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Da "Umanità Nova" n.2 del 24 gennaio 1999

13 gennaio 1999
I funerali. Genova: addio a Fabrizio

Non ci eravamo preparati: chi ha faticato fino alla sera prima per avere un giorno di permesso, chi all'ultimo momento non ce l'ha fatta. Non ci eravamo preparati, ma c'eravamo. Due bandiere, più una in cima a un ombrello, sono bastate a raccogliere su un lato di piazza Carignano una trentina di compagni (o almeno di quelli noti), venuti non solo dalla Liguria, ma anche da Lombardia, Emilia, Toscana, Marche, per dare assieme ad altre migliaia di persone l'ultimo saluto, a pugno chiuso o in lacrime, a Fabrizio De Andrè.

Sotto le bandiere anarchiche si sono intrattenuti a lungo Ricky Gianco e Gianna Nannini. Dentro la sontuosa basilica di Maria Assunta, politici, personalità e polizia.

Un portuale corso lì in abiti da lavoro è stato sentito commentare: "Belin, ma proprio in chiesa ce lo dovevano fare il funerale a Fabrizio?". E' noto che la Chiesa stessa opera da sempre un sapiente sciacallaggio sui morti, approfittando del fatto che non possono più dire la loro. Ma questa volta, vedere l'autore mai pentito delle pagine anticlericali della Buona Novella e di Non al denaro non all'amore né al cielo, il cantore della lotta di classe in Storia di un Impiegato, il poeta dei versi blasfemi di Coda di Lupo, Rimini, Il Testamento, A Dumenega, vederlo onorato e ringraziato (!) da vescovi, portaborse e baciapile, ha per noi il sapore del suo ultimo, sublime sberleffo ai dogmi e alle istituzioni da lui sempre combattuti. Scusate, signori bigotti della religione cattolica, ma questa volta il pacco, e grosso, ve lo siete presi voi.

f. f.



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