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Da "Umanità Nova" n.11 del 28 marzo 1999

Immigrazione: le politiche discriminatorie dell'Europa. 'Mercatanti di carne umana'

Porre argine alle politiche discriminatorie dell'imperialismo europeo.

Sfogliando alcuni documenti relativi alla memoria e alla cultura delle classi subalterne, maturati in seno all'esperienza terribile dei flussi migratori di lingua italiana ad inizio di questo secolo, possiamo cogliere spunti di critica notevoli, da utilizzare contro le politiche discriminatorie messe in opera, oggi, dai governi imperialisti europei.

Il 18 novembre del 1877 un operaio veneto di nome Francesco Sartori, scrive alla famiglia per tranquillizzarla sull'esito del viaggio intrapreso. Si tratta della narrazione di una vera e propria odissea. A seguire il racconto saremmo tentati di scorgere in quelle parole le stesse preoccupazioni, la stessa rabbia e lo stesso dolore che sono oggi il segno di riconoscimento dei proletari curdi, kossovari, albanesi, africani, asiatici, che giungono sulle scogliere di questa penisola così giubilea e sanfedista.

Partito da Genova per giungere in Brasile, Francesco Sartori, spiega ai figli e alla moglie le difficoltà incontrate nel viaggio. Nel primo tratto che faceva scalo di sosta a Marsiglia, "è morto un giovane di 5 anni ed era un belissimo (sic) giovane ben nutrito" mentre altri 8 migranti si erano ammalati gravemente. Ciò era dovuto al fatto che il bastimento non poteva contenere più di 300 passeggeri e ve ne stavano stivati più del doppio. Nonostante che nei giorni di sosta in Francia un gruppo di falegnami avessero "lavorato a fare i posti per buttarsi a dormire uno sopra all'altro" con il risultato di obbligare i passeggeri a stare in ginocchio con la testa premuta sul piano superiore "peggio delle bestie, senza respiro", il bastimento restava un tipo di imbarcazione progettata per il trasporto delle merci e non per quello degli esseri umani. Tanto che era tutto uno "strepito: chi piange, chi si lamenta, spose coi figli in braccio che vogliono gettarsi nell'acqua a negarsi e dicono (che) se si parte si muore tutti prima di arrivare nell'America."

La sosta al porto di Marsiglia dura quattordici giorni. I primi quattro giorni Sartori è riuscito a comprarsi di che vivere con i propri soldi. I quattro giorni successivi le autorità locali hanno passato un franco al giorno per ogni migrante. Alla fine è stata presa la decisione, più economica, di allestire un punto ristoro sul bastimento stesso. La maggior parte degli emigranti verteva nelle stesse condizioni del nostro narratore, non potendosi permettere di mangiare fuori, si nutrivano direttamente a bordo: alla mattina con un caffè, "un'acqua torbida senza gusto", e il pane che era talmente duro che non si bagnava neanche. "Al mezzodì una poca di minestra pattate (sic) con poche paste quasi tutta acqua conzà (condita, NdR) con un poco di lardo senza gusto e basta. Alla sera un poco di sbrodego (brodaglia, NdR), per es. jeri (sic) sera è stato baccalà con pattate, ma di queste ne ho trovà un pezzo come mezza noce." (Emilio Franzina, Merica! Merica!, Feltrinelli, Milano, 1979, pp.86-89.)

Questa situazione aveva già posto le condizioni per uno scontro duro con le autorità consolari, quelle portuali francesi e con gli agenti, tutti definiti da Sartori con il termine di "mercatanti di carne umana", contemporaneamente era maturata in lui l'idea di non raggiungere più, sul breve periodo, il Brasile, e trattenersi invece in Francia.

Per comprendere fino in fondo cosa hanno rappresentato le vite di questi migranti per l'Italia, conviene aggiungere ancora qualche spunto di riflessione. Messo appena tra parentesi il sacrificio umano, talvolta pagato con la lontananza dagli affetti più cari, in altri casi con la galera in terra straniera, quando non addirittura con la morte, il ruolo giocato da questo settore di proletariato senza patria all'interno dello scacchiere internazionale del sistema-mondo, caratterizzato per tutto il Novecento dalla lotta imperialista tra gli Stati che ha portato all'affermazione del modello d'accumulazione capitalistica statunitense, è stato un ruolo chiave per permettere in terra straniera un'accelerazione dei processi di crescita economica e riorganizzazione delle tecniche di sfruttamento del lavoro (leggi: fordismo e taylorismo), e garantire alla nazione d'origine un importante ritorno economico per alleggerire la pressione del deficit nella bilancia commerciale.

Se ad esempio osserviamo la bilancia dei pagamenti nel periodo immediatamente precedente la Prima Guerra Mondiale (1910-1913), capiamo che i risparmi dei migranti coprono il 60% del deficit e che ogni lavoratore che emigrava permetteva la creazione di due posti di lavoro in Italia: uno per colui che prendeva il suo posto, e l'altro uscito dai nuovi impieghi industriali creati grazie alle maggiori possibilità di vendita di prodotti realizzata per merito del risparmio inviato dai migranti. Questa è la migliore dimostrazione di come i flussi migratori siano un fattore di riequilibrio per i meccanismi che regolano l'accumulazione capitalistica. Le ultime prese di posizione della Confindustria e gli stessi orientamenti delle commissioni d'inchiesta che ispirano l'azione del governo si muovono proprio in questa direzione e sembrano essere in clamorosa contraddizione con la propaganda terroristica portata avanti dai mass media. Perché allora assistiamo a questa feroce caccia all'immigrato, perpetrata con gli strumenti tipici del Quinto Potere?

Possiamo indicare due livelli di spiegazione. Nel primo caso l'Italia è senz'altro un paese assolutamente impreparato da un punto di vista politico e culturale, per un verso non dotato delle più elementari infrastrutture d'accoglienza e d'inserimento, per altro verso privo di una classe dirigente all'altezza delle grandi questioni che pongono non tanto i flussi migratori in quanto tali, ma le gigantesche questioni che ne rappresentano la causa: le fratture tra aree dell'imperialismo, le contraddizioni interne relative all'organizzazione del lavoro e del sapere, la crisi, scoppiata agli inizi dagli anni '70, del quarto ciclo d'accumulazione capitalistica incentrato sull'egemonia statunitense.

La seconda ragione che spiega l'orientamento xenofobo dei mass media, e nello stesso tempo la legislazione sull'immigrazione assunta dai governi di centro sinistra e di carattere prevalentemente razzista e persecutorio, riguarda la preoccupazione che è matura in seno alle classi dirigenti italiane e europee, in virtù della quale si teme una saldatura di classe tra proletariato autoctono e proletariato internazionale. E' questa la minaccia che deve essere sventata e che legittima il ricorso al terrorismo psicologico e mass mediatico, quando non addirittura a vere e proprie ronde squadriste.

L'azione politica degli anarchici federati deve quindi essere condotta nella direzione della più decisa solidarietà internazionalista, smascherando questa operazione evidente, che mira ad un complessivo indebolimento della classe operaia. Indebolimento realizzato attraverso due strategie apparentemente separate. La prima che fa leva sull'equiparazione emigrato uguale clandestino, uguale minaccia. La seconda che tende a spaccare il mondo del lavoro con la proliferazione di nuove tipologie di contratto che accentuano le disparità generazionali. ( Lavori Socialmente Utili, di Pubblica Utilità, ad interim, a tempo determinato e chi più ne ha più ne metta).

Luca Papini.



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