo terreno la Confindustria lo ha immediatamente seguito e Fossa, mitico esponente duro del blocco padronale, ha rincarato la dose proponendo di regolare con più rigore il ruolo delle RSU e delle strutture sindacali locali degli stessi sindacati istituzionali al fine di impedire che si pongano "fuori linea" rispetto alla concertazione. Visto che c'erano diversi esponenti governativi e padronali hanno proposto, oltre che di indurire le misure contro gli scioperi nei settori già sottoposti alla normativa sui servizi pubblici essenziali, di allargare l'area dei servizi sottoposti alla normativa antisciopero. Schematizzando: - la presa di posizione di Cofferati (che ha, fra l'altro, proposto lo sciopero virtuale consistente nel dichiararsi in sciopero, di lavorare, di farsi fare una trattenuta sullo stipendio per la serie "facciamoci del male") può essere spiegata con la subalternità al governo ma si colloca nell'ambito di una campagna di lungo periodo per ridurre ulteriormente le libertà sindacali; - l'interesse del padronato e del governo per rafforzare le misure contro gli scioperi illegali va nella stessa direzione e risponde alle esigenze che abbiamo, schematicamente, ricordato; - è evidente che la politica della concertazione si trova e si troverà di fronte a contraddizioni sempre maggiori e che, per realizzarla, è necessario ridurre la libertà di azione e associazione sindacale: - la polemica contro l'eccesso di sigle sindacali nel pubblico impiego e nei trasporti se può avere, in apparenza, qualche buon argomento, è evidentemente strumentale se si considera il fatto che diversi scioperi indetti dai sindacati alternativi hanno avuto un consenso notevole fra i lavoratori e che non è serio affermare di credere che la proclamazione di uno sciopero può incidere se i lavoratori poi non scioperano; - d'altro canto, la pressione del padronato e dello stato nella direzione su accennata è forte e, visto il quadro politico, ha discrete possibilità di portare a dei risultati; - di conseguenza, la battaglia per la libertà sindacale e per l'unità fra i lavoratori assume oggi, ancor più che in passato, un rilievo assolutamente straordinario. 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