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Da "Umanità Nova" n. 38 del 6/12/98

Letture

Massimiliano Giorgi
Alberto Meschi e la Camera del Lavoro di Carrara (1911-1915)
Edizioni La Cooperativa Tipolitografica Editrice, Carrara 1998
Lire 40.000

Alberto Meschi è, per i compagni nostri impegnati in campo sindacale o comunque interessati al sindacalismo libertario, una figura mitica e, nello stesso tempo, conosciuta spesso in modo superficiale, come spesso capita dei miti.

Su di lui è circolato sinora soprattutto il libro di Hugo Rolland "Il sindacalismo anarchico di Alberto Meschi", recentemente rieditato, testo scritto da un amico e discepolo, ricco di informazioni sparse ma frammentario e, sovente, agiografico nei confronti del Meschi stesso e legato a polemiche datate e di scarso interesse storico. Vi sono altri lavori sulle vicende del movimento operaio carrarino nei primi decenni del secolo ma non sufficienti per una conoscenza approfondita delle vicende che ne caratterizzarono lo sviluppo e che, comunque, hanno una circolazione limitata.

Il libro di Massimiliano Giorgi viene dunque a colmare una lacuna ed a fornire una ricostruzione dettagliata non solo e non tanto della figura del Meschi quanto della sua attività come organizzatore sindacale e militante anarchico e, dunque, della vita e delle lotte condotte dalla Camera del Lavoro di Carrara in quegli anni caratterizzati da conflitti sociali aspri e radicali.

Il primo pregio del volume consiste nel fornire un buon quadro della struttura produttiva della zona interessata dall'intervento della Camera del Lavoro di Carrara, della consistenza e della composizione dei lavoratori, delle loro condizioni di vita, delle caratteristiche del padronato locale e dell'azione delle diverse forze politiche che avevano una significativa presenza fra i lavoratori (anarchici, socialisti e repubblicani).

Il sindacato, sulla base di questo impianto analitico, viene presentato nella sua concreta attività e gli stessi orientamento ideali dei militanti che ne avevano la direzione vengono posti in relazione con l'azione quotidiana del sindacato stesso. Vengono, di conseguenza, ricostruite le dinamiche degli scioperi che coinvolgevano l'assieme dei lavoratori come quello per le pensioni operaie e quello per le otto ore (entrambi, nel complesso) vittoriosi e di quelli che riguardavano particolari gruppi di lavoratori.

Sembra evidente che lo stesso tema, delicatissimo, della pratica dell'unità operaia nell'organizzazione sindacale sia comprensibile a partire dalla capacità della Camera del Lavoro di condurre lotte di massa vincenti e tali da rendere patrimonio di massa la rivendicazione dell'autonomia di classe dell'azione diretta. Nella struttura sindacale lavoratori di diverso orientamento politico potevano trovare una casa comune che ne valorizzava i caratteri di soggetto sociale con propri interessi, identità, cultura, modalità di azione.

I tentativi dei due partiti parlamentari (socialisti e repubblicani) che concorrevano per la conquista del voto operaio di egemonizzare l'organizzazione sindacale vengono, sino a quando i socialisti (non tutti per la verità) danno vita ad una scissione, contenuti e neutralizzati proprio a partire dal comune sentire il sindacato come un patrimonio prezioso.

Il fatto che la Camera del Lavoro di Carrara aderisse all'USI, che si impegnasse con forza nella settimana rossa, che avesse posizioni apertamente sovversive, che uscisse sostanzialmente indenne da provocazioni padronali e poliziesche decisamente gravi e che le sue scelte fossero condivise dalla grande maggioranza della classe operaia ci da l'idea del livello di radicalità e di maturità di questa stessa working class.

Alcuni elementi possono aiutarci a comprendere una dinamica del genere: la presenza di una forte componente libertaria fra i lavoratori del marmo, l'esistenza di una comunità operaia con caratteri specifici, il porsi del sindacalismo d'azione diretta come proposta forte a fronte di quello riformista e subalterno a logiche di compromesso, le indubbie capacità di organizzatori sindacali come lo stesso Meschi.

D'altro canto, il testo non nasconde le difficoltà che pure non mancarono, anche prima della scissione del 1914 che vide la nascita a Massa di una Camera del Lavoro a egemonia socialista, nel rapporto fra Camera del Lavoro e partiti politici.

Si tratta, come è evidente di un tema, come dire?, di attualità. Anche in una situazione decisamente diversa, come è l'attuale, non è facile tenere assieme la rivendicazione dell'autonomia delle organizzazioni dei lavoratori da tutti i partiti (compresi, inevitabilmente, gli anarchici) e la critica del parlamentarismo che, se non è necessariamente posizione anarchica, non è certo patrimonio condiviso dalla maggioranza dei lavoratori.

Lo stesso ruolo di Meschi è problematico da un punto di vista libertario, un leader sindacale, qualsiasi leader sindacale. ha un indubbio potere rispetto ai lavoratori e le sue buone intenzioni nulla garantiscono nel merito della condivisibilità delle sue scelte e, soprattutto, del rapporto sociale che si crea fra organizzazione, sia pure di classe, e lavoratori.

Il testo di cui trattiamo non offre risposte a domande del genere ma fornisce un ricco materiale vivo che può aiutarci a ragionarne fuori da facili schemi e non è poco.

C'è da sperare che questo lavoro di scavo prosegua soprattutto per quel che riguarda le vicende carrarine del periodo seguente: la guerra, il biennio rosso, il fascismo e che sia di sprone per ricerche analoghe su altre esperienze altrettanto importanti e ricche di insegnamenti e di stimoli per una riflessione critica sul sindacalismo. Credo, infine, che testi come questo meritino uno sforzo serio di diffusione, discussione, valorizzazione soprattutto fra i lavoratori impegnati con noi nell'esperienza sindacale e non a conoscenza del patrimonio di lotte e di esperienze che caratterizzano il sindacalismo libertario.

Cosimo Scarinzi



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