![]() Da "Umanità Nova" n.2 del 24 gennaio 1999 Stato di polizia. Crimini contro gli immigratiL'equazione è semplice: clandestino = delinquente. E siccome per il senso comune tutti gli immigrati sono considerati clandestini: immigrato = clandestino = delinquente. A sostegno di questa tesi - che non solo pochi hanno il coraggio di sostenere "tal quale" ma che poi passa "di fatto" nei discorsi sull'aumento della criminalità nelle nostre città - vengono portati una miriade di dati e studi sui vari aspetti della criminalità degli immigrati, ampiamente diffusi tra politici e giornalisti. E siccome i dati, se presi così come sono, lasciano poco spazio alla discussione visto l'alto numero di reati commessi dagli immigrati e di stranieri incarcerati, fascisti, leghisti, berlusconiani e camerati hanno facile gioco a suonare la gran cassa del "rischio" immigrato. Per controbattere le chiassate xenofobe della destra è necessario essere chiari su almeno due punti. Il primo riguarda il numero di immigrati coinvolti in questioni penali. Si tratta di poche decine di di migliaia di persone su circa un milione e mezzo di stranieri (e forse più), regolari e non, che si pensa risiedano in Italia. Il fatto è che l'immigrato, il diverso per antonomasia nelle nostre città, è un ottimo capro espiatorio a cui addossare tutte le colpe, tutte le responsabilità di una crisi sociale provocata dalle contraddizioni di una società che crea violenza, miseria, sfruttamento, emarginazione. Per di più queste manovre, che tendono ad addossare agli stranieri tutte le responsabilità della crescente insicurezza, si aggiungono ad un atteggiamento culturale dominante che vede nel "diverso", e quindi anche nell'immigrato, un pericolo. Il risultato è che per larghi settori della società, specie per quelli toccati dall'insicurezza e dal rischio dell'emarginazione, gli immigrati sono delinquenti, privi di cultura, nullafacenti, terroristi e via dicendo. Naturalmente la realtà è ben diversa ma sono in troppi ad avere interesse a nasconderla. Il secondo punto da chiarire riguarda il "come" e il "perché" dei fenomeni della cosiddetta "devianza". Se si approfondiscono i dati sugli stranieri incappati nella "giustizia" italiana si scopre che la questione è molto complessa. Per esempio, i reati commessi dagli stranieri si dividono in due gruppi: il primo, più numeroso e significativo, riguarda i vari tipi di falso e le contravvenzioni (per ambulantato abusivo e simili); il secondo riguarda essenzialmente i furti e i reati legati alla droga. Il primo gruppo mostra una situazione legata ai bisogni della sopravvivenza, il secondo mostra l'approdo ad attività illegali più o meno casuali. Naturalmente non è la stessa cosa. Anche l'alta presenza degli stranieri nelle carceri (passata dal 15% del totale del 1990 al 20% del 1996) trova una spiegazione: a differenza degli italiani, gli stranieri si trovano in una condizione di evidente inferiorità: non conoscono o conoscono poco la lingua italiana, non conoscono i loro diritti, non possono contare su avvocati di fiducia ma solo su distratti avvocati di ufficio, non beneficiano di pene alternative, ecc. Secondo le statistiche uno straniero ha molta più probabilità di essere condannato e di essere incarcerato di un italiano: in carcere finiscono due stranieri su tre denunciati mentre per gli italiani la media è di uno a sette. Se è evidente che questa società, fondata sullo sfruttamento, produce violenza, fra gli immigrati come tra gli "indigeni", è altrettanto evidente che le leggi dello Stato che chiudono i confini e costringono la stragrande maggioranza degli immigrati a trovarsi , una volta in Italia, nella non invidiabile condizione di "clandestino" funzionano da ulteriore incentivo allo sviluppo della delinquenza. Ci vuol poco a capire che il primo punto di riferimento dell'immigrato è l'organizzazione criminale, spesso italiana, che lo trasborda in Italia. Si tratta di un'organizzazione che traffica anche droga, armi, sigarette, ecc. Come meravigliarsi se magari l'immigrato, confuso e solo in un paese straniero, costretto a misurarsi con una realtà che magari non conosce, con regole che cercano di impedirgli di regolarizzarsi, esposto a ricatti e vessazioni, scivola nell'illegalità magari contattando proprio quel primo punto di riferimento? E infatti secondo le statistiche su cinque reati addebitati agli stranieri, quattro sono opera di "irregolari". E' lo Stato che creando la clandestinità favorisce la criminalità. Dato il quadro generale c'è da meravigliarsi di come siano relativamente pochi gli immigrati che non cadono in questa trappola mortale.
...e quelle sugli stranieri Le ricerche sulla criminalità degli stranieri sono tanto diffuse quanto sono invece assenti quelle sulle violenze sugli stranieri. Inutile cercare dati ufficiali: NON ESISTONO. Eppure le denunce internazionali contro l'Italia non mancano. Nel marzo 1998 la commissione dell'ONU per i diritti umani ha scritto allo stato italiano perché le sue forze dell'ordine sono colpevoli di "gravi percosse contro immigrati e zingari" mentre nel rapporto annuale di Amnesty International, pubblicato nel giugno 1998, l'Italia è accusata di usare "maniere forti e brutalità gratuite soprattutto contro cittadini non europei" La spiegazione di questo "strano" buco ci viene data dall'Osservatorio sul razzismo del Comune di Bologna che nel suo rapporto 1997 denunciava che il 37% dei casi di discriminazione avvenuti in città erano opera delle "forze dell'ordine" e andavano dagli abusi nel corso di perquisizioni nei centri di accoglienza, ai maltrattamenti fino allo strupro. E' chiaro che le questure non hanno alcun interesse a diffondere dati che si ritorcerebbero contro di loro. Per avere un'idea delle violenze cui sono stati sottoposti gli immigrati occorre ricorrere a ricerche private, basate per lo più su censimenti parziali di fonti giornalistiche. Conoscendo il razzismo latente dei media italiani ci si rende conto della parzialità di questo tipo di documentazione. I dati sono comunque impressionanti: uno studio del Dipartimento di sociologia dell'Università di Roma ha contato nel 1996 ben 111 morti per aggregazioni razziste (uno ogni tre giorni); gli assassinati erano 91 nel 1994 e 99 nel 1995. Ma gli assassinii sono la punta di un iceberg fatto di grandi e piccole violenze quotidiane: Spesso gli immigrati sono sottoposti a umiliazioni e discriminazioni sottili che avvengono normalmente negli uffici pubblici, nelle questure, nelle banche. Secondo l'Osservatorio di Bologna solo l'11% delle vittime di violenza sporge denuncia e d'altra parte che senso ha denunciare di avere subito violenza o di essere stati oggetto di discriminazione a poliziotti, carabinieri o magistrati, cioè ai primi responsabili di questi comportamenti?
Liberalizzare l'accesso degli immigrati, favorire la loro integrazione in condizioni di parità con gli altri cittadini: ecco l'unico modo per togliere tanta manodopera a buon mercato alle organizzazioni criminali e tanti argomenti ai politici-spazzatura che soffiano sul fuoco del razzismo e della xenofobia. Collettivo "Cittadini del mondo"
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