unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.12 del 4 aprile 1999

La cuccia di Cuccia... Scalate all'americana

Un solo weekend è bastato per trasformare il sistema bancario italiano. Nella due giorni del 20/21 marzo sono state lanciate due operazioni di acquisizione che hanno mandato in frantumi quel che restava dell'equilibrio precedente. L'Unicredito Italiano ha lanciato una ops (offerta pubblica di scambio) sul 100% del capitale Comit, proponendo 8 azioni proprie contro 5 della banca-preda; il San Paolo-Imi a sua volta ha lanciato una ops sul 100% della Banca di Roma, proponendo 2 azioni proprie contro 19 della rivale. L'offerta rappresenta un premio del 20% circa sulle precedenti quotazioni di borsa, quindi sembra probabile che gli azionisti "diffusi" aderiscano al concambio, portando al successo le due operazioni. In tal caso si chiuderebbe quasi definitivamente il cerchio attorno a Mediobanca ed alla sua cinquantennale posizione di potere nel salotto buono della finanza italiana. Mediobanca perderebbe infatti il controllo di se stessa, l'alleanza dei soci forti che ne hanno garantito il ruolo e soprattutto l'alone di prestigio, intoccabilità e potere assoluto che essa ha esercitato per lunghi decenni sullo sviluppo dell'economia italiana, permettendo ad un capitalismo privato gracile e spiantato di crescere attraverso l'uso assolutamente discrezionale dei capitali raccolti da un'istituzione pubblica. L'assetto finanziario che è andato consolidandosi in Italia nel corso degli anni `90 ha finito per dimostrarsi incompatibile con il ruolo, il peso e la struttura mentale del management Mediobanca. Si può dire che dal 1994 in avanti, dalla privatizzazione (seppur controllata) di Comit e Credit, Mediobanca ha sbagliato tutto, o per meglio dire è stata emarginata per la sua incapacità di adattarsi al nuovo habitat, trovare un feeling con la "nuova" classe dirigente a livello politico e ritagliarsi uno spazio come banca d'affari nel nuovo contesto. Paradossalmente è stato proprio l'Istituto che aveva intessuto nei decenni precedenti una trama di rapporti internazionali unici e prestigiosi (Lazard per tutti) ad essere tagliato fuori dalla globalizzazione finanziaria che ha investito come un ciclone il sistema Italia, portando sul mercato le principali aziende pubbliche per un controvalore vicino ai 150.000 miliardi. Mediobanca è stata bruciata dall'accelerazione degli avvenimenti e i colossi stranieri sbarcati nella finanza italiana hanno fatto di tutto per strapparle alleati, amici e prede. Basta pensare che oggi in tutte le principali banche italiane sono presenti in diversa misura giganti esteri del calibro di Deutsche Bank (Comit e Credit), Commerzbank e Allianz (Credit), Banco Santander (San Paolo Imi), Credit Agricole (Banca Intesa), Banco Bilbao Vizcaja (Bnl), Abn-Amro (Banca di Roma) e la lista potrebbe proseguire molto oltre: una realtà inimmaginabile anche solo dieci anni fa. E' comprensibile che di fronte a questo sfondamento la Banca d'Italia abbia cercato di difendere i confini dell'appetitoso mercato del risparmio italiano, aumentando la pressione sulle banche nazionali per ottenere fusioni amichevoli, come quelle definite nel weekend precedente.

In realtà sembra che i blitz concepiti in pochi giorni, dopo il palese fallimento della fusione Comit-Banca di Rma, di amichevole abbiano ben poco. Sia Comit che Banca di Roma avrebbero preferito scegliersi dei partner meno grandi, in modo da poter continuare a comandare in casa propria: il ruolo delle prede non piace a nessuno, mentre i predatori hanno sempre qualche vantaggio in più. E' comprensibile quindi che sia Geronzi che Lucchini, presidenti rispettivi di Banca di Roma e Comit, tentino qualche carta disperata sotto la regia del vecchio Cuccia, come dimostrano i tentativi di queste ore di spaccare il vertice delle Generali e stimolare una contro-opa difensiva perlomeno sulla Comit. La loro fortuna sembra però assai improbabile. La struttura della finanza italiana è infatti ormai molto simile a quella americana, dove le Opa si sprecano da oltre 10 anni e dove chiunque, ma proprio chiunque, può essere considerato scalabile, se i predatori beninteso hanno soldi a sufficienza o trovano chi è disposto a prestarli, oppure utilizzano l'ormai mitico "leveraged buy out", cioè l'acquisto di qualcosa di valore senza spendere una lira, per venderlo a pezzetti dopo un congruo numero di licenziamenti e pagare alla fine il conto con i soldi trovati nella cassaforte dell'azienda assaltata (e depredata). Quello che la banda De Benedetti, ora sotto l'apparente comando di Colaninno, sta tentando di fare su Telecom, primo caso in Italia di un'opa aggressiva all'americana. Del resto è stata proprio Mediobanca, non più tardi di un mese fa, a sostenere l'opa su Telecom, scoperchiando così il vaso di Pandora e dimostrare che la febbre dell'Opa può contagiare anche l'Italia. Adesso le congetture si sprecano: attaccata Mediobanca, può partire l'attacco a tutte le aziende (e sono tante) che sono nel carniere di Cuccia: Compart, Montedison, Edison, Hdp, Fondiaria, per non parlare del 40% di Generali, del controllo del Corriere della Sera, dell'asse Cuccia-Romiti, del patto di sindacato Fiat e via di questo passo.

Del resto che gli equilibri precedenti siano andati in frantumi è sotto l'occhio di tutti. Nel sistema della finanza sono comparsi nuovi poteri forti, nuovi poli aggreganti, in grado di accelerare la trasformazione e prendersi il potere. La trasparenza della nuova finanza parla il linguaggio chiaro del denaro, della capacità di raccoglierlo e metterlo a disposizione di capitani coraggiosi, di accumularne sembre di più, farlo rendere, creare valore per gli azionisti, distribuire utili succulenti, alzare esponenzialmente gli indici di redditività. Le azioni si contano ora, non si pesano più come faceva Cuccia. Chi ne ha di più comanda, chiunque esso sia. Il presidente del Banco Santander (azionista importante del San Paolo - Imi) cita davanti ai suoi manager in Sudamerica un detto cinese di mille anni fa, che raccomanda di attaccare sempre per primi. Non è più tempo di stanze ovattate, colloqui, ricatti. Solo trovando qualche amico disposto a spendere 25.000 miliardi Cuccia può salvare Mediobanca.

Il nuovo potere finanziario ha viaggiato qualche anno sotto traccia, è cresciuto e si è arricchito gestendo i collocamenti delle grandi aziende pubbliche, si è fatto conoscere all'estero attraverso i road-show di presentazione di Eni e Telecom, ha acquisito visibilità e autonomia. I tre poli che si vanno configurando sono chiari.

Da una parte c'il San Paolo-Imi, una buona banca retail acquisita da una banca a medio-lungo molto capace, con forte radicamento nel nord-ovest, ma presente in modo sporadico nel resto d'Italia. Conquistando la Banca di Roma rafforza la sua presenza nel centro-sud e si prepara a diventare una vera banca europea, con presenza di Santander e Abn-Amro nell'azionariato, mire sul Credit Lyonnais e totale di mezzi amministrati pari a 550.000 miliardi. La nuova banca è fortemente condizionata dalla famiglia Agnelli, al 5% nel San Paolo con Ifi-Ifil, e al 7,5% nella Banca di Roma con la Toro. L'appoggio degli Agnelli è speculare al loro divorzio dal mondo Mediobanca e allo sganciamento di Umberto Agnelli dalla odiata coppia Cuccia-Romiti. San Paolo-Imi più Banca di Roma hanno 7.500 esuberi dichiarati e almeno altrettanti non dichiarati.

Dall'altra parte c'è Unicredit, che diventerà Eurobanca in caso di conquista della Comit. Il Credit è stato gestito nell'ultimo lustro da un giovane manager di matrice Mc Kinsey, Alessandro Profumo, che ha saputo trovare gli alleati giusti (Allianz, Commerzbank, Deutsche Bank, Maramotti, ecc.) per liberarsi in misura crescente dall'abbraccio di Mediobanca, costruire una crescita autonoma e poi assaltare direttamente il fortino della casa madre. Il Credit è una buona banca al dettaglio, al centro di una federazione di banche molto radicate territorialmente (Banca CRT, Cariverona, Rolobanca, ecc.), con l'intenzione di acquisire la Comit per avere una buona copertura sul versante imprese ed una importante presenza estera (Banque Sudameris in America Latina). I mezzi amministrati saranno 450.000 miliardi e gli esuberi saranno almeno 3.500.

Il terzo polo si sta ancora definendo, probabilmente sarà Banca Intesa ad accorpare Bnl e Banco di Napoli per diventare il terzo competitor italiano su scala europea. A quel punto i grossi giochi saranno fatti, anche se il processo di accorpamento e fusione durerà ancora a lungo, per incrementare sempre di più le economie di scala.

La prima ondata della rivoluzione finanziaria italiana si può dire quasi conclusa. La privatizzazione dell'Enel potrebbe completare il processo di dismissioni pubbliche già prima del 2000. La seconda ondata vedrà probabilmente protagonisti i fondi pensione, cui il governo sta dando una mano generosa con lo smantellamento della previdenza pubblica. Resta da scoprire quale assetto proprietario emergerà nella struttura industriale. Anche la Fiat diventerà una "public company", o sarà comprata da qualche gruppo straniero? Che ne sarà della Montedison, ora che Cuccia rischia di non contare nulla? La colonizzazione straniera prenderà in mano anche le aziende simbolo del capitalismo italiano del dopoguerra? Sono domande che possono trovare risposta già a partire dai prossimi mesi.

Torino, 26/3/99

RENATO STRUMIA



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org