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Da "Umanità Nova" n.8 del 7 marzo 1999

8 marzo. Libere ed eguali
Ritrovare forza nello sguardo invisibile di donne lontane

Perché non cogliere anche questa occasione per mettere in moto la nostra intelligenza e fantasia e rendere visibile anche in questa giornata ormai rituale la nostra presenza dissacrante e antagonista? Certo l'8 Marzo ormai appartiene a tutte le donne con tutto quello che ciò significa: perdita di identità di classe, confusione paritaria, istituzionalizzazione e mercificazione, ma rimane una giornata simbolo, voluta dalla Conferenza Internazionale delle donne socialiste di Copenaghen del 1910 su proposta di Clara Zetkin e portata avanti dalla passione e dalla voglia di lotta delle compagne che l'hanno trasformata, vivacizzata, contestata anno dopo anno.

Nel dopoguerra fu l'Unione Donne Italiane a sostenerla portando avanti battaglie di emancipazione, poi negli anni '70 il femminismo ne spostò la tematica per incentrare parole e lotte sulla liberazione sessuale.

Oggi, dall'Afganistan all'Algeria, la morsa degli integralismi si stringe sui nostri corpi e con l'avvicinarsi del Giubileo uno spirito di crociata aleggia nell'aria. Forti e continui sono gli attacchi del clero e del papa in persona alle donne che abortiscono, accusandole di infanticidio e considerandole delle assassine dando cosi via libera ai Talebani cattolici.

Poco interesse per le donne immigrate se non per attacchi razzisti e xenofobi, poco interesse per il loro supersfruttamento e per le loro condizioni di vita inaccettabili: sfruttate come prostitute o come domestiche nelle case dove svolgono lavoro di cura agli anziani o ai malati. Se poi non emigrano e rimangono nei loro paesi, ecco che è stato organizzato il business del turismo sessuale ed i maschi dei paesi più ricchi vanno a colonizzare i corpi delle donne dei paesi più poveri.

Rimanere poi nel loro territorio significa assistere giorno dopo giorno al degrado, alla mutilazione della loro esistenza . Il neoliberismo avanzante pretende infatti di utilizzare tutte le risorse ai propri fini, distruggendo intere foreste, deviando grandi fiumi, impoverendo il suolo, privatizzando le terre da coltivare, distruggendo colture diversificate senza preoccuparsi delle conseguenze future ma guardando solo al profitto immediato. Ciò colpisce soprattutto le donne che sono la maggioranza delle lavoratrici della terra e le più esperte dell'uso dell'acqua e del suo trasporto: è la loro grande fatica che permette a molti di sopravvivere.

E' questa crescente povertà, sia nei paesi cosiddetti in via di sviluppo che nell'Europa dell'Est, che pesa sulle spalle delle donne che costituiscono il 70% del miliardo e 300 milioni di poveri sulla Terra, donne povere che non hanno neanche la possibilità, sia per condizioni sociali che per discriminazione di genere, di avvalersi di cure per la propria salute nel servizio sanitario.

La nostra cultura mortalmente impoverita di idee e solidarietà non ci fa conoscere (se non a volte solo in termini moralistici o quando ormai le catastrofi ,le carestie e i disastri sono avvenuti) quanto il nostro benessere costa alle popolazioni delle altre parti del mondo. Questo impoverimento folle va a colpire soprattutto le donne che provvedono alla produzione della metà del cibo nei paesi in via di sviluppo; in India ad esempio le donne forniscono il 75% della forza lavoro nella coltivazione del riso, in Africa orientale la conservazione delle terre negli ultimi decenni è opera delle donne. Anche se si continua a rimuovere e a cancellare tutto il lavoro invisibile, esse svolgono i due terzi del lavoro nel mondo, ricavando solo il 5% delle entrate.

La situazione sociale e politica sempre più mortifera, le continue guerre e i conflitti armati , ormai sempre più estesi, fanno peggiorare sempre più la vita dell'intera umanità, soprattutto per quella parte che non sceglie queste soluzioni, ma le subisce pesantemente; l'80% dei 25 milioni di rifugiati nel mondo sono donne in cerca di una via di scampo. Nei territori in cui dilagano le guerre sono le donne che devono trovare soluzioni per il sostentamento della famiglia e riuscire a sopravvivere alla sopraffazione maschile. Spesso considerate bottino di guerra sono troppo spesso stuprate e violentate. Lo stupro è quindi usato come arma di guerra al pari di una bomba o carro armato, come arma in dotazione agli eserciti. Dalla Bosnia alla Somalia è stato utilizzato dagli eserciti in guerra o impegnati in cosiddette "azioni umanitarie".

Ed è per tutto questo che come donne non vogliamo partecipare alla spartizione della torta , cercando magari di prendere anche noi una fetta grande. Noi vogliamo tutta la torta fatta insieme con una ricetta completamente diversa con un sapore di vita completamente nuovo.

Mariella Bernardini



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