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Da "Umanità Nova" n. 39 del 13/12/98

Brasile. Il movimento dei Senza Casa

Il Brasile non è solo la patria di Pelè o di Ronaldo: Da una ventina d'anni, la questione della riforma dei latifondi è all'ordine del giorno; da quando la dittatura dei militari saliti al potere nel 1964, è cessata nel 1979, l'ottavo paese del mondo vive una situazione paradossale: su 160 milioni di abitanti, circa un quarto vive con l'equivalente di 50mila lire al mese.

Una dinamica di forte urbanizzazione ha caratterizzato gli ultimi anni mentre i latifondi agricoli occupano estensioni sempre più grandi con una manodopera ridotta per via dell'industrializzazione della produzione. Il movimento dei Sem Terra rivendica una giustizia sociale che si traduce in una istanza di redistribuzione delle terre mediante occupazioni. Ma qui intendo parlare di un'altra esperienza di azione diretta, meno nota: quella del movimento dei Sem Teto (ossia, dei senza casa).

La crescita smisurata delle favelas negli anni Ottanta è il brodo di coltura per un processo di autocostruzione di cui un esempio è quanto accaduto dal 1991 in avanti a Florianopolis, la capitale dello stato di Santa Caterina Parliamo di occupazioni di terre demaniali, scrupolosamente preparate con il coinvolgimento di famiglie e quartieri con le quali attuare di fatto quella politica abitativa di riforma urbana sempre promessa ma mai attuata da qualunque governo sotto qualunque bandiera partitica. Occupare, resistere, costruire sono le fasi metodologiche dell'azione diretta, che vede la partecipazione di famiglie di muratori di pedagoghi ed architetti di operatori sociali e militanti politici. Dalle prime quattro occupazioni del 1991 ormai siamo a circa 90 aree in cui il conflitto sociale attraverso occupazioni non legalizzate ma esistenti di fatto. E non si tratta di catapecchie pronte alla distruzione: dalle foto che ci ha fatto vedere un operatore del Cedep (organismo di sostegno alle occupazioni che si interessa di pedagogia freiriana e di autoformazione dei partecipanti al movimento) si tratta di vaste aree ricolme di casette in muratura dotate, nelle misura del possibile, di infrastrutture (acqua, luce, gas).

L'autocostruzione è una affermazione di dignità per tanti individui il cui status di cittadinanza è meramente formale: per loro, la vera cittadinanza si traduce in lavoro, casa e trasporti collettivi, vale a dire diritti pubblici che consentono a ciascuno di sentirsi parte fattiva di una comunità da cui ciascuno dipende in un intreccio di istanze e risoluzioni di bisogni che, nel farsi, produce senso collettivo, comunità cioè.

Il movimento dei Sem Teto cerca di negoziare con le autorità locali il riconoscimento de jure di quanto conquistato de facto, e pertanto punta sui tempi lunghi di un processo sociale di emancipazione che non si arresta di fronte alle manovre speculative, né ai tatticismi politici ed elettorali, ma mira a formare una coscienza in sé delle giovani generazioni. Sottrarre i meninos de rua al fatale destino dell'incultura, dello sbando gangheristico e dallo sfibramento da droghe (crack, colla e simili) è un obbiettivo di una qualità della vita che il movimento persegue grazie all'apporto di tanti operatori che si occupano dell'autoriflessione interna al movimento, della promozione di strutture di sostegno (come le cooperative alimentari di produzione e di consumo) e di tutto ciò che attiene alla e-ducazione dei ragazzi (e-ducere = trarre fuori qualcosa che si possiede internamente, secondo la pedagogia popolare di Paulo Freire).

Infine, nel processo di autocostruzione, maturano pratiche solidali e di creatività popolare che non si fermano all'obbiettivo ma fanno compiere un salto di qualità alla coscienza politica dei partecipanti al movimento nella sua globalità.

Salvo Vaccaro



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