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Da "Umanità Nova" n.9 del 14 marzo 1999
Processi a Cuba contro i dissidenti
La Cina dei Caraibi A L'Avana stretta poliziesca per garantire i privilegi della burocrazia
Nello stesso giorno in cui "il manifesto", per la penna di Pietro
Ingrao, ci faceva conoscere tutto il suo mal di pancia per il processo in corso
nella capitale cubana, "Il Sole-24 ore" gongolava per le possibilità
d'investimento che l'Isla grande offre al capitale nostrano. Raramente
accoppiate simili consentono di farsi una idea più precisa sugli
avvenimenti in corso d'opera.
Nello specifico siamo di fronte ad una massa di investimenti preventivati
intorno agli 11 miliardi di dollari, nel periodo che va dal 2000 al 2010, in
grado di assicurare un tasso di crescita del settore turistico in grado di far
decollare l'isola dal 9% attuale al 23-24% del 2010 delle presenze turistiche
in tutta l'area caraibica. Le nuove leggi sugli investimenti che hanno
già attirato, a tutto il 1997, un totale di 1,2 miliardi di dollari da
paesi come Spagna, Francia, Italia, Canada e Gran Bretagna e che hanno
consentito la costituzione di 351 imprese a capitale straniero, dovrebbero
garantire lauti profitti non solo nel settore turistico, ma anche nella
realizzazione di grandi infrastrutture (sono ben sette gli areoporti
internazionali recentemente aperti), nel settore dei fertilizzanti, dei
macchinari.
Per quanto riguarda il capitale italiano, esso si trova in settima posizione
come partner commerciale ed in terza come investitore, in un contesto che
registra un 44% di interscambio con i paesi dell'Unione europea. A breve , non
a caso, l'euro entrerà ufficialmente nel sistema valutario in vigore
affiancando il dollaro.
Ce n'è abbastanza per capire come la necessità di uscire dalla
crisi seguita al crollo degli aiuti provenienti dalla ex Unione Sovietica,
accoppiata alla cecità dei governi USA che continuano a perseverare in
un anacronistico embargo commerciale, abbia spinto il regime fidelista ad
aprire le frontiere al capitalismo europeo e canadese, battendo soprattutto la
strada dell'investimento turistico. E' altrettanto evidente che gli
investimenti si attuano laddove la situazione è favorevole, cioè
dove il conflitto sociale è di fatto inesistente, la stabilità
di governo assicurata, ed il costo della manodopera basso.
Tutte condizioni che si registrano a Cuba, e che dovranno essere assicurate
anche per il futuro , pena la messa in crisi del regime.
Ma la penetrazione economica non è indolore, il grande afflusso di
turisti dai paesi industrialmente avanzati non ha effetti insignificanti.
Tutt'altro. La grandissima disparità economica tra i residenti ed i
vacanzieri, l'abitudine al consumo di questi ultimi, i privilegi degli addetti
al settore turistico, hanno sviluppato un insieme di contraddizioni che
rimangono sotto controllo grazie alla capacità dei cubani di
'arrangiarsi'. Vuoi con il mercato nero, vuoi con i piccoli commerci, vuoi con
la prostituzione, i cubani, soprattutto quelli residenti nelle città,
sopravvivono. Mentre i burocrati di partito, i quadri delle imprese di stato
godono della loro posizione di privilegio rafforzata dagli intrallazzi con i
tanto vituperati (a parole) capitalisti, l'opposizione si alimenta dello
scontento degli intellettuali, dei professionisti, di chi è rimasto
fedele ad un impianto sociale di tipo egualitario, di chi non vuole assistere
al degrado sociale.
Soprattutto nelle città, soprattutto a L'Avana, il disagio cresce, la
fatica di vivere si fa sentire. Più volte i cubani sono scesi in piazza
per protestare contro le condizioni di vita, ma sempre si sono trovati di
fronte la repressione poliziesca, sempre si sono dovuti misurare con la fitta
ragnatela dei confidenti di polizia. Il regime non può tollerare lo
sviluppo di un'opposizione che metterebbe in forse, non tanto le conquiste
della rivoluzione, quanto i suoi privilegi. Ecco quindi il carcere per i
dissidenti , i processi esemplari, il nuovo codice penale che allarga le
possibilità di comminare la pena di morte e che punisce duramente (fino
a 20 anni di carcere) chi collabora con gli organi di informazione USA e chi
diffonde materiale di propaganda anticubano. Come in Cina occorre garantire la
liberalizzazione economica mantenendo l'egemonia politica con il consueto
strumento della repressione poliziesca. Per il regime è questione di
vita o di morte. Mentre per i cubani diventa inderogabile la necessità
di dotarsi di strumenti di organizzazione autonoma che, nel solco della grande
tradizione anarcosindacalista dell'isola, sappiano dare una risposta incisiva
alla crisi in atto, scalzando la burocrazia e buttando a mare i capitalisti.
M.V.
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