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Da "Umanità Nova" n.10 del 21 marzo 1999
Il fallimento della Conferenza sugli alimenti transgenici
Miami Boys alla conquista della terra
A Cartagena, in Colombia, alla fine di febbraio si è conclusa con un
nulla di fatto la conferenza internazionale che avrebbe dovuto stilare il
"Protocollo sulla biosicurezza", un accordo che doveva regolamentare la
distribuzione dei prodotti transgenici, ossia sementi, piante o anche animali
manipolati geneticamente e commercializzati da poche multinazionali del
settore, che hanno tutto l'interesse ad impedire controlli sulle colture e sui
prodotti (soprattutto mais, soia, tabacco ma, tendenzialmente, una gamma
infinita di varietà vegetali.
Tali prodotti, sostengono i fautori della loro massiccia introduzione, sono
destinati ad aumentare la produzione, perché resistenti ai parassiti;
gli oppositori mettono invece sul piatto della bilancia questioni quali la
riduzione della biodiversità, la sterilità delle sementi
transgeniche - che condanna i produttori alla dipendenza dalle multinazionali
del settore; inoltre molte ricerche hanno evidenziato il rischio di un aumento
dei tumori e di una riduzione delle difese immunologiche. Le indagini sinora
effettuate, per quanto parziali, mostrano come una coltura transgenica sia
pervasiva al punto di rendere sterili le normali colture ad essa limitrofe. Ma
la ricerca, lo sappiamo, costa e le ricerche che possono mettere a repentaglio
gli enormi profitti del settore agrochimico non trovano finanziatori o vengono
interrotte. E' il caso delle patate transgeniche i cui effetti
sull'alimentazione animale sono stati studiati dal microbiologo Arpad Pusztai
per conto del governo scozzese: quando le sue ricerche hanno evidenziato che i
topi nutriti con tale patata subivano una depressione del sistema immunitario
ed alterazioni anche gravi degli organi vitali - il fegato in particolare - il
lavoro di Pusztai è stato interrotto ed i risultati non sono mai stati
pubblicati.
A Cartagena si sono ritrovati i rappresentanti degli stati firmatari del
trattato sulla biodiversità (oltre agli Stati Uniti, preeti nonostante
non avessero sottoscritto il trattato perché "lesivo dei loro interessi
nazionali") e sin dalle prime battute si sono affrontati due opposti
schieramenti. Da un lato il gruppo di Miami (Stati Uniti, Canada, Australia,
Argentina, Uruguay e Brasile) e dall'altro l'Europa e l'Africa. Il fallimento
del tentativo di darsi regole comuni sul commercio di alimenti geneticamente
modificati si è infranto contro la volontà dei maggiori
produttori di piazzare la propria merce senza né regole né
controlli.
Europei ed africani si opponevano all'articolo 31 del Protocollo che prevedeva
di subordinare agli altri trattati internazionali - in particolare il WTO -
Trattato sul Libero Commercio Internazionale - rendendolo in tal modo nei fatti
del tutto inefficace.
La questione cruciale sulla quale la Conferenza di Cartagena si è
definitivamente arenata è stata quella delle valutazioni di rischio, che
europei ed africani volevano venissero effettuate in base a criteri precisi e
prima dell'importazione. Il gruppo di Miami si è seccamente
opposto: regole comuni avrebbero limitato il potere delle multinazionali,
interessate ad agire indisturbate specie nei paesi in via di sviluppo in cui le
possibilità di controllo in loco sono pressoché inesistenti.
Quest'ennesimo fallimento dei tentativi degli stati di stabilire regole comuni
su questioni che afferiscono alla salute delle persone ed alla salvaguardia
dell'ambiente mostra come oggi solo la crescita su scala internazionale delle
iniziative di lotta contro le multinazionali dell'agrochimica ed i governi che
le sostengono possa impedire la distruzione dell'ambiente ed una
possibilità di sviluppo autonomo del terzo mondo.
Boicottare le varie Monsanto, Novartis, Dupont è un primo passo. Il
secondo, più importante, è la promozione e la difesa delle
biodiversità, la creazione di reti autogestite e solidali di scambio tra
nord e sud del mondo. Questo non significa demonizzare la manipolazione
genetica in quanto tale, rifiutandola in blocco acriticamente come è
costume di tanto ecologismo integralista; significa però avere ben
chiaro che oggi la ricerca è orientata e pagata da un ristretto gruppo
di multinazionali, che brevettando neo-patate, neo-grano, neo-mais si accingono
a divenire arbitri dei destini di miliardi di persone, cui sarà negata
ogni possibilità di autosviluppo e, spesso, della possibilità
stessa di sopravvivere.
maria matteo
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