unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.4 del 7 febbraio 1999

Il ritorno di Charlot

Dicamoci la verità le physique du rôle ce l'ha proprio, magrolino, nervoso, ricciolino e con i baffetti, surreale, irresponsabile, comicità strampalata, propensione a provocare danni enormi con la massima naturalezza. Massimino D'Alema ha la vocazione! Dopo Reagan, attore diventato politico, il primo caso di politico che diventerà il protagonista di un serial comics.

Le ultime disavventure sono note: chiamato a pronunciarsi (ma chiamato da chi?) sul problema lavoro - non lavoro - sviluppo possibile - nuova occupazione ha profferito una di quelle ricette da ubriachi da bar (che si sa, hanno ricette semplici e di buon senso per ogni male che affligge l'umanità: da il cancro e l'AIDS all'inquinamento e la sovrappopolazione mondiale) che per il sussiego e l'importanza con la quale è stata enunciata fa diventare sketch da avanspettacolo le boutade del Berlusca (un milione di nuovi posti di lavoro) o le fregnacce del Bossi ("Terun fora dai cojun!"). In sintesi l'omettino coi baffi ha detto: togliamo ogni vincolo (compresa l'impossibilità di licenziare senza "giusta causa") alle piccole imprese, diamo flessibilità totale e assoluta al lavoro, così le piccole imprese cresceranno, produrranno occupazione, aumenteranno i dipendenti e, superando la soglia dei 15 dipendenti ricadranno sotto lo Statuto dei Lavoratori. Geniale nella sua imbecillità, supremamente comico per il sussiego con cui il Ridolini di Gallipoli esterna questa e altre mille cazzate del genere. Lo dobbiamo confessare, per un attimo siamo caduti nel suo gioco. Abbiamo pensato a un pezzo serio in cui si contestavano razionalmente le conseguenze di una simile misura, le sue ricadute sulla inarrestabile perdita di diritti dei lavoratori e la frammentazione e la precarizzazione della forza lavoro. Abbiamo anche pensato di dire che già oggi le imprese, piccole, medie e grandi, hanno a disposizione un'infinità di strumenti per assumere i lavoratori con contratti atipici e licenziarli come e quando vogliono. E che questo non ha mai prodotto, né produrrà nessun posto di lavoro garantito. Oppure ancora che questo è l'ennesima dimostrazione di una politica economica del governo supina e prona agli interessi di un capitalismo sempre più ingordo, arrogante e nostalgico delle sue vecchie prerogative di governo totale e indiscusso sulla vita degli uomini. Abbiamo però realizzato di colpo che eravamo di fronte ad uno spettacolino comico, ad un film dei fratelli Vanzina, ad una rappresentazione del teatro yiddish degli ebrei galiziani di cui parla Kafka, che predispone al riso e al divertimento per l'isteria e il parossismo interpretativo di attori dignitosamente impaludati. The show must go on cantava Freddy Mercury nell'ultima canzone. Lo spettacolo in effetti continua. A quale categoria dell'agire umano se no potrebbero appartenere siparietti come quello che il Premier Buster Keaton D'Alema e il Charlie Chan Cofferati hanno inscenato sullo Statuto dei Lavoratori? Sappiamo benissimo che i ras del racket confederale sarebbero disposti a firmare qualsiasi accordo a perdere (ivi compresa la reistituzione della ius primae noctis a favore dei datori di lavoro) con la controparte padronale, ma lo vogliono fare loro in prima persona, senza comprimari che gli rubino la scena. Neppure per Charlot si fa eccezione.

Che dire ancora? Ci vogliono prendere per esaurimento da risata. Alla prossima conferenza stampa quando Massimino si presenterà con un bonsai d'ulivo in testa e il naso rosso a pallina sapremo che il proletariato italiano ha perso l'ultima battaglia dopo centocinquant'anni di lotte, soffocato dalle risate. E noi? Le avanguardie? Recensioni compagni! Le armi della critica al servizio delle recensioni cinematografiche! Pare che i critici possano entrare senza pagare biglietto.

Guglielmo del Surrey



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