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Da "Umanità Nova" n. 40 del 20/12/98
"Chiapas è la rappresentazione del mondo perché è il luogo
dove si trova praticamente tutto ciò che è negativo nel
comportamento umano, come il razzismo, la crudeltà, l'indifferenza, il disprezzo per la minoranza".
José Saramago
Città del Messico. Mentre la ribellione indigena sta per compiere
cinque anni (1 gennaio 1999), tutto indica che, oggi come oggi, nessuna delle
forze coinvolte nel conflitto, ha la capacità di imporre il proprio
progetto. Non ce l'ha l'autoritario governo federale, ostinato ad applicare in
Chiapas una disastrosa strategia controinsurrezionale e certo non ce l'ha il
governo locale, privo di legittimità ed in mano a una classe politica
che rifiuta il cambiamento per principio. E forse non ce l'hanno neppure gli
zapatisti i quali, nonostante il grande prestigio nazionale e internazionale,
non sono finora riusciti a suscitare quella radicale trasformazione che si
erano proposti il primo gennaio 1994.
Malgrado queste difficoltà, attenti come d'abitudine alle ricorrenze, e
con l'inventiva politica di sempre, il 20 novembre, ottantottesimo anniversario
della rivoluzione messicana, gli zapatisti sono tornati in scena, destando
ancora una volta entusiasmo e interesse.
Ventinove comandanti (David, Zebedeo, Tacho fra gli altri, ma senza Marcos) e
un maggiore (l'ormai leggendario Moises il quale ha, lasciato la montagna per
la prima volta dal 1994) sono usciti dalla Selva e dai freddi boschi de Los
Altos per recarsi a San Cristobal de las Casas. Qui, nel corso di tre giorni
difficili e densi di avvenimenti, hanno giocato contemporaneamente su due
tavoli: uno con i rappresentanti della società civile e l'altro, teso e
quanto mai difficile, con la Commissione Parlamentare di Pace, la Cocopa.
La rottura del dialogo e il silenzio dell'Ezln
L'ultimo abboccamento tra i parlamentari e i delegati della guerriglia risaliva
al 6 gennaio 1997, allorché questi avevano rifiutato gli ambigui
emendamenti del governo al progetto di legge su Cultura e Diritti Indigeni
previsto dagli Accordi di San Andrés.
Le vicende di questa legge sono quanto mai complicate e, al tempo stesso,
significative. Presentata a fine 96 dalla Cocopa, nonostante le riserve, essa
era stata immediatamente accettata dagli zapatisti. Le cose sembravano
procedere per il meglio quando, ad un tratto, il presidente Zedillo faceva una
clamorosa marcia indietro annunciando l'"incostituzionalità" della
legge. Così, mentre il dialogo tra il governo e l'Ezln entrava in una
crisi dalla quale non si è mai più sollevato, la tensione
cresceva fino al terribile massacro di Acteal (22 dicembre 1997): 45 vittime,
in gran parte donne e bambini, trucidati dalla banda filo governativa Mascara
Roja.
Poi è cominciata l'offensiva contro i municipi autonomi, bastioni della
resistenza indigena e infine contro la Commissione Nazionale di Mediazione
(Conai), presieduta dal vescovo di San Cristobal, Samuel Ruíz, accusato
di essere pro-zapatista.
Mentre a poco a poco si chiudevano tutte le possibilità di raggiungere
una pace negoziata, il Chiapas è andato sprofondando nella guerra
civile con il risultato che la maggior parte degli indigeni vive oggi alla
maniera dei "villaggi strategici" centroamericani degli anni ottanta:
l'esercito è il motore di ogni attività, le scuole sono adibite a
caserme, i profughi si contano a migliaia, così come i paramilitari che
impongono pedaggi sulla pubblica via e fanno il bello e il cattivo tempo nella
più totale impunità.
- I risultati di questa politica sono sotto gli occhi di tutti. Un
voluminoso studio, recentemente commissionato dal Gruppo Galileo - una
corrente del partito di governo non certo sospettabile di simpatizzare con gli
zapatisti - a un'équipe di intellettuali indipendenti, disegna un quadro
drammatico ed assai veritiero della situazione: in Chiapas - uno stato ricco di
risorse naturali ed energetiche - su una popolazione di 3.210.000 abitanti, il
90 per cento vive nella povertà e un 75 per cento nell'indigenza totale.
"Indigenza totale" significa qui assenza di tutti i servizi: acqua potabile,
elettricità, casa, sanità, educazione, strade. E significa anche
che, per oltre 2 milioni di persone, lo stato è presente solo per
schierarsi a fianco dei potenti.
- Nel caso degli indigeni, questi atroci indicatori, diventano palesemente
assurdi: il 32,5 per cento dei capi di famiglia non percepisce reddito alcuno;
il 33,1 per cento riceve meno della metà del salario minimo (circa
cinque mila cinquecento lire al giorno); il 16 per cento un salario minimo e il
7,9 per cento tra uno e due salari minimi.
- Negli ultimi vent'anni è la difesa violenta di questo sistema di
supersfruttamento da parte dell'oligarchia locale a essere il motore di tutti i
conflitti. Questa elementare verità è dimostrata, fra l'altro,
dal dilagare della guerra civile nelle regioni come il Soconusco (costa del
Pacifico) o la Frailesca (vallate centrali) dove la presenza dell'Ezln non
è rilevante.
Quel fragile ponte
Dopo il silenzio durato quasi un anno e che probabilmente non ha giovato alla
causa zapatista, in luglio, con la Quinta Dichiarazione della Selva Lacandona,
l'Ezln tenta di riprendere in mano la situazione, lanciando una "Consultazione
nazionale sulla legge indigena della Cocopa e per la fine della guerra di
sterminio".
In quel momento, la situazione in Chiapas è tesissima: la Conai ha
appena chiuso i battenti, le espulsioni degli osservatori internazionali sono
all'ordine del giorno, l'offensiva contro i municipi autonomi è al
culmine e il 10 giugno, presso El Bosque (zona Nord), vi è il primo
scontro armato tra i soldati federali e le forze zapatiste dal 12 gennaio 1994.
Il numero di morti è alto, non solo da parte degli indigeni ribelli, ma
questa volta anche dell'esercito federale che però non li dichiara,
senza dubbio per non arrivare a una rottura ufficiale della tregua.
Il 18 ottobre, in un nuovo comunicato firmato dal sub comandante Marcos, l'Ezln
fa anche sapere "di essere disposto a tendere il ponte con la Cocopa laddove
questo era rimasto sospeso" e di voler "ricorrere ancora una volta a coloro che
sono stati di fondamentale importanza nel processo di pace, ovvero la
società civile". Per i due incontri si propone una data di grande
contenuto simbolico: il 20 novembre, anniversario della rivoluzione del 1910.
Come dire: confrontiamoci sui valori fondanti del nostro paese.
Il comunicato contiene virulente accuse al governo, però,
innegabilmente, è il segnale di una rinnovata disposizione alla
trattativa. La risposta è immediata e altrettanto chiara: i militari
intensificano i pattugliamenti nei pressi degli "Aguascalientes" (gli spazi di
incontro con la società civile costruiti nelle regioni ribelli) e una
nuova invasione (l'ennesima) della roccaforte zapatista de La Realidad da parte
dell'esercito federale.
Il 17 novembre, in occasione del quindicesimo anniversario della fondazione
dell'Ezln, mentre nei pueblos della selva si festeggia con fuochi artificiali,
"corridos" e danze, Marcos concede una lunga intervista, la prima in molti
mesi, al quotidiano La Jornada. L'obiettivo è chiaro: attirare
l'attenzione sull'incontro ormai imminente. "Vi è ancora spazio per il
dialogo e per la costruzione di nuove alternative", afferma il capo militare
dei ribelli.
Marcos tenta anche di fare un bilancio dei primi cinque anni di zapatismo
"pubblico". Tre sono gli assi intorno a cui si è sviluppata la strategia
dei ribelli: 1) la questione indigena; 2) la transizione alla democrazia; 3) la
lotta contro il modello economico neoliberista. Con quali risultati? Solo il
tempo potrà dare una risposta definitiva a questa domanda, tuttavia,
nel frattempo, è possibile tentare un bilancio provvisorio.
Tra i successi dell'Ezln, vi è in primo luogo l'aver stabilito un
dialogo intenso e fruttifero con una molteplicità di attori sociali. Il
primo gennaio del 1994 - continua Marcos - gli zapatisti occupano San Cristobal
e gli altri municipi del Chiapas in una situazione in cui "non è
possibile parlare". A partire dal giorno 12, l'Ezln che fino a quel momento
è un'organizzazione guerrigliera classica, comprende che è
arrivato il momento di fare qualcosa che non è sparare: guadagnare uno
spazio per essere ascoltati.
Inizia così l'intenso rapporto con ciò che gli zapatisti chiamano
"società civile", ovvero la galassia di movimenti, gruppi,
organizzazioni e individui che cercano di costruire l'agenda dell'"altro
Messico", il Messico del "sottosuolo", dei poveri, degli indigeni, delle
minoranze sociali e sessuali, dei declassati, dei più "piccoli", di
coloro che lottano fuori del sistema dei partiti.
Nasce lo zapatismo civile, un fenomeno politico di tipo nuovo che
riuscirà in breve a raccogliere consenso non solo in Messico, ma in
tutto il mondo, convertendosi nel paradigma della speranza di cambiamento per
il prossimo millennio.
Tra gli errori commessi dall'Ezln, Marcos cita invece i giudizi troppo
affrettati sugli altri gruppi armati (EPR ed ERPI) e su alcuni partiti
politici, in particolare quello di sinistra, il PRD. É un notevole segno
di maturità rispetto alle taglienti dichiarazioni dell'epoca della
Convenzione (1994) o del settembre 1996 contro l'EPR.
Le due difficili partite dell'Ezln
Il 19 novembre, i comandanti zapatisti arrivano infine a San Cristobal,
scortati come in altre occasioni dalla Croce Rossa Internazionale (quella
messicana è considerata troppo filo governativa) e da personalità
pubbliche.
Il giorno dopo, nell'atto inaugurale dell'incontro con la società
civile, il comandante David, dopo aver ringraziato i presenti per la
mobilitazione (3000 delegati in rappresentanza di circa 400 organizzazioni
sociali, provenienti da 27 stati della repubblica messicana) denuncia
l'esistenza di una guerra di sterminio contro i popoli indigeni, afferma che il
governo fa di tutto per bloccare la pace e che i soldati hanno introdotto alcol
e prostituzione nei pueblos.
Un fatto rilevante è la presenza tra i delegati della società
civile dell'organizzazione padronale chiapaneca, il famigerato Consejo
Coordinador Empresarial, i cui rappresentanti riconoscono, loro malgrado, le
condizioni infraumane in cui versano gli indigeni del Chiapas e si pronunciano
a favore di una soluzione pacifica del conflitto.
In serata il comandante Zebedeo chiarisce a nome del Comando zapatista il senso
della Consultazione: sarà una grande mobilitazione per il riconoscimento
dei diritti dei popoli indigeni e contro la guerra alla quale parteciperanno
5000 zapatisti del Chiapas, due (un uomo e una donna) per ogni municipio della
repubblica messicana. É una proposta audace che subito raccoglie il
consenso dei presenti.
L'incontro con la Cocopa dura invece solo quaranta minuti, senza produrre
risultato alcuno. In un intervento durissimo, il comandante Tacho accusa i
parlamentari di non aver preso le misure necessarie a garantire la sicurezza
dei delegati e di umiliarli con attitudini razziste. Al contrario di quanto
pensano alcuni, la sfuriata ha dei fondamenti, infatti nei giorni successivi si
saprà che uno dei convogli che trasportano i comandanti zapatisti viene
inspiegabilmente fermato dai soldati, causando momenti di grande tensione.
Il 21, i lavori con la società civile proseguono nei tre tavoli
previsti: 1) Organizzazione della consulta; 2) Lotta per la pace in Messico, 3)
Situazione nazionale.
A differenza di altre occasioni, l'atmosfera è cordiale, senza tentativi
di prevaricazione, nè lotte di potere. Malgrado la varietà di
posizioni, i partecipanti - militanti di base, contadini, sindacalisti,
casalinghe, studenti - mostrano una notevole tolleranza reciproca e voglia di
mettersi d'accordo. Abbondante naturalmente anche la presenza di delegazioni
del Congresso Nazionale Indigeno, provenienti da Oaxaca, Veracruz, Guerrero,
Morelos e dallo stesso Chiapas. Il tavolo più importante è
senz'altro quello dove si discute l'organizzazione della consultazione ed
è qui che si nota il maggiore entusiasmo.
Il principale intervento zapatista della giornata è a carico della
comandante Letizia la quale chiarisce che, per il momento, l'Ezln non
tratterà con il governo giacché questo pretende solo una resa
senza condizioni. Tuttavia lascia aperta una possibilità: i dialoghi di
pace potranno riprendere quando il governo accetterà le cinque
condizioni poste dall'Ezln nel 96. Fra l'altro, queste comprendono il rispetto
degli Accordi di San Andrés, la riduzione della presenza di militari e
paramilitari in Chiapas e la liberazione dei prigionieri politici zapatisti (ce
ne sono varie decine rinchiusi nella prigione di Cerro Hueco).
Continuano invece i problemi con la Cocopa per la quale l'Ezln non ha molta
stima, giacché la considera dominata da interessi di partito in funzione
delle elezioni presidenziali dell'anno 2000. É un sentimento reciproco,
infatti, salvo contate eccezioni, l'attuale Cocopa, - a differenza della prima
che ha cessato di esistere nel 1997 e a cui si deve la redazione della legge
indigena - non sembra provare molta simpatia per la lotta zapatista. Il
senatore Carlos Payan, fondatore ed ex direttore del quotidiano La Jornada
(nonché suo principale azionista), rivolge aspre ed ingiustificate
critiche alla dirigenza zapatista, arrivando ad accusarla di "polpotiana,
antidemocratica e poco interessata a raggiungere la pace". Sono dichiarazioni
poco intelligenti che nei giorni successivi saranno strumentalizzate dal
governo. Vale la pena ricordare che questo giornale (che dal 1995 si può
consultare in Internet ed è la sorgente principale di informazione per
il movimento zapatista internazionale) ha sempre dato ampio spazio ai
comunicati dell'Ezln, aumentando le proprie vendite da meno di 70.000 copie nel
dicembre del 1993 a quasi 200.000 nei momenti più delicati del
conflitto.
Solo domenica 22, nel corso della cerimonia di chiusura, i membri della Cocopa
ammetteranno che, nonostante le difficoltà, aver ristabilito un canale
di comunicazione con la dirigenza zapatista costituisce di per sè un
passo importante.
Una nuova speranza
Che peso attribuire a queste dichiarazioni? Non molto. In Chiapas è
necessario mettere fine allo stato di guerra che ha reso più acute le
contraddizioni locali. Ciò significa, fra l'altro, la volontà
politica del governo di arrivare a un vero accordo con l'Ezln, una
volontà di cui per il momento non si vedono i segni.
Uno dei problemi più gravi è l'assenza di un canale di mediazione
fra governo ed Ezln. La Cocopa infatti non ha il compito di mediare,
bensì solo quello di accompagnare e di "coadiuvare" il processo di
pacificazione. Con l'uscita di scena della Conai e del vescovo Samuel
Ruíz, i contatti sono diventati molto più difficili. É
significativo che i delegati zapatisti abbiano rifiutato due buste chiuse
provenienti dal governo e consegnate loro dalla Cocopa.
La soluzione favorita dagli antichi membri della Conai e da varie Ong -
però rifiutata con veemenza dal governo che invece si ostina a proporre
il dialogo diretto - è una mediazione internazionale come nel caso dei
conflitti in Guatemala e nel Salvador.
Così, malgrado le belle parole, quella pace con giustizia e
dignità di cui tutti parlavano negli anni scorsi sembra ancora molto
lontana, soprattutto a causa della poca credibilità che il governo
Zedillo ha assunto agli occhi dell'Ezln.
Per quanto incerta, la possibilità di fermare la guerra è, oggi
più che mai, nelle mani della società civile. L'incontro di San
Cristobal, l'attivismo frenetico che si è visto nei tavoli di
discussione e il torrente di proposte organizzative che ne sono uscite
riaccendono la speranza.
É vero che, oggi come oggi, tanto le classi medie come il proletariato
urbano - negli anni scorsi ossatura dello zapatismo civile - sono sfiatati e
presi nel vortice di una quotidianità sempre più difficile da
gestire per via della terribile crisi economica. Tuttavia è necessario
aggiungere che importanti segnali positivi giungono adesso dai più
giovani - soprattutto i liceali, ma anche i marginali della capitale - i quali
manifestano un inedito interesse per la causa zapatista. É un'agguerrita
generazione che si sta facendo avanti, maturata al calore delle vicende di
questi anni, cosciente dell'importanza dei valori indigeni e della
necessità di dar vita a un nuovo patto nazionale.
La Consultazione può essere un passo importante per ridare fiato al
movimento. É questa l'offensiva più grande e ricca di significati
che gli indigeni zapatisti abbiano mai proposto alla nazione. La presenza di
delegati dell'Ezln fin nelle regioni più remote del Messico e il grande
dibattito che ne dovrebbe seguire potrebbe modificare la correlazione di forze
che in questo momento non favorisce i ribelli.
Molto dipenderà dalle capacità organizzative che sapranno
dimostrare i gruppi e le realtà coinvolte. Solo una mobilitazione di
grandi proporzioni a livello nazionale e internazionale, così come la
rinascita di uno spazio pubblico simile a quello creatosi due anni fa in
occasione delle conversazioni di San Andrés, riusciranno a imporre un
radicale cambiamento di rotta.
9 dicembre 1998
Claudio Albertani
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