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Da "Umanità Nova" n.13 del 18 aprile 1999

Verso l'invasione del Kosovo

I bombardamenti aerei sono stati un fallimento: non hanno fiaccato l'esercito serbo ma hanno accelerato la pulizia etnica nel Kosovo. Sono stati loro, i kosovari, le prime vittime dell'intervento "umanitario".

Intanto le operazioni militari vanno avanti. Alla fase 1 è seguita la fase 2. Nessuno sa, probabilmente neppure a Bruxelles, se sia mai iniziata la fase 3. Non sappiamo a quale "fase" corrisponda l'intervento terrestre, cioè l'invasione del Kosovo. Sappiamo però che questa opzione esiste. Temiamo che sia imminente.

Tutti sanno, tutti lo hanno sempre saputo, che i bombardamenti su obiettivi militari o su infrastrutture civili non sono sufficienti a vincere una guerra. Se la NATO vuol vincere, imponendo la "sua" pace ai Balcani senza fare una strage di civili serbi che provocherebbero le proteste delle opinioni pubbliche occidentali, deve invadere il Kosovo. Non un'operazione in grande stile (per la quale occorrono almeno 200mila uomini e tre mesi di preparazione) ma un'invasione limitata ad aprire dei corridoi nel Kosovo e delle enclave "liberate". Per questa operazione, che alcuni politici compiacenti (vedi la Bonino) hanno già definito "umanitaria", sono sufficienti 30/40mila uomini.

Secondo quanto ha sostenuto sul "Manifesto" del 31 marzo Michael T. Klare, esperto americano di sinistra, nei progetti americani la NATO è destinata a divenire una sorta di "gendarme globale". Clinton avrebbe intenzione di presentare il progetto durante il summit previsto a Washington per festeggiare i 50 anni della NATO. In un'intervista al "Corriere della sera" del 9 aprile l'ex-consigliere del presidente Carter, Brezinsky, ha ricordato che in questa guerra gli americani stanno decidendo di quali paesi si possono fidare e di quali devono diffidare. Per Brezinsky l'Italia non ha sinora superato l'esame. L'invasione del Kosovo rappresenta dunque una sorta di esame di riparazione per il governo italiano. Per questo l'Italia si è affrettata ad inviare in Albania, con la scusa dell'aiuto ai profughi, la brigata alpina Taurinense, adattissima a sostenere lo "sfondamento" nell'impervia frontiera serbo-albanese. In Macedonia, pronti a scavalcare la pianeggiante frontiera serba, ci sono già i bersaglieri della Garibaldi, gli incursori del Col Moschin e due squadroni di blindati. Altri reparti tenuti in preallarme sono i parà della Folgore, la brigata meccanizzata Sassari, la brigata Friuli, i lagunari, il battaglione S. Marco e gli incursori di marina. In totale circa 25mila uomini, il fior fiore della macchina da guerra italiana.

Faranno la loro parte nella prossima carneficina. L'imperialismo italiano, ha bisogno di eroi e di... assassini.

Spartacus



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