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Da "Umanità Nova" n.3 del 31 gennaio 1999
Livorno 13 febbraio
Conferenza regionale sui rifiuti
La Regione Toscana è all'avanguardia nel processo innescato dal decreto
Ronchi sulla gestione dei rifiuti: il consiglio regionale toscano è
stato il primo ad approvare il piano regionale sui rifiuti previsto dal decreto
e ora le varie province stanno passando all'approvazione dei piani
territoriali.
La Toscana è dunque un vero laboratorio nell'applicazione pratica della
tanto decantata riforma nella gestione dei rifiuti. I risultati sono
però deprimenti: quasi tutti i piani provinciali si caratterizzano con
la consueta pratica di coniugare più o meno fumosi discorsi su raccolte
differenziate, riciclo e riuso con ben più concrete previsioni di
aumento dei rifiuti prodotti e di incenerimento di C.D.R. (combustibile
ricavato dai rifiuti). E' sintomatico come questi piani siano tutti concepiti
sulla base della previsione di un inevitabile aumento dei rifiuti prodotti.
Così facendo, però, gli amministratori toscani si pongono "fuori
legge". Il decreto Ronchi, infatti "abbandona decisamente la logica del tutto
rifiuto da smaltire e prevede invece la prevenzione e la riduzione della
produzione e della pericolosità dei rifiuti e il loro recupero
assegnando allo smaltimento un ruolo residuale" (L'Ambiente informa, bimestrale
di informazione del Ministero dell'ambiente, 1/1998). Le province toscane si
pongono anche fuori dalla Legge regionale dell'aprile del 1998 che
correttamente, almeno su questo punto, stabilisce per il 2003 un obbiettivo di
riduzione dei rifiuti del 5/15% rispetto alle quote prodotte nel 1997. Ma gli
amministratori e i tecnici che hanno realizzato i piani, con l'unica eccezione
di quelli lucchesi, sono andati avanti come schiacciasassi, infischiandosene di
quanto è prescritto a livello provinciale e regionale. Con questi
meschini trucchetti le province toscane riescono a far divenire centrale quello
che lo stesso ambiguo decreto ronchi definisce "residuale": l'incenerimento e
il conferimento in discarica. La spiegazione di questa "illegalità"
è infatti dovuta al fatto che con le previsioni di un costante e
rilevante aumento dei rifiuti prodotti si possono gonfiare le cifre dei rifiuti
"da trattare" e quindi si giustifica la costruzione di quei megainceneritori da
600 - 800 tonnellate di C.D.R. al giorno che si vuole costruire in provincia di
Firenze, nel comprensorio pratese - pistoiese, nel senese, nel grossetano e
nell'area portuale livornese.
Proprio a Livorno il 13 febbraio i Comitati e le associazioni riuniti nel
Coordinamento dei Comitati liguri e toscani per la difesa ambientale hanno
convocato la "Conferenza regionale sui rifiuti". I Comitati fanno, dunque,
quello che avrebbero dovuto fare la Regione e le varie Province, organizzare un
momento di discussione che permetta a tutti di esprimere le proprie opinioni
prima di approvare i piani provinciali. Naturalmente la Regione e le Province
hanno paura del dibattito e del confronto e allora ci hanno pensato i Comitati,
i cittadini, la gente a organizzare un momento di dibattito "vero", autogestito
e autofinanziato, senza alcun dubbio assai più vivo e dinamico delle
sclerotiche riunioni dei consigli provinciali dove sempre più spesso
politicanti da quattro soldi sono chiamati a ratificare decisioni già
prese in altre sedi.
Quello del 13 febbraio non sarà né un convegno, né un
seminario ma un atto politico di comitati, associazioni, singoli cittadini che
rivendicano un ruolo nel dibattito e nella gestione delle problematiche legate
al territorio e alla salute contro l'arroganza della classe politica che, con
rare eccezioni, è molto più sensibile agli interessi del business
che alle esigenze della tutela ambientale. Non a caso tutti gli interventi,
salvo quelli durante la tavola rotonda del pomeriggio, sono stati elaborati da
militanti del Coordinamento.
Bisogna riflettere sui motivi della tenacia con la quale la grande maggioranza
della classe politica locale persevera nella scelta dell'incenerimento. Certo
esiste una mentalità industrialista che vede nelle tecnologie "pesanti"
una panacea per tutti i problemi, la mentalità che oppone il
disinquinamento alle proposte di non inquinamento degli ecologisti. Ma sarebbe
riduttivo pensare che è solo questione di scelte politiche sbagliate.
Tutti sappiamo che dietro agli inceneritori si muove una marea di soldi: un
inceneritore di ultima generazione costa "chiavi in mano" almeno 150/200
miliardi: un "osso" succoso da ciucciare per molti. L'esperienza ci dimostra
che attorno a questi appalti faraonici circolano una valanga di soldi: regalie,
promesse, sovvenzioni, finanziamenti più o meno occulti,
pubblicità e ...altro che contribuiscono in modo determinante a
"convincere" certi politici, certi funzionari, certi tecnici, certi giornalisti
particolarmente sensibili a questo tipo di argomenti. Come abbiamo visto, per
far passare la costruzione degli inceneritori, gli amministratori locali non
hanno avuto alcun problema a porsi "fuori legge". Magari tra un po' di anni
"scopriremo", grazie a qualche magistrato "fuori linea" o a qualche lotta
intestina alle consorterie politiche, quanto i due fenomeni siano strettamente
legati.
La nostra speranza è che gli anarchici sappiano ben valutare
l'importanza della "posta in palio", sostenendo la lotta del Coordinamento,
partecipando all'attività dei comitati e contribuendo al successo
dell'iniziativa del 13 febbraio.
Maurizio Zicanu
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