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Da "Umanità Nova" n.3 del 31 gennaio 1999
23 gennaio: giornata europea contro i lager per immigrati
Chiudere i campi, aprire le frontiere.
23 gennaio: giornata europea per la chiusura dei campi lager per immigrati
In varie città italiane è stato raccolto l'appello dei Sans
papier francesi e belgi per una giornata di lotta contro i campi di detenzione
per immigrati clandestini: riportiamo la cronaca di questa giornata a Torino,
Milano e Livorno.
Milano: in una società senza confini nessuno può essere
straniero
A Milano sabato 23 gennaio più di ventimila persone sono scese in piazza
nella giornata europea contro i centri di detenzione.
Una manifestazione che ha attraversato la città per ricordare che in
Italia sono arrivati, arrivano e arriveranno, uomini e donne, cioè
esseri umani e persone, non "clandestini", o "stranieri", o addirittura
come i mass media vorrebbero far credere "criminali".
Come già altre volte è accaduto le parole d'ordine su cui si i
vari gruppi intervenuti alla manifestazione hanno chiamato militanti e
simpatizzanti erano diverse: da una parte la Milano "civile e democratica" che
richiedeva il riconoscimento dei diritti fondamentali quali casa, lavoro e
servizi per gli stranieri, dall'altra tutti coloro che con il potere non
vogliono aver nulla a che spartire perchè ormai consapevoli che questa
confronto non migliora la vita di alcuno, ma che lottano in prima persona ed
autonomamente per ottenere innanzitutto la libertà per tutti e per
tutte.
La prima anima della manifestazione ha terminato la manifestazione inviando un
gruppo di intellettuali (Dario Fo, Franca Rame, Carlo Monguzzi dei verdi,
Pisapia e Torri di Rifondazione, M.V. Mora dei Naga e giornalisti del Corriere
e di Repubblica, giornali che, detto per inciso, sono stati tra i principali
assertori del binomio immigrazione=criminalità) nel centro di detenzione
di Via Corelli per verificare le condizioni di vita.
La seconda parte del corteo si è invece dissociata da questa scelta
basata su continue trattative e mediazioni ed ha concluso la manifestazione con
un comizio autonomo: nessuno dei partecipanti aveva bisogno che altri
controllassero le condizioni disumane in cui vive chi è rinchiuso in via
Corelli perchè ognuno sapeva che in nessun carcere possono esserci
condizioni umane.
Redazione Milanese
Torino: chiuderlo prima di aprirlo
A Torino la manifestazione del 23 gennaio è stata preceduta il 21
dall'occupazione simbolica del Centro di detenzione per immigrati clandestini
in costruzione in Corso Brunelleschi. In quest'area, un tempo occupata da una
caserma, da alcuni mesi sta lavorando una squadra di operai che sta
trasformando la caserma in prigione: lo schema è analogo a quello
adottato a Vada nel livornese e a Milano in via Corelli: altissime inferriate
che si aggiungono al già robusto muro di cinta ed un piazzale nel quale
verranno collocati dei conteiner dall'aspetto in tutto simile a quelli
adoperati in ferrovia per il trasporto di manufatti e bestiame destinato al
macello. I due edifici in muratura, che vengono in questi giorni bonificati
dall'amianto, saranno occupati dai guardiani di questo moderno campo di
concentramento, destinato a persone la cui colpa è l'essere privi dei
pezzi di carta che distinguono chi ha qualche (in verità assai pochi)
diritti e chi invece non ne ha nessuno e viene quindi trattato come i cani che
vengono sorpresi a girare senza la medaglietta regolamentare.
La Rete Cittadina Immigrazione e Diritti, sorta in autunno a Torino per
iniziativa di vari gruppi, associazioni, centri sociali (tra cui la Federazione
Anarchica Torinese) ed impegnata sin dall'inizio per impedire l'apertura del
Centro di detenzione di Corso Brunelleschi con presidi, cortei, volantinaggi e
comizi, svoltisi nell'arco degli ultimi quattro mesi è stata la
promotrice del corteo che sabato 23 dalle 16 si è snodato dal Balon (il
mercato degli stracci e dei robivecchi) attraverso le vie che circondano
l'antico mercato di Porta Palazzo, abitate oggi come vent'anni orsono da
immigrati poveri, per giungere infine nella centralissima piazza castello.
Il corteo che alla partenza contava solo alcune centinaia di persone e
pochissimi immigrati si è venuto man mano ingrossando per il gran numero
di immigrati, clandestini e non, che si sono uniti alla manifestazione lungo la
strada e scendendo dalle case. Il microfono del camioncino che apriva il corteo
è stato preso dagli immigrati che per la prima volta a Torino sono
divenuti protagonisti della piazza: gli interventi, in italiano e in arabo si
sono succeduti con frequenza sempre crescente, intervallandosi con le note del
rai di Kaled sulle quali buona parte dei manifestanti ballava festosamente. Lo
striscione di apertura ondeggiava tra le mani di un folto gruppo di ragazzi
nordafricani.
Questa giornata che certo ricorderemo in molti proprio per la partecipazione al
corteo di tanti immigrati, segna l'emergere non più marginale di una
città diversa da quella che i comitati razzisti fomentati dalle destre
xenofobe vorrebbero disegnare: una città aperta e solidale, non disposta
a farsi accecare dal clima di paura che i razzisti fascisti e leghisti tentano
di evocare, blindandoci tutti, "indigeni" e immigrati, dietro una fitta coltre
di poliziotti, elevando muri ed erigendo recinti che rappresentano una vergogna
non per chi vi viene rinchiuso ma per chi permette che l'odio per la
diversità e per la povertà prenda piede. Fascisti e leghisti ma
anche il governo di centro sinistra dell'"illuminato" Castellani vorrebbero una
città ordinata, pulita e ben sorvegliata per celebrare con il debito
fasto i cent'anni del Padrone, i cent'anni della Fabbrica che aprì i
battenti nel lontano 1899. Per costoro in questa città, una città
che si è rifatta il trucco per l'ostensione di un vecchio lenzuolo, non
vi è posto per chi non è utile e disciplinato.
Sabato 23 si è dimostrato che c'è chi non sta al gioco e vuole
abbattere i recinti della vergogna.
ma. ma.
Livorno: presidio di massa nella giornata internazionalista contro i
campi-lager.
"Chiudere i campi, aprire le frontiere", con questa parola d'ordine la
Federazione Anarchica Livornese ha chiamato la città a partecipare al
presidio indetto contro la politica imperialista d'esclusione portata avanti
dai governi europei.
Duemila volantini sono stati distribuiti davanti alle scuole, ai cancelli del
cantiere navale, al mercato. In essi era riportato il testo della CdC e una
riflessione più agganciata al locale. Anche a Livorno, nella
località di Vada, dovrebbe aprire un campo-lager. Hanno risposto
all'appello circa ottanta compagne. Oltre alla Federazione, presente al gran
completo era l'area dell'anarchismo livornese che sta tentando la strada dei
Coordinamenti Anarchici Livornesi. I giovani comunisti e il collettivo
controcorrente, anch'esso vicino a Rif.Com, hanno aderito. Rifondazione
Comunista ha disertato l'appuntamento: le contraddizioni che ha su questa
questione sono insuperabili, soprattutto quando gli anarchici le mangiano il
terreno sotto i piedi con la critica, la polemica e l'iniziativa politica. E
poi in tempo di elezioni europee e comunali è bene non agitare troppo il
vessillo della solidarietà internazionalista verso gli immigrati, si
rischia di perdere parecchi voti. Durante il comizio sono state distrutte molte
delle falsità propagandate dalle classi dominanti di lingua italiana: la
legge Turco-Napolitano è xenofoba e discriminatoria; la
criminalità cresce con il progressivo aumento delle forze dell'ordine
per cui rappresentano un pericolo maggiore i poliziotti, i carabinieri, e
compagnia brutta, di quanto non lo rappresentino i proletari che scappano dalle
loro terre e si dirigono verso l'Italia; la posizione di Rifondazione su questa
questione è stata di diretta collusione con le scelte del governo; gli
anarchici federati sostengono che gli individui devono avere garantita la
libertà di circolazione nel mondo perché non conta dove un
individuo nasce, ma il fatto che ogni individuo è cittadino del mondo.
Se è vero che bisogna "allontanare gli intrusi dalle nostre emozioni",
è altrettanto vero che gli intrusi non sono gli immigrati, ma il
governante, il padrone, il prete, lo sbirro e il giudice. E che per
"allontanarli in tempo" non serve l'azione istituzionale e parlamentare,
occorre, al contrario, "rischiare libertà strada su strada",
sottraendosi al reticolo degli istituti coercitivi esistenti, organizzandosi e
creando opposizione sociale con l'azione diretta.
Luca Papini.
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