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Da "Umanità Nova" n.1 del 17 gennaio 1999

Ricordando...

Adriano Bosi

Un altro vecchio compagno ci ha lasciato. Ai primi dell'anno è morto improvvisamente Adriano Bosi. Nato ottanta anni fa a San Pier D'Arena - cittadella rivoluzionaria della Genova degli anni '20 - era nel nostro movimento e nella Federazione da moltissimi anni. Lo ricordiamo fortemente impegnato nel Circolo Anarchico Pietro Gori di Certosa, insieme a Giuseppe Pasticcio e a tanti altri vecchi compagni ormai scomparsi, nell'attività di propaganda e di diffusione delle idee anarchiche e libertarie, ma lo ricordiamo anche fortemente impegnato sul terreno dell'attività sociale di quartiere. Lo ricordiamo, infine, anche come poeta in lingua e in dialetto (fu anche attore dialettale di un certo rilevo) e dunque chiudiamo queste poche righe con alcuni suoi versi:

"... camminemmo feliçi, insemme ad atri zueni tegnindose pe' man, criando forte a-o çe: 'né servi, né padroin' camminemmo spedii verso 'na dimenscion ch'a l'abbrassa a natûa, ch'a ne dà forza e speranza da-o nomme: LIBERTÆ!"

Ciao Adriano, senza la tua limpida umanità siamo tutti un po' più soli e un po' più poveri.

G.B.

Augusto Conserva "Colibrì"

Il Circolo Malatesta di Gragnana annuncia la morte di "Colibrì", assiduo frequentarore del Circolo, simpatizzante delle idee anarchiche e sostenitore di Umanità Nova. Aveva 77 anni e alla caduta del fascismo, da alpino di leva si è trovato deportato in un campo in Germania fino alla fine del conflitto. Il suo funerale si è svolto il giorno di natale, dandoci l'occasione per attraversare il paese al seguito della banda che intonava "Addio Lugano bella", e in questo modo alleviare un po' l'oppressione delle festività clericali e consumistiche.

L'incaricato

Fabrizio De Andrè

Con la morte di Fabrizio De André viene a mancare un uomo, un cantautore, un personaggio pubblico che ha legato - ha voluto legare - il suo nome, la sua storia, il suo impegno professionale all'anarchismo. Fin dalla gioventù, infatti, fin dai suoi primi passi nell'ambiente musicale, Fabrizio non ha perso occasione per ricordare l'influenza che su di lui aveva avuto le lettura di testi di Bakunin, di Malatesta, di Arscinov, ecc..

Il suo anarchismo aveva certamente una base culturale, ma si nutriva soprattutto del suo istintivo essere "contro": contro l'autorità, contro lo stato, contro le convenzioni, contro le ipocrisie delle religioni istituzionalizzate, contro le ingiustizie sociali. Speculare a questo suo essere "contro", c'era il suo sentirsi altrettanto istintivamente - e calorosamente - dalla parte degli emarginati, delle puttane, degli zingari, degli indiani d'America - di quella multiforme folla che a testa alta attraversa gran parte della sua produzione artistica. Di questo mondo schiacciato, ignorato, vilipeso, perseguitato, gli anarchici erano per lui parte cosciente ed essenziale, oltre che i (ri)vendicatori.

Di noi anarchici - intendo del movimento anarchico, con i nostri giornali, sedi, gruppi, ecc. - Fabrizio si sentiva parte. Con alcuni di noi, negli anni, ha stabilito ottimi rapporti personali, anche se la sua vita e ed il mondo artistico in cui prevalentemente si svolgeva non contribuirono mai alla "regolarità" dei rapporti. Molti di noi ricordano la sua appassionata partecipazione ad alcuni concerti organizzati per sostenere iniziative libertarie - uno per tutti il concerto al PalaPartenope di Napoli del '91 a favore di Umanità Nova e di "A"/Rivista anarchica. E mi piace ricordare anche il modo simpatico, modesto, con cui sosteneva finanziariamente le iniziative anarchiche ("Sono io che devo ringraziare voi per quello che fate, vorrei solo aiutarvi a continuare" soleva ripetere mentre consegnava un assegno).

A caldo, queste sono le prime osservazioni che mi vengono fuori. Avremo occasione di riparlarne.

Certo, con Fabrizio viene a mancare un compagno di strada a cui avevamo imparato - anche per questa sua ostinata volontà libertaria - a volere bene.

Paolo Finzi



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