![]() Da "Umanità Nova" n.8 del 7 marzo 1999 Ricordando...Vero GrassiniIl 17 febbraio è deceduto il compagno Vero. Era nato il 4 maggio del 1912. Ero andato a trovarlo un paio di volte, circa due anni fa, per chiedergli notizie sulla consistenza del movimento anarchico genovese durante l'antifascismo e la resistenza e sulla sua militanza in quegli anni. Era stato, al solito, gentile e disponibile, come lo ricordavo dalla nostra prima conoscenza, agli inizi degli anni '70. Sempre mentalmente lucido era tuttavia preoccupato da un forte abbassamento di vista che gli rendeva difficile (a lui, ultraottantenne) di continuare a lavorare nella sua piccola officina di Cornigliano, come aveva fatto, ogni giorno, per più di cinquant'anni. Grassini è un nome importante nella storia della Federazione e del movimento anarchico genovese a partire dal primo dopoguerra, così come lo è quello di Stanchi; due famiglie di anarchici che ne hanno fatto un po' la storia: i fratelli Emilio e Natale Grassini e, appunto, Vero figlio del primo, la "dinastia" Stanchi capeggiata dall'indimenticato "Carlin", i fratelli Dante e Attilio e i giovani nipoti Dario e Walter uccisi dai nazifascisti. Famiglie di antifascisti, partigiani ma soprattutto di anarchici, sempre impegnati nelle lotte politiche e sociali per l'emancipazione degli sfruttati. Vero Grassini era stato - negli anni del fascismo, della resistenza e poi nel secondo dopoguerra - come lui stesso diceva, "l'ombra" di suo padre Emilio, organizzatore della lotta clandestina, commissario politico della Brigata SAP "E. Malatesta", estensore dei documenti del Fronte Unico dei Lavoratori, attivo nella riorganizzazione del movimento nel dopoguerra. Ma Vero non era stato solo un'ombra: negli anni '40 aveva lavorato all'Ansaldo e insieme a Lorenzo Parodi, Sorgoli ed altri compagni vi aveva organizzato un nucleo libertario clandestino. Poi, dopo la morte del padre (avvenuta nel novembre del '52), aveva continuato la sua militanza nel gruppo anarchico "Malatesta" di Pegli e, dopo lo scioglimento di questo, a prestare il suo sostegno alla Federazione e alla stampa anarchica. Un ultimo ricordo: verso la metà degli anni '70, in un periodo di dure polemiche all'interno del movimento anarchico genovese, lui e gli altri compagni del "Malatesta" (mi pare ci fosse ancora Carlin Stanchi) avevano preso una posizione singolarmente pacata ed equilibrata. Non era facile, ma quei vecchi compagni ci riuscirono e diedero un lezione di civiltà a tutti. Guido Barroero
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