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Da "Umanità Nova" n.2 del 24 gennaio 1999

Questione casa e immigrati a Bologna

Come ricorderanno i lettori di UN nel mese di dicembre ha avuto il suo epilogo la lotta di 160 immigrati che avevano ribadito come la casa sia un bene primario e, in assenza di altre possibilità, vada goduto attraverso l'occupazione.

Questa lotta, diversamente da tante altre, era assurta agli onori delle cronache. Vi é stato uno strascico massmediologico all'inizio dell'anno con una trasmissione di Moby Dick interamente dedicata a tali fatti ma tale trasmissione ha introdotto un nuovo elemento nel dibattito: il razzismo. La questione sulla quale é stata richiamata l'attenzione degli spettatori non era tanto se a Bologna la politica sociale della giunta sia equa o meno, quanto se gli immigrati abbiano o meno il diritto alla libertà di espressione, associazione, azione. Con un tempismo niente affatto sospetto, il "compagno" Santoro ha dato la stura alla canea forcaiola che si é poi scatenata a Milano in questi giorni. Chi sa come vanno queste cose può ben immaginare che la scaletta della trasmissione fosse stata concordata e verificata con l'ufficio del sindaco che si é presentato alla trasmissione con i crismi ufficiali del collegamento da Bologna.

Morale, per la giunta, gli immigrati non hanno nessun diritto di protestare ed anzi, devono stare attenti perché con le loro lotte solleticano il ventre molle del razzismo padano che alberga anche all'ombra della Quercia.

Patetica la figura dei centrosocialisti che oggi vogliono cavalcare politicamente la lotta degli immigrati: dopo lo sgombero di via del Pallone hanno dato vita ad una "occupazione" (va messa fra virgolette in tutti i sensi) concordata in via Altura di uno stabile sotto sequestro giudiziario che doveva accogliere una residenza per anziani. L'occupazione si propone (per esplicita dichiarazione degli iniziatori) di costringere l'amministrazione pubblica (Comune, oppure Provincia, oppure Regione) ad acquistare lo stabile con uno stanziamento di circa 10 miliardi e a destinarlo ad un centro di "terza accoglienza" per i senza casa bolognesi (sia immigrati che clochards). Nel corso della citata trasmissione vi stata l'ufficializzazione di quanto già denunciato a Bologna con un manifesto affisso da vari collettivi (fra i quali anche il circolo Berneri): il comune é "disponibile" (assieme ad altre istituzioni pubbliche e private) all'acquisto ed alla concessione (attraverso il famigerato assessorato alle Politiche Sociali) in appalto a non meglio precisate associazioni (del terzo settore, si immagina) della gestione di questo centro di "terza accoglienza". Il tutto però nel rispetto della legalità. Tale legalità, come si é ampiamente dimostrato in via Stalingrado (dove sono rinchiusi in uno stabile circa 100 immigrati, sorvegliati da poliziotti privati, con tanto di cancelli e recinzione dello stesso tipo di quella del carcere della Dozza) si tradurrà nella trasformazione del centro in una sorta di albergo prigione dove immaginiamo i clochards non entreranno mai, preferendo (siccome hanno una dignità) il marciapiede alla pelosa generosità delle istituzioni, gli immigrati tanto meno, soprattutto quelli che hanno dimostrato la loro dignità umana attraverso la lotta.

Quindi, ancora una volta, l'operazione servirà ad ingrassare qualche cooperativa o congregazione religiosa del fiorente mercato della solidarietà con buona pace delle anime belle della sinistra bolognese.

redb



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