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Da "Umanità Nova" n. 39 del 13/12/98

Scioperi alla Fiat

Da qualche settimana, gli operai della Fiat Auto hanno ripreso a scioperare. Fermano le linee a Mirafiori e a Rivalta, all'Iveco e in altri stabilimenti, contro il concentrato micidiale e contemporaneo di cassa integrazione, aumento degli straordinari e dei carichi di lavoro. Laddove sono presenti gruppi più visibili di sindacalismo autorganizzato e di base, poi, come a Rivalta, la chiamata alla lotta si radicalizza: per l'8 dicembre, ad esempio, è stato indetto uno sciopero di otto ore contro lo scippo della giornata della cosiddetta Immacolata, che azienda e sindacati confederali hanno ritenuto bene di dichiarare lavorativa e non più festiva (quando sul calendario, notoriamente, è ancora considerata festiva).

La ripresa delle lotte alla Fiat, che secondo gli stessi sindacati ufficiali coinvolge persino gli operai neo-assunti e quelli della linea del nuovo modello della Multipla, è certamente da mettersi in relazione, per un verso, con le vicende del contratto. Ovvero allo scoglio contro il quale si è per ora infranta la trattativa per il rinnovo del contratto metalmeccanici. A caratterizzare gli scioperi alla Fiat, tuttavia, c'è anche e soprattutto il peggioramento delle condizioni dei lavoratori. La miscela di flessibilità selvaggia che l'azienda (non solo la Fiat, certo: basti pensare alla Pininfarina, dove peraltro gli operai, a loro volta, hanno recentemente scioperato) usa quotidianamente, del resto, oltre a connotare l'attuale linea degli industriali, denuncia anche l'incapacità dei vertici del Lingotto di affrontare le sfide del mercato mondiale con un minimo di programma a medio termine. L'aver scoperto, per dirne una, che il modello Panda stava "tirando" sul mercato, ha indotto Fiat, pochi giorni fa, a far rientrare dalla cassa integrazione 15 mila lavoratori e a recuperare una produzione di 11 mila vetture.

Niente di nuovo, ovviamente. Da tempo si sa che la "globalizzazione" in stile Fiat è proprio quel cocktail alla Molotov che compensa le oscillazioni e le cadute dei mercati, a cominciare da quelli sudamericani e asiatici, e la fine dei benefici statali della rottamazione, con una politica di violenta riduzione dei costi, in primo luogo quelli del lavoro. La flessibilità selvaggia e unilaterale è proprio questa: si fa la cassa integrazione ma intanto si intensificano gli straordinari, per non assumere, e crescono quindi i carichi di lavoro. In attesa dunque di schiarirsi le idee sul "che fare" nei prossimi anni (un accordo con un partner europeo? nuove rottamazioni?), in deficit di capacità industriali di prodotto per competere con giapponesi, tedeschi e altri colossi dell'auto, la Fiat governa il vivere alla giornata nel modo che si è detto, cioè riducendo i costi il più possibile.

Su questo terreno della flessibilità selvaggia, però, Agnelli & c. sembrano avere trovato un prezioso alleato: il sindacato. O meglio: quella parte di Cgil, rappresentata dal segretario piemontese Pietro Marcenaro, allievo di Vittorio Foa (un "grande vecchio" del socialismo italiano che, invecchiando, a differenza dei vini, peggiora). Marcenaro, infatti, ha lanciato la proposta di un patto con la Fiat per la creazione di un distretto industriale superspecializzato dell'auto. Cose vecchie, si dirà, e magari destinate a naufragare subito. Nessuno si ricorda più il fallimento della Tecnocity piemontese, centrata allora sul polo informatico dell'Olivetti, che avrebbe dovuto trasformare Torino e dintorni in una sorta di Silicon Valley? Detto questo, la proposta di Marcenaro, che finora pare non avere incontrato molto successo tra amici e sodali, è qui da prendere in esame per un'altra ragione. È il tentativo di provare sul campo, per così dire, il nuovo modello di sindacato neo-corporativo cui molti aspirano. Un sindacato, in sostanza, che si fa istituzione (dello Stato e del potere economico e industriale), mirando a ritagliarsi un ruolo garantito di mediatore ufficiale; mediatore non solo tra le parti sociali, ma financo con il tessuto industriale piccolo e medio, visto che Marcenaro suggerisce alla Fiat, insieme al progetto di "rottamazione" più o meno morbida dei lavoratori cinquantenni, un'alleanza anche azionaria con le imprese dell'indotto dell'auto.

Quanto sia praticabile l'esperimento Marcenaro, è presto detto. Gli operai della Fiat hanno ripreso a scioperare e settori della stessa Cgil e della Fiom si sono affrettati a prendere le distanze. Sempre più insistentemente, insomma, si risentono pronunciare parole (anche da parte di alcuni dirigenti Fiom) come "conflitto sociale" e "inverno caldo". Sta al sindacalismo di base, agli autorganizzati, far sì che il "conflitto sociale" non si esaurisca appena a Roma si riprenderà a trattare sul contratto dei metalmeccanici. Qualche premessa interessante, in quella direzione, questa volta sembra davvero esserci

Enne



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