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Da "Umanità Nova" n. 39 del 13/12/98
Mitch ha provocato la catastrofe naturale più imponente di questo secolo
in Centroamerica. Alla naturalità dell'evento, occorre tuttavia
premettere che i disastri naturali hanno un impatto che non è
indipendente dalla mano dell'uomo; le costruzioni e le infrastrutture, che
maggiormente subiscono i danni, sono artefatti; di fronte alla furia devastante
di un tifone, una casa in muratura resiste meglio di una catapecchia in eternit
e fango, così come sistemi di contenimento delle acque sono meno
sconvolti se i fiumi scorrono su alvei propri e non cementificati.
Quest'ultimo non è il caso dell'Honduras e del Nicaragua , maggiormente
colpiti da Mitch, ma è evidente che le condizioni sociali e materiali
hanno una ragione nell'ampiezza delle devastazioni. La capitale dell'Honduras,
Tegucigalpa, è sconvolta nella sua struttura urbana, quindi figuriamoci
le aree contadine dove i fiumi sono straripati divorando terreni e abitazioni:
in totale si stimano esserci stati oltre 7mila morti, 11mila feriti, 12mila
scomparsi, e quasi 2 milioni di persone costrette ad evacuare dalle loro zone
di residenza. Ma i danni non sono solo umani; 30mila famiglie senza casa
significano 150-200mila persone da dover sistemare; 84ponti distrutti, 75
danneggiati, 50 arterie principali sommerse, danno una prima idea delle
difficoltà di raggiungere le aree sconvolte, e non è un caso che
una delle prime richieste per l'emergenza sia stata quella di reperire
elicotteri e battelli.
Honduras è il quarto dei paesi più poveri del mondo, con un Pil
pro capite di 589 dollari annui (ossia, meno di un milione di lire); più
o meno allo stesso livello del Nicaragua, che subito perdite per 4mila vite
umane mentre i senza tetto sono circa 800mila. In una situazione tipicamente da
subsviluppo e da un'economia monodipendente, ciò che aggrava la
questione emergenziale sono: acqua potabile, salute, ricostruzione (case e
infrastrutture), prodotti di base (sono stati sommersi l'80% della produzione
agricola e il 40% del caffè, principale bene del paese, la cui
devastazione si ripercuote per almeno i prossimi cinque anni prima che la terra
ritorni ad essere produttiva). Ciò significa che, oltre ai danni, esiste
un serio problema di autosostentamento; per i prossimi anni le economie saranno
necessariamente assistite, il che affosserà ulteriormente i livelli di
vita economica e materiale delle popolazioni, che non sapranno di cosa
vivere.
Se la prima fase dell'emergenza è stata quella dei soccorsi alle
popolazioni isolate e senza niente, prima che riparta la ricostruzione, per cui
occorreranno migliaia di miliardi di dollari (una stima iniziale per un piano
abitativo emergenziale è di circa 618 milioni di dollari), nonché
la cancellazione o la moratoria del debito estero di quei paesi, è
necessario garantire la sopravvivenza della popolazione. Le acque non potabili
portano epidemie di colera e dissenteria, che in una popolazione stremata
provocano ulteriori lutti, specie tra i bambini e gli anziani. Mitch ha
devastato i presidi sanitari per cui sono necessari medicinali (anche il
Nicaragua ha accettato medicinali da Cuba, suo "nemico" storico, pur rifiutando
l'invio di medici e personale specializzato per non "riconoscere
legittimità" a Fidel Castro mentre si sostengono i suoi avversari
politici esuli).
Un grosso problema è costituito dalle tecniche di deflusso delle acque,
per cui si sono attivati i cooperanti internazionali esperti nel trattamento
delle acque, per cui si sono attivati i cooperanti internazionali esperti nel
trattamento delle acque. Insieme a gruppi organizzati localmente, i primi aiuti
sono serviti ad acquistare beni di prima necessità per quanto riguarda
l'alimentazione e l'igiene nonché la fornitura di acqua potabile e di
medicinali. L'attivazione dei sistemi emergenziali delle Nazioni Unite, i doni
degli USA (70 milioni di dollari per l'intera area, suddivisi tra alimenti per
20 milioni di $, altrettanti per acqua, medicine e primi alloggi, 30 milioni di
$ per sostegno logistico, elicotteri e battelli inclusi) e degli altri paesi
disponibili, non solo latinoamericani ma anche europei, tra cui l'Italia, sono
tuttora caratterizzati da una fase di confusione logistico - organizzativa che
danno il segno della farraginosità delle grandi strutture burocratiche
quando pretendono di intervenire a distanza.
Ciò fa comprendere come non sempre i fondi di solidarietà gestiti
da organismi governativi o sovranazionali riescono a produrre effetti benefici
per le popolazioni coinvolte, in quanto finiscono col finanziare ... la
macchina degli aiuti, più che gli aiuti stessi. D'altro canto, le reti
di solidarietà orizzontali attivate dalla cooperazione non governativa
scontano l'ineludibile limite per cui gli aiuti prestati materialmente o
finanziariamente danno garanzie dal punto di vista della immediatezza e della
trasparenza mentre concernono solo una piccola fetta di bisognosi (ho sottomano
alcuni progetti concreti, gestiti da partner locali, i cui beneficiari, tanto
per darne un esempio, ammontano a 382 famiglie per un complesso di 2674
individui: almeno su questi siamo sicuri che i fondi di solidarietà li
raggiungeranno secondo le linee progettuali date, anche in virtù di un
rapporto di reciprocità sovente pregresso). Comunque, sul piano della
pura solidarietà, è ovvio che qualunque aiuto è
limitativo; qui entrano in gioco problemi di giustizia sociale a livello
internazionale, che comporterebbero una radicale messa sotto accusa dei
processi di accumulazione della ricchezza e di redistribuzione equa del
rapporto tra sfruttamento delle risorse primarie e plusvalore sottratto ai
paesi produttori. Ma qui siamo oltre l'emergenza, sul piano di una critica
della politica dei governi e degli assetti diseguali della globalizzazione,
contro cui occorre costruire processi di liberazione tramite i quali anche la
solidarietà in casi di emergenza dia il senso di una giustizia equa e
non di una assistenza pietosa.
Salvo Vaccaro
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