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Da "Umanità Nova" n.2 del 24 gennaio 1999

Fabrizio De Andrè a Carrara
Della volta che cantò per la stampa anarchica

In una riunione al Circolo Culturale Anarchico di via Ulivi, un compagno rese nota la disponibilità di Fabrizio per uno spettacolo a favore della stampa anarchica. Ci si sarebbe accontentati anche di una sua presenza con la chitarra, ma lui non ne volle sapere: se doveva cantare per gli anarchici lo avrebbe fatto con tutta la sua troupe, e per questo si impegnò a sostenere materialmente le spese, mentre il facchinaggio (due tir di luci, casse e impianti vari), il nolo del teatro, la Siae, la pubblicità erano a carico nostro.

Era l'anno 1982 nel pieno degli anni di piombo, che per gli anarchici hanno significato ostacoli, angherie, perquisizioni repressione e divieti di ogni sorta: la sua presenza a Carrara dunque avrebbe assunto anche un aspetto pubblico di non poco conto.

Le difficoltà che il Comitato organizzatore incontrò a livello locale furono non poche, e particolarmente vertevano a far fallire almeno economicamente l'iniziativa, tanto più che con Fabrizio si era concordato un prezzo contenuto per l'ingresso. Il noleggio del teatro di per sé era già alto per le nostre tasche, in più ci venne imposta un'assicurazione che in quei tempi non era obbligatoria, all'ingresso imposero del personale proprio (che guarda caso era affiliato all'Arci e all'Endas) ad affiancare il Comitato organizzatore; ispettori della Siae erano presenti in buon numero.

Fabrizio alla vista del manifesto che annunciava il concerto, qualche giorno prima si era commosso a vedere finalmente il proprio nome inserito fra i classici colori della nostra bandiera.

Quando venne il momento di far entrare il pubblico però non se la sentiva di cantare. Io ero di servizio all'ingresso e mi vennero a chiamare; la folla era tanta, tutto sembrava andare per il meglio, ma Fabrizio, sfinito dalla precedente tournée, aveva un calo di pressione e improvvisamente si è trovato senza voce. Soltanto con l'aiuto del figlio Cristiano siamo riusciti a convincere il pubblico che lo spettacolo sarebbe stato soltanto rinviato, senza che si verificassero disordini; molti chiesero indietro i soldi del biglietto. Lui era molto dispiaciuto ma promise che di lì a quattro o cinque settimane si sarebbe condotta in porto l'iniziativa.

Poco più di un mese dopo la serata venne ripetuta, il teatro era tutto esaurito e ci volle tutta la nostra capacità di convinzione verso il personale del teatro, per riuscire a far entrare i non paganti in piedi. Ancora una volta dal camerino mi vengono a dire che Fabrizio non si sente in grado di cantare. Carrara, la tradizione, il pubblico e chissà quante cose ancora evidentemente pesavano sulla sua sensibilità. Non mi aspettavo che anche un personaggio come lui, professionista abituato al grande pubblico potesse provare il panico: una stretta allo stomaco che fa tremolare la voce; una sensazione che si supera in pochi attimi. Per cui semplicemente lo aiutai a fare il suo ingresso sul palcoscenico; gli applausi fecero il resto, e la serata riuscì a concludersi con un grande successo.

Dopo lo spettacolo, ricaricati i tir, tutti ci ritrovammo al Circolo del Carrione dove il dopo-spettacolo conviviale, con canti e musica singoli e corali, continuò fino alle prime ore del mattino. Per chi di noi non lo conosceva, Fabrizio si rivelò simpatico, affettuoso, altruista.

Qualche giorno dopo, a conti fatti, il Comitato riuscì a versare una sottoscrizione cospicua a tutte le testate della stampa anarchica di lingua italiana dell'epoca, compresa Umanità Nova.

Come abbiamo messo sul telegramma ai familiari dopo la sua prematura scomparsa, Fabrizio ha saputo magistralmente diffondere il messaggio libertario. Per questo la memoria andrà oltre le parole.

Paola Nicolazzi



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