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Da "Umanità Nova" n.8 del 7 marzo 1999

Scuola
Lotta sindacale e politica. Un intreccio necessario

Una delle questioni sulle quali non si insiste mai abbastanza è lo stretto legame fra il mutare condizioni materiali dei soggetti sociali interessati alle trasformazioni politiche ed istituzionali che chi governa delibera e queste stesse trasformazioni.

Nel caso delle "riforme" che investono la scuola, l'attenzione dell'opinione pubblica in generale e dei compagni in particolare si volge, di regola:

- alla pressione della chiesa e della Confindustria per ottenere finanziamenti alla scuola privata;

- alla disponibilità del governo a concedere quanto gli viene richiesto ed alle difficoltà che incontra nella sua stessa area sociale di riferimento, difficoltà confermate dalla buona riuscita della manifestazione bolognese del 27 febbraio;

- alla trasformazione dell'assetto della stessa scuola pubblica (autonomia scolastica, dirigenza ai capi di istituto, chiusura di istituti scolastici, riordino dei cicli scolastici, elevamento della soglia dell'obbligo, riforma dell'esame di maturità ecc.);

- alle mobilitazioni favorevoli al finanziamento alle scuole private ad opera della chiesa ed a quelle contrarie.

Può valere la pena, visto anche che il nostro giornale si occupa con continuità di questi temi, di porre in relazione quanto avviene con alcune, brevi considerazioni, sulle condizioni materiali dei lavoratori della scuola oggi e, in tendenza, sulla base delle posizioni di CGIL-CISL-UIL e SNALS, da una parte, e dell'amministrazione, dall'altra.

Al momento, a quanto se ne sa, la contrattazione vede i due campi schierati su queste posizioni:

L'Agenzia per le Relazioni Negoziali nella Pubblica Amministrazione (ARAN) propone: 80.000 lire lorde mensili, medie e a regime per tutti, 650.000 lorde mensili per chi, selezionato sulla base di concorsi di singola scuola, svolgerà funzioni di coordinamento legate all'autonomia scolastica e 900.000 lire lorde mensili per coloro che passeranno un concorso su base provinciale per l'accelerazione di carriera e per assumere, di conseguenza, ruoli di gestione della scuola nuovo modello.

CGIL-CISL-UIL e SNALS propongono 110.000 lire mensili, lorde e a regime, per tutti, una cifra da definire per chi svolgerà funzioni di coordinamento legate all'autonomia scolastica e 350.000 lire lorde mensili per chi passerà il concorso di cui si è già detto.

Nell'ipotesi proposta dall'ARAN le risorse per il fondo di istituto, con il quale si retribuiscono lo straordinario ed altre attività necessarie al funzionamento della scuola, sarebbero minime, in quella proposta dai sindacati istituzionali il doppio.

Come si vede, le due proposte non sono straordinariamente lontane ma evidenziano un problema interessante.

L'ARAN e i sindacati di stato sono d'accordo sulla sostanza del nuovo assetto contrattuale visto che gli aumenti per tutti sono risibili, e non potrebbe essere altrimenti sulla base degli accordi del luglio 1993 che prevedono di tenerli nei limiti dell'inflazione programmata.

Vi è accordo anche sul fatto che i presidi dell'autonomia ed i segretari dovranno avere aumenti consistenti, i primi in conseguenza dell'ottenimento della dirigenza ed i secondi in considerazione del nuovo ruolo che vanno assumendo in scuole di dimensioni più consistenti e con compiti di gestione di risorse decisamente più importanti che in passato.

La divergenza verte su quanto dovrà andare alla fascia di fedeli-fidati che dovrà, a meno che non cambi radicalmente la situazione, emergere dal nuovo contratto.

L'ARAN prende sul serio la riforma e prevede che vi sia una minoranza radicalmente sganciata dal resto della categoria dal punto di vista retributivo e, visto che la massa degli aumenti è fissa, prevede che si possa pervenire a questo risultato solo grazie all'ulteriore immiserimento della grande maggioranza dei lavoratori della scuola rispetto persino a quanto prevedono gli accordi del luglio 1993.

I sindacati di stato temono che una svolta radicale possa determinare tensioni incontrollabili nella categoria e propongono un percorso più dolce e graduale nella stessa direzione.

Probabilmente, alla fine, troveranno un punto di mediazione e firmeranno il contratto su questa base.

Il dato, però, che mi interessava segnalare è un altro: l'impoverimento graduale dei lavoratori della scuola prosegue inesorabile ed è il prodotto e la precondizione della scuola nuovo modello.

Una categoria impoverita, dequalificata, degradata è il terreno di cultura migliore per far passare la logica degli aumenti di merito e la guerra per ottenere gli aumenti di merito è la condizione migliore per distrarre i lavoratori della scuola dalla difesa dei loro interessi generali e per impoverirne più agevolmente la gran massa a maggior gloria dello stato e del padronato.

Quali sono i meccanismi che fanno si che quest'impoverimento venga accettato senza troppe resistenze. Vale forse la pena di ricordarlo:

- la normativa antisciopero ha ridotto le possibilità di conflitto legale in un ambiente che non è certo propenso a forzare la legalità:

- la pressione culturale ed il ricatto morale nei confronti della categoria dei lavoratori della scuola accusati di parassitismo, improduttività ecc. sono spaventosi;

- i sindacati istituzionali sono agenti attivi nel percorso della costruzione della scuola nuovo modello ed organizzano la fascia dei fedeli fidati o aspiranti tali;

- i sindacati alternativi hanno una forza limitata e sono più che mai divisi al loro interno;

- il disgusto per l'inefficienza dei vecchi apparati burocratici fornisce buoni argomenti ai fautori della scuola azienda;

- i lavoratori della scuola non hanno una tradizione degna di questo nome di azione collettiva non sporadica e oscillano fra la mobilitazione di massa e la passività con, purtroppo, il predominio della passività.

Se si pongono in relazione queste ragioni di debolezza con il quadro politico e sociale generale ci si rende conto che la situazione è tutt'altro che facile, per usare un eufemismo.

Si pone, da più parti, l'accento sul fatto che la composizione sociale dei lavoratori della scuola non ne fa un soggetto particolarmente conflittuale. la presenza di donne mogli di dirigenti e professionisti e di uomini dediti al doppio lavoro spiegherebbe l'accondiscendenza della categoria alle peggiori vessazioni.

Se, però, quanto si è detto sinora è ragionevolmente vero, il dato di fatto con il quale fare i conti è chiaro: i lavoratori della scuola hanno subito un degrado secco delle loro condizioni materiali, le retribuzioni sono in discesa libera, l'organico è stato tagliato, i carichi di lavoro aumentati, i privilegi normativi aboliti.

Se, a partire da questi dati di fatto, verrà, credibilmente, posta all'ordine del giorno l'esigenza dell'organizzazione sindacale della categoria, se, a livello di singola scuola e di categoria si saprà sviluppare e coordinare il conflitto, si apriranno prospettive a dir poco interessanti.

Un percorso del genere potrà, inoltre, rafforzare significativamente la lotta per la critica dell'attuale meccanismo di trasmissione del sapere, dell'organizzazione gerarchica ed autoritaria della scuola e della sua stessa funzione sociale.

In altri termini, non solo non vi è opposizione fra lotta sindacale della categoria e battaglie politiche generali ma, al contrario, si tratta di percorsi che intrecciandosi possono trarre un significativo reciproco giovamento.

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