Da "Umanità Nova" n. 39 del 13/12/98
Lo si sapeva da tempo ma ora è ufficiale: con un laconico comunicato diramato il 5 dicembre, l'OCSE, l'organizzazione dei 29 paesi più ricchi del mondo, ha informato che "i negoziati del MAI non avranno più luogo". Da un punto di vista istituzionale il colpo mortale al MAI l'aveva dato il governo francese che il 10 ottobre aveva annunciato il ritiro della propria delegazione. Come è noto questo accordo doveva servire a fornire ampie garanzie agli investitori, garanzie che arrivavano fino a pesantissime sanzioni contro gli stati non in grado di rispettare le clausole dell'accordo. Eventuali arbitraggi sarebbero stati affidati alla Camera di Commercio internazionale. In pratica ogni gruppo multinazionale doveva avere la garanzia di poter "investire dove vuole, nel momento che ritiene più opportuno, per produrre ciò che vuole, rifornendosi e vendendo ciò che vuole, sopportando il minimo di restrizioni possibili, sociali, fiscali o ecologiche" come aveva dichiarato il presidente della multinazionale svedese ABB. I negoziati erano cominciati nel più assoluto segreto nel 1995 e avevano sede nel castello parigino di La Muette. Solo nel 1997 l'opinione pubblica internazionale era stata informata di questo tavolo negoziale. La "luce del sole" gli era stata fatale: come una specie di Dracula questo progetto non ha sopportato di uscire dalle tenebre dei salotti politico - finanziari. Un vasto movimento di opposizione si è venuto a formare specie in Francia, in Spagna, negli Stati Uniti e in Canada. Non in Italia, dove del MAI si è sempre parlato poco. È evidente che l'attivismo di questo movimento di lotta deve aver pesato sulla decisione del governo Jospin di ritirarsi dal negoziato come, indirettamente, ha sottolineato una dichiarazione sottoscritta lo scorso settembre da 450 dirigenti di multinazionali riuniti a Ginevra: "L'emergenza di gruppi di attivisti rischia di indebolire l'ordine pubblico, le istituzioni e il processo democratico (...) Bisognerà stabilire delle regole per chiarire la legittimità di queste organizzazioni non governative che si proclamano rappresentanti di larghi settori della società civile".Da che pulpito viene la predica! Bisogna dire, infatti, che la riunione era stata indetta dalla Camera di Commercio internazionale, lobby mondiale delle multinazionali e vera e propria oganizzazione "militante" del grande mondo degli affari, presieduta da uno dei più energicitra questi affaristi: Helmut Maucher, presidente della famigerata "Nestlé". Questo individuo è anche presidente della tavola rotonda europea degli industriali (nota come ERT) così come del forum economico mondiale di Davos (Svizzera). È ridicolo che questo pugno di sanguisughe dell'umanità si possa permettere di dare lezioni di democrazia! Rimane il fatto che il granello di sabbia ha messo fuori uso un ingranaggio enorme che però a questo punto erano in molti, anche nell'ambiente finanziario, a non voler far funzionare. È significativo che neppure il "Financial Times", organo degli ambienti finanziari, abbia mostrato particolare dispiacere per la morte del MAI. Il motivo è semplice: le multinazionali e i teorici neoliberali possono cianciare quanto vogliono sulla "libertà dei mercati" e sul "non intervento dello stato", ma quando i mercati navigano in pessime acque, quando il contagio della crisi rischia di propagarsi dalle piazze del sud-est asiatico alle roccaforti americane ed europee, quando i santoni dell'economia mondiale confessano di non "capirci niente", ebbene per gli investitori non rimane che rivolgersi, come hanno sempre fatto, allo stato, cioè a chi manovra i soldi dei contribuenti e ha il monopolio dell'ordine pubblico (cioè della violenza istituzionalizzata). Di fronte alla crisi finanziaria che rischia di mettere in ginocchio gli speculatori di tutto il mondo, un accordo come il MAI pare francamente fuori luogo. Oggi come ieri, è lo stato che garantisce il capitale. In Giappone è stato lo stato a salvare le banche dal fallimento, come è stato lo stato americano a impedire il fallimento del fondo speculativo LTCM, come è stato lo stato italiano a salvare qualche anno fa alcune banche sull'orlo della bancarotta. Altro che neoliberismo! Un motivo, tutt'altro che secondario, per cominciare a pensare ad una forma di società che sappia fare a meno di questo arnese, assolutamente inutile alla lotta per costruire un mondo migliore. A. Q.
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