![]() Da "Umanità Nova" n.3 del 31 gennaio 1999 Enichem di Porto Marghera. Vita al cloroL'industria del disinquinamento nasce in Italia attorno alla metà degli anni Ottanta. L'idea, nella sua semplicità, fu quasi geniale. Si trattava di mettere a profitto anche i danni causati all'ambiente in un cinquantennio di investimenti produttivi selvaggi ed impiego di sostanze tossiche. Inventarsi cioè il miliardario business dell'intervento a tutela del patrimonio ecologico, eliminando non tanto le fonti quanto gli effetti più evidenti del disastro provocato su persone e cose. Si pensò così di approntare vere e proprie piccole aziende dedicate, in modo professionale, alla cura della salute pubblica: la maggior parte di queste erano direttamente gestite dalle industrie che quell'inquinamento avevano creato nel corso della loro folle maratona per l'ottimizzazione dei profitti. Una storia dalle molte sfaccettature e dalle numerose prospettive che ha come punto centrale di torsione, nel Veneto, lo stabilimento Enichem. Tutta la vicenda del Petrolchimico di Porto Marghera è in realtà il lungo snodarsi del racconto di morte e devastazione che ha caratterizzato uno degli impianti industriali più importanti d'Italia. Accanto al Polo Chimico in senso stretto vale la pena di non dimenticare anche gli insediamenti AGIP, Montefibre, Ausimont, Decal, Edison termoelettrica, per la loro stretta connessione con il quadro generale della sistematica violazione delle norme a tutela dell'ambiente, o, meglio ancora, di quel poco di ambiente che è rimasto tale. Dopo il processo avviato ai danni di Enichem e dei suoi dirigenti è cominciata nella zona industriale veneziana una polemica sorda ed insanabile che ha condotto direttamente all'accordo siglato a Roma il 21 Ottobre dello scorso anno. Lo storico accordo, hanno sblaterato i quotidiani locali, che avrebbe dovuto mettere definitivamente in chiaro lo stato dell'arte per ciò che concerne la Chimica ed i suoi piccoli fratelli di petrolio ed energia elettrica. Se ha ragione il verde Da Villa, assessore provinciale all'Ecologia, "...buona parte dell'accordo contiene progetti industriali che già da tempo erano stati definiti, in alcuni casi già autorizzati ed in altri ancora addirittura già portati a termine". Nessuna illusione, dunque: tonnellate e tonnellate di microinquinanti verranno ancora scaricati in laguna e nell'aria dagli oltre mille camini e fumaioli di Porto Marghera. Nessuna soluzione concreta per la sostituzione dei cicli ad alto impatto; nessun piano od investimento per cercare alternative al cloro; nessuna concreta diminuzione di emissioni di sostanze tossiche. Insomma un accordo fatto nella migliore tradizione economico-politica, tanto per non sbagliare. Se prospettive di sviluppo esistono, in buona sostanza, vanno certamente nel senso di una migliore e più razionale spartizione degli investimenti previsti dal documento siglato nei palazzi romani del Governo. Vediamolo nei dettagli. Sono stati previsti 1575 miliardi distribuiti a pioggia secondo il seguente criterio: 1095 ad Enichem, 117 a EVC (società che gestisce la produzione di PVC e CVM nell'area di Porto Marghera; 245 a Edison Termoelettrica; 45,5 ad Agip Raffineria; 13,5 per Ausimont; 15,5 a Montefibre; 10 a Decal; 14 ad Agip Gas; 20 ad Ambiente (una di quelle società di cui ho detto prima, che si occupano di bonificare più che il territorio l'animo corrotto di qualche ex-inquinatore). I miliardi versati copiosamente a pioggia dovrebbero essere utilizzati per migliorare la qualità e la sicurezza degli impianti. Tra gli interventi più significativi, come riporta il quotidiano La Nuova Venezia, è previsto l'interramento dei depositi di fosgene e il dimezzamento, in prospettiva, del micidiale gas (realisticamente si può prevedere una qualche significativa flessione nella presenza di fosgene in non meno di dieci anni e in quantità non ancora prevedibili), l'introduzione di un sistema integrato di monitoraggio dei rischi ambientali. A margine di tutto ciò, verrà realizzato il trasferimento dei depositi di prodotti petroliferi con conseguente riduzione del traffico e la chiusura con bonifica successiva del vecchio stabilimento del Petrolchimico. Non ci vuole una laurea in fisica nucleare per capire che siamo di fronte ad una dispendiosa e generale ristrutturazione della zona industriale che guarda la laguna veneziana e che da decenni la sta utilizzando come vasca di scolo dei residui delle proprie lavorazioni. A detta di Greenpeace, che sta collezionando una serie di denunce con richieste di risarcimento danni pari a cinque miliardi di lire per la campagna internazionale promossa contro EVC e Solvay, ci sono almeno quattro punti dell'accordo che testimoniano lo scandalo di questa parte dell'economia nazionale: la mancata riduzione della produzione di composti organici e cloro; la mancata eliminazione del fosgene; la mancata riduzione delle emissioni atmosferiche; il rinvio al 2003 dell'interdizione della laguna per le petroliere senza doppio scafo. Una lista della spesa di tutto rispetto che esorcizza il timore manifestato da industriali, forze politiche e sindacato per ciò che poteva riguardare un progetto di reale ridimensionamento del pericolo costituito dalla presenza dei colossi industriali attivi a Porto Marghera. La verità, per l'ennesima volta, sta nei fatti e nelle intenzioni, adesso trasformate in certezze. Non esiste più possibilità, allo stato attuale delle cose, di parlare di tecnologie innovative, verso le quali potevano ben essere dirottati quegli investimenti, per eliminare il problema dei rifiuti tossici e sperimentare l'elaborazione di un nuovo modello di sviluppo. Quello che c'è funziona già egregiamente; perché modificarlo? Così, come in una grande simulazione Simcity (ricordate quel giochino per computer con il quale potete costruire una città completa partendo da zero, con tanto di centrali elettriche, strade, scuole, edifici?), si sta dando corso ad una modifica, tutta parziale e in definitiva ininfluente per lo stato di collasso in cui versa l'ambiente attorno agli stabilimenti, dell'assetto industriale di Marghera che non ci risparmia dalla fuga di sostanze tossiche incontrollabili e dalle esalazioni di fumi sospetti. L'ultimo incidente è del 27 Dicembre scorso. Si trattava di ammoniaca fuoriuscita dal reparto BCI dell'Enichem - impianto della linea di produzione del cloruro di polivinile attivato nel 1957 - fermo dall'inizio del 1998 per le operazioni di bonifica e smantellamento. Per l'esattezza di soluzione ammoniacale acquosa all'interno di una conduttura di 50 millimetri di diametro. Gli effetti della dispersione di una nube di ammoniaca, nonostante i tecnici si siano affannati a giurare che la quantità della fuga è stata talmente minima da non potersi considerare nociva, sono disastrosi: irritazioni alle vie respiratorie, se va bene, e patologie polmonari irreversibili. Linea chiusa, quella del BCI, dunque inattiva. Il pericolo non arriva perciò soltanto dalle produzioni ancora funzionanti, ma anche da quelle apparentemente in disarmo. La situazione pare sfuggire al controllo. L'innalzamento di barriere d'acqua di 10 metri ha circoscritto l'esalazione ma l'allarme è stato comunque dato con molto ritardo; se qualcosa fosse andato storto, gli abitanti delle zone prospicienti la parte nord dello stabilimento non sarebbero riusciti a mettersi in salvo. Deve trattarsi del prezzo del progresso, o di qualcosa di simile; del prezzo della vita. "Aveva tumori dappertutto..." racconta Melania di suo padre, morto per sostanze nocive "non potevo toccarlo. Era anche questa una cosa terribile. Non so neanche da dove era partito, probabilmente da un polmone, i medici hanno disperato fin da subito di salvarlo. Non sapevamo niente di questa malattia, quindi prima di entrare nell'ottica che per esempio non lo operavano perché non c'era niente da fare, è stata dura. Io credevo che fosse bene che non lo operassero, mentre in realtà operano solo quando c'è qualche possibilità di salvare una persona. Ha cominciato a fare metastasi dappertutto, sulle ossa, aveva delle deformazioni in varie parti del corpo perché le masse si espandevano." Vita all'ammoniaca. Vita al cloro.
Un ringraziamento particolare a Marco Rossi, con cui condivido la stessa avversione per i crimini del potere costituito e parecchie altre cose, che mi fornito tutti i dati necessari alla stesura di questo articolo, conservando per me ritagli di giornale e documenti. Mario Coglitore
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