Da "Umanità Nova" n.9 del 14 marzo 1999
Del dibattito parlamentare sul finanziamento statale ai partiti
Pancia mia fatti capanna!
Volendo commentare il recente dibattito parlamentare sull'ennesima legge con la
quale le strutture di comando della politica istituzionale vogliono garantirsi
"lunga vita" potremmo concludere efficacemente e velocemente le nostre
considerazioni con l'epiteto "é la solita, grande merda prodotta dalle
logiche statuali e di potere".
Ma, così come commentiamo e critichiamo i singoli aspetti del sistema di
oppressione e sfruttamento del sistema statale e capitalistico e di tutti i
suoi epigoni culturali, religiosi, sindacali, sociali, ambientali,
perché non spendere due parole per irridere alla politica.
Nella sede parlamentare i presidenti di Camera e Senato e tutti i signori e le
signore che seggono sui vari scanni si riempiono quotidianamente la bocca di
magniloquenze ed altisonanze circa il nobile servizio da loro reso alla
comunità nazionale attraverso l'esercizio del potere legislativo ed
esecutivo (con efficaci propaggini anche in quello giudiziario). Rispetto alla
teoria democratica la prima contraddizione palese é proprio
rappresentata dall'assunzione da parte della classe dirigente della politica
istituzionale del potere in toto, essendo gli uomini che seggono in parlamento
di volta in volta legislatori, governanti e dirigenti della magistratura. Come
ogni potere che si rispetti il potere statale, efficacemente rappresentato dal
parlamento, deve rappresentarsi forte, ricco, e famoso. Per fare ciò
tale potere ha bisogno di ingenti risorse finanziarie al fine di rappresentare
ed esercitare il privilegio del potere stesso.
Ecco allora che il sistema della regolazione del potere dello stato si
preoccupa sempre più frequentemente di approvvigionarsi di soldi che
vengono sottratti alle spese sociali ed al reddito disponibile di tutti i
cittadini.
Dai lauti stipendi dei parlamentari, ai rimborsi delle spese elettorali, alle
provvigioni per i porta borse dei deputati e dei senatori, passando per i
gettoni di presenza degli amministratori nelle assemblee elettive regionali,
provinciali, comunali e circoscrizionali per arrivare ai lauti stipendi dei
sindaci e degli assessori, ai finanziamenti ai giornali di partito, il sistema
dei partiti fagocita ogni anno oltre 2.000 miliardi. I circa 200 miliardi
attualmente in discussione al parlamento sotto la voce finanziamento pubblico
ai partiti politici sono quindi un tozzo di pane per i potenti della politica.
Ma questi 200 miliardi, dopo la vicenda del 4xmille che ha bollato per
l'ennesima volta la legittimità politica del sistema di potere, sono
divenuti pietra miliare del dibattito politico. Anche perché il
dibattito parlamentare sta mettendo a nudo le fobie e le contraddizioni dei
signori della politica.
Lungi dal ricercare una conferma della loro legittimità politica, i
mandarini del parlamento, stanno facendo carte false per aggiudicarsi i
finanziamenti senza che questi possano dipendere dal consenso dei
cittadini-elettori.
La destra, Di Pietro e Prodi, avanzano opportunisticamente l'ipotesi dei
contributi volontari da parte dei cittadini-elettori, con un meccanismo di
defiscalizzazione dei contributi stessi. Una tale proposta avrebbe almeno la
dignità di raccogliere dei contributi pubblici senza meccanismi
estorsivi come invece avverrebbe con il principio erga omines perorato dalla
sinistra, dai popolari, e dal CCD. Si fa inoltre strada l'ipotesi di contributi
pubblici indiretti alla politica quali la cessione gratuita di beni e servizi
ai partiti. Quest'ultima strada, é bene ricordarlo, é la
più classica che si sia mai realizzata nella storia della Repubblica
Italiana, ampiamente praticata con il diritto dello stato di fatto fino alla
fine degli anni ottanta ed oggetto di aspre critiche proprio da quella destra
che oggi la vorrebbe riesumare in opposizione al finanziamento attraverso il
bilancio dello Stato.
Non é difficile immaginare che, passata la tornata elettorale di fine
primavera, l'accordo legislativo sarà prontamente ricomposto ed il
parlamento voterà all'unanimità una legge che garantisca i 200
miliardi ai tesorieri dei partiti. Anche questa forma di finanziamento
ribadirà il metodo gerarchico con la quale deve essere gestita la
politica istituzionale: lo Stato verserà i soldi ai tesorieri dei
partiti i quali, in accordo con le segreterie che ne controllano il mandato,
potranno esercitare la funzione della centralizzazione e del controllo sulla
vita politica dei partiti stessi.
Niente viene dunque lasciato al caso, coerentemente e linearmente le leggi
emanate da questo parlamento fondato sulle logiche statuali e di potere ne
riproducono le funzioni, le regole e la cultura.
Ciò ad ulteriore dimostrazione dell'irriformabilità del sistema
politico che solo un moto rivoluzionario potrà trasformare.
WS
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