unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.4 del 7 febbraio 1999

Centro America
Cooperazione internazionale

Su un recente numero di UN (n.35 del 15 novembre scorso), è stato pubblicato, dietro mia segnalazione, un comunicato del Ciss (Cooperazione Internazionale Sud Sud, una ong di Palermo) su una richiesta di contributi volontari per l'emergenza centroamericana in seguito al disastro provocato dal ciclone Mitch: Mi sembra opportuno motivare l'eventuale destinazione dei fondi raccolti (sino ad adesso circa 6 milioni, poco meno della metà di quelli immediatamente necessari per far fronte alle esigenze di una comunità con la quale il Ciss aveva già un rapporto pregresso).

La missione inviata in Honduras (un biologo, un ingegnere idraulico, un geologo) ha trovato nella capitale Tegucigalpa (e quindi figuriamoci nelle aree agricole del paese) una situazione disastrosa che non è solo frutto della "natura" maligna. Infatti Mitch, pur nella sua anomalia di ciclone il cui "occhio", a leggere le immagini satellitari, si estendeva dalla striscia centroamericana sino a Cuba (un braccio d'acqua di circa 400-500 miglia!), ha causato circa 300 mm di acqua in 5 giorni, e 160 mm nel sesto giorno di pioggia torrenziale, non molti data la regione tropicale. A guaio si è sommato il guaio delle frane, che hanno fatto smottare interi quartieri sulle colline e precipitato sul centro residenziale, già sotto acqua per via dello straripamento del fiume della capitale. E' quasi ovvio che i più colpiti sono state le famiglie medie e medio-basse, che hanno perso tutto, anche grazie alla totale assenza di avvertimenti e notizie nella settimana di diluvio che ha preceduto le frane. Anche alcuni quartieri benestanti sono stati colpiti, ma qui i soccorsi e le notizie sono arrivate più o meno tempestivamente. E' strano che, data la vastità di Mitch e i sofisticati congegni di rilevazione satellitari ad uso metereologico, il governo non abbia dato istruzioni ai cittadini, sorpresi e impossibilitati a fare alcunché.

La missione è arrivata ventidue giorni dopo il disastro "naturale" (le virgolette intendono segnalare i guasti provocati dalla mano dell'uomo: inesistenza di piani urbanistici, inesistenza di tecnici idonei a rilevare il degrado idrogeologico, inesistenza della prevenzione civile) e ha trovato nel caos le autorità preposte, al totale sbando in merito ai soccorsi di prima necessità: 8 mila dispersi ricercati dalle famiglie sui luoghi franati, con pericoli di ulteriori frane e lutti; 500mila rifugiati in strutture prive di aiuti pubblici, ma che si reggono solo per l'autorganizzazione degli sfollati; ministeri privi di informazioni idonee per stilare una lista di priorità; aiuti internazionali tanto strombazzati quanto irrisori e mal gestiti; paralisi progettuale al limite della indifferenza dei pubblici poteri nei riguardi della popolazione in balia di mancanza di acqua potabile, col conseguente rischio di epidemie di colera, dissenteria e altre infezioni micidiali.

Il recupero dei corpi e l'autoricostruzione immediata, portati avanti da comitati di quartiere, sono due processi in corso non esenti da rischi per la vita delle popolazioni: si direbbe che il governo se ne infischi, e anzi i primi passi compiuti sembrano andare verso la beffa: il potere darebbe alcuni terreni municipali in affidamento alle famiglie che hanno perso tutto, previo versamento di 2500 $ per coprire i corsi di un prefabbricato (si tenga presente che 2500 $ sono il reddito medio procapite per un biennio)!

Nelle zone più ricche, gli alloggi per gli sfollati sono ben tenuti perché i privati le cui strutture servono a tal fine le fanno presidiare da vigilantes che evitano sovraffollamenti che manderebbero alla malora il bene immobile, mentre nelle scuole pubbliche ugualmente attrezzate alla meno peggio, in ogni aula risiedono 60-80 persone.

Nelle campagne la situazione è peggiore: interrotti i collegamenti (strade allagate, ponti distrutti o addirittura sommersi dalle piene), distrutti raccolti (monocoltivazioni), inutilizzabili le infrastrutture, soprattutto gli acquedotti. Anche qua il governo brilla per l'assenza, tanto che il guado di alcuni tratti d'acqua e fango viene effettuato con l'ausilio di trattori messi a disposizione da privati che ne traggono pure un minimo beneficio economico (per dirla con un eufemismo).

Nazioni Unite, Usaid ed Europa non stanno facendo nulla: né soldi, né tecnici (l'unico geologo presente era l'inviato del Ciss), qualche tonnellata di cibo e vestiario. Non parliamo di progetti di emergenza, che pure sono i più facili da ordinare e da finanziare, anche se hanno una qualche utilità solo a breve termine. Il Ciss ha sempre rifiutato questa logica in quanto è una ong dedita alla cooperazione per lo sviluppo autoctono delle popolazioni con cui lavorare insieme: ecco perché intende destinare questi fondi raccolti per la prima emergenza su alcuni progetti di medio e lungo respiro: sostegno alla Colonia Nueva Esperanza di Tegucigalpa (un quartiere autocostruito nel tempo, prima abusivamente, poi legalizzato dagli acquisti dei terreni, i cui abitanti hanno perso tutto), un progetto di ricostruzione dei sistemi di potabilizzazione delle acque nelle campagne, una adozione a distanza di intere famiglie dei ceti meno abbienti affinché il loro reddito annuale procapite, derivato dall'artigianato, dal piccolo commercio e dall'agricoltura, possa essere in prima istanza integrato dalle donazioni di alcune centinaia di migliaia di lire italiane, che possano consentire altresì il proseguo degli studi per i ragazzi ed i bambini, in maniera che il paese non sia un domani privo di elementi tecnici in grado di gestire le emergenze future e soprattutto di impostare un piano di prevenzione urbanistico, sanitario, alimentare, territoriale, pedagogico.

Salvo Vaccaro



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