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Da "Umanità Nova" n.5 del 14 febbraio 1999

Servizio militare. Levano la leva?

Il 3 febbraio scorso il ministro della Difesa Scognamiglio ha ribadito in Commissione Difesa della Camera la sua preferenza per una completa professionalizzazione delle Forze Armate che implicherebbe l'abolizione della leva obbligatoria e quindi sia del servizio militare sia di quello civile.

Negli ultimi tempi inoltre il Partito Radicale ed il Comitato "Né giusta né utile" hanno lanciato la campagna per l'abolizione della leva militare e civile, che si tradurrà in un'ennesima iniziativa referendaria. Cosa succede?

Negli ultimi 10 anni, dopo la caduta del muro di Berlino e la conseguente necessità di ripensare l'utilizzo delle forze armate nel nuovo contesto europeo e planetario, i progetti di professionalizzazione delle forze armate in Italia (Nuovo modello di Difesa) non hanno mai previsto - almeno apertamente - l'abolizione della leva obbligatoria. La direzione indicata è stata quella di un servizio misto, un incremento dei militari di professione parallelo ad una riduzione sostanziale del contingente militare di leva ed il conseguente passaggio degli "esuberi" ad un servizio civile obbligatorio per tutti non vincolato dall'"obiezione di coscienza": un sistema di vasi comunicanti tra esercito e servizio civile. Sono queste le linee delineate nel disegno di legge Prodi del gennaio 1997, appoggiato da Caritas ed Arci, le due "holding" non statali della gestione dei serviziocivilisti.

A suo tempo anche D'Alema, come oggi Scognamiglio, si pronunciò invece per una professionalizzazione totale.

Nel frattempo due partners europei di tutto rispetto, la Spagna ma soprattutto la Francia, si sono avviati con nettezza in questa direzione: la Francia ha già abolito servizio militare e servizio civile, mentre permane per i giovani diciottenni (fra non molto anche per le ragazze) l'obbligo di presenziare ad una "giornata di preparazione per la difesa" a base di conferenze di propaganda, video e quant'altro gestite dall'esercito; la Spagna ha annunciato la completa professionalizzazione per il 2004 ed ha cominciato già a congedare le centinaia di migliaia di obbiettori di coscienza a cui non era riuscita ad assegnare un lavoro, ed anche diverse centinaia di nonsottomessi che erano ancora in attesa di giudizio. Ma i compagni antimilitaristi sembrano voler continuare a rompere le scatole: adesso si arruolano come volontari e poi disertano pubblicamente per denunciare il militarismo dello stato.

Cosa accadrà in Italia?

Difficile dirlo con certezza, anche per la mancanza di un dibattito pubblico sul ruolo delle Forze Armate che da sempre è testimonianza del loro ruolo separato. E' probabile che, almeno nel breve periodo, non venga smentito il percorso già avviato verso un sistema "misto", e questo per vari motivi: la struttura ideologica delle stesse Forze Armate, la viscosità di interessi collegati agli attuali modelli organizzativi, il processo di smantellamento dei servizi pubblici e la funzione di "supplenza" delle realtà del "terzo settore" e degli obiettori di coscienza che lavorano in enti pubblici, non ultimo il peso stesso della cultura di sinistra largamente favorevole al mito dell'esercito di leva (esemplari le dichiarazioni di Russo Spena: "Rifondazione continuerà a battersi 'per un esercito specializzato ma di leva'"). L'ipotesi di abolizione della leva sembra avere invece a che fare più con la caccia ad un facile consenso che non con progetti concreti a breve termine.

Entrambe le ipotesi in ogni caso dipendono direttamente dalle scelte strategiche che vedono un nuovo protagonismo dello strumento militare: interventi all'estero in difesa degli interessi politico-economici occidentali e nazionali, cortina di ferro nel mediterraneo contro l'immigrazione, utilizzo dell'esercito per la difesa dell'ordine pubblico sul territorio nazionale.

La creazione di un Servizio Civile Nazionale o l'eventuale abolizione della leva obbligatoria sono quindi in funzione della razionalizzazione delle forze armate alla luce dei nuovi compiti che si trovano ad affrontare.

Ne troviamo una significativa conferma nelle motivazioni della campagna contro la leva obbligatoria promossa dai radicali: preso atto della caduta della cortina di ferro, della modificazione del quadro strategico, della mondializzazione dei conflitti, dei nuovi tipi di intervento politico-militari necessari, degli sviluppi tecnologici nei sistemi d'arma, delle politiche militari europee e del ruolo negativo del servizio civile (manodopera coatta senza diritti), si chiede: "1 - L'abolizione totale in tempo di pace del servizio di leva sia militare che civile; 2 - la creazione di un corpo europeo, militare e civile, su base volontaria, per le operazioni di mantenimento e ristabilimento della pace e per quelle umanitarie, posto direttamente sotto l'autorità e il controllo delle istituzioni dell'Unione Europea".

Per quanto riguarda la leva e i progetti di modifica, le dichiarazioni per l'abolizione, le campagne referendarie non hanno quindi nulla a che fare con la lotta antimilitarista per l'abolizione degli eserciti.

Ovviamente quello della leva rimane un obbligo odioso e da contrastare, ma un avanzamento in senso antimilitarista può avvenire soltanto attraverso l'attivismo di un movimento che riesca a mettere in difficoltà lo stato che, come in Spagna, è stato costretto a correre ai ripari prendendo in tutta fretta provvedimenti radicali in parte contro la sua stessa volontà.

E' quindi importante non solo l'obiettivo ma anche il percorso con cui affrontarlo: occorre sottrarre ai circoli strategici dell'esercito ed alle ristrette élite politiche il dibattito sul ruolo delle Forze Armate rendendolo pubblico, diffondere e radicare la cultura antimilitarista, espandere la pratica di disobbedienza alla leva obbligatoria sostenendo la nonsottomissione . L'abolizione della leva riuscirà a contrastare l'esercito e lo stato solo se nella mentalità e nella pratica sociale sarà già diffusa un'"abolizione di fatto" della leva ed, in prospettiva, degli eserciti.

Cassa di Solidarietà Antimilitarista



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