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Da "Umanità Nova" n.7 del 28 febbraio 1999

Sciopero dei metalmeccanici ad Ivrea. Una città da rottamare

In Canavese lo sciopero nazionale dei metalmeccanici del 18 febbraio ha avuto al centro dell'attenzione la vicenda della OP Computers, l'azienda erede del settore pc di Olivetti, davanti alla quale, dopo una lunga agonia iniziata ufficialmente a dicembre 1995 con lo scorporo da Olivetti s.p.a. (v. UN n.27/98 del 20.9.98 e Sindacalismo di base n. 8 - Gennaio 1999), sta il baratro dell'amministrazione controllata o, addirittura, del fallimento. Ad Ivrea sono confluiti lavoratori da tutta la zona per solidarizzare con i compagni il cui posto di lavoro è oggi a rischio e per testimoniare ancora una volta la rabbia di un territorio che prima viene sfruttato e poi abbandonato al proprio destino. Durante la manifestazione non sono mancati momenti di tensione, come quando i cassintegrati della OP Computers hanno invaso l'atrio del palazzo uffici della Olivetti s.p.a. dopo aver vinto la resistenza di un cordone di poliziotti posti "a difesa". Ma anche questo episodio ha messo in luce il solco che le ristrutturazioni di questi anni hanno scavato tra lavoratori: dopo i vari scorpori, infatti, i dipendenti veri e propri di Olivetti s.p.a., trasformata in holding finanziaria, sono circa 200 impiegati che non hanno abbandonato il posto di lavoro in occasione dello sciopero e neanche davanti alla pacifica "invasione" degli ex colleghi. Quanto agli altri dipendenti del Gruppo Olivetti, in Omnitel e Infostrada lavorano tantissimi giovani con contratti a termine e altre forme di lavoro precario, la cui sindacalizzazione è inesistente; su Lexikon gravano nuvole minacciose e fa ancora parte del gruppo solo perché Olivetti non è ancora riuscita a venderla; il settore delle soluzioni informatiche (Olsy) è stato ceduto alla società americana Wang e anche qui cassa integrazione e mobilità hanno colpito. Le radicali trasformazioni che si sono succedute in questi anni hanno disarticolato sia il territorio che il tessuto sociale della zona di Ivrea e hanno messo in qualche modo su versanti opposti giovani e meno giovani, utilizzando il ricatto della disoccupazione dei primi per far passare la massiccia espulsione dei secondi dal mondo produttivo. Così mentre da un lato Olivetti dismetteva le sue tradizionali attività con relativi dipendenti, venivano assunti part-time, a termine, in contratto di formazione e lavoro, ecc. i figli e i nipoti dei lavoratori che venivano di fatto "rottamati". Così sindacati e politici hanno potuto far digerire alla "opinione pubblica" l'impoverimento reale del territorio avvenuto in questi anni millantando che la bilancia sociale era comunque in pareggio, facendo finta di dimenticare che i "vecchi" lavoratori venivano sostituiti con giovani meno pagati, senza certezze del posto di lavoro e a zero sindacalizzazione. Così, quando nei giorni precedenti lo sciopero i cassintegrati OP Computers sono andati a manifestare di fronte alla sede di Omnitel hanno ricevuto più indifferenza che solidarietà e qualche dipendente Omnitel si è fatto accompagnare al lavoro dalle guardie per "timore dei manifestanti"... Maggiore solidarietà quindi è arrivata in occasione dello sciopero da parte dei lavoratori di tutto il Canavese, territorio caratterizzato da una polverizzazione delle attività produttive e già qualificata "area di declino industriale".

Nei giorni successivi allo sciopero i 1200 lavoratori della Op Computers hanno lanciato inviti al boicottaggio di Omnitel e Infostrada, nonché delle banche che avrebbero dovuto rifinanziare il piano industriale della loro azienda e che si sono rifiutate di farlo. Hanno anche occupato per qualche ora l'autostrada Torino-Aosta nella giornata di venerdì 19 febbraio, stabilito un presidio con tende davanti alla sede dell'Olivetti e attendono i risultati dell'assemblea dei soci OP Computers (l'americano Gottessman e la società taiwanese Chaplet) che si dovrebbe svolgere lunedì 22 febbraio. Per salvare la loro azienda sono necessari 130 miliardi, che nessuno (Olivetti, banche, investitori pubblici come Itainvest e Finpiemonte) vuole sborsare. Il denaro va dove è maggiormente remunerato: chi oserebbe interferire con le sante regole del mercato?

Simone Bisacca



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