![]() Da "Umanità Nova" n.14 del 25 aprile 1999 Sindrome del Golfo. Una catastrofe prevedibileIl Pentagono nega che i soldati USA siano stati esposti ad agenti chimici e biologici durante la Guerra del Golfo, ma i suoi stessi registri contraddicono la linea ufficialeIl soldato scelto di prima classe Lundholm, della 649ma Compagnia Militare della Guardia Nazionale, era assegnato la turno di guardia presso il campo POW, ad Hafar Al Batin - frontiera Irak-Kuwait. Era sotto la doccia quando lo Scud è arrivato. Fra i suoni delle sirene che segnalavano l'allarme chimico guizzò nudo, trattenendo il fiato, nel tratto all'aria aperta che lo separava dalla sua tuta e maschera di protezione. Poco dopo è caduto in coma, rimanendovi per tre giorni. Ora gli è diagnosticata la Sindrome della guerra del Golfo. Lundholm è tornato a casa nel pieno della vampata di iperpatriottismo e tecnofilia, mentre i comandi si compiacevano, fra tante altre cose, di dover lamentare perdite in cifre estremamente basse. Il numero che rimbalzava era effettivamente minuscolo: 150 morti per gli alleati, contro almeno 100.000 cadaveri iracheni. Ma quattro anni dopo la fine del conflitto, l'euforia di allora ha cominciato a sembrare prematura. Decine di migliaia di ex combattenti hanno accusato in numero crescente una o più disfunzioni che necessiteranno cure per tutta la vita, che nell'insieme sono state denominate GWS (=Gulf War Syndrome). Le cause non sono ben chiare, ma i veterani e i ricercatori tendono a individuarle in una specie di brodo tossico venutosi a creare nella zona, composto prevalentemente da insetticidi, pesticidi, vaccini preventivi distribuiti in via sperimentale, proiettili nucleari a bassa intensità, fumo prodotto dai pozzi che ardevano nei dintorni. Vi sono anche prove attendibili che una delle cause consiste nell'esposizione a bassi livelli di agenti di guerra chimica e biologica durante il conflitto. Secondo alcune fonti, compresi i Rapporti stilati sul campo di battaglia a cura della Cronologia del Comando del Corpo della Marina, l'esposizione diffusa agli agenti chimici e biologici di guerra è avvenuta quando le forze degli Stati Uniti hanno bombardato le riserve chimiche irachene ed anche nel corso degli attacchi subiti ad opera degli iracheni. E mentre queste fonti, ivi compresi documenti militari, mettono in relazione le esposizioni coi fatti di guerra chimico-biologica, l'apparato non vuol sapere di parlarne. L'atteggiamento che tiene è di diniego, ostacolando diagnosi, ricerche e cure per i veterani, rendendo difficile perfino una indagine sulle possibili conseguenze dei tossici assimilati e dei loro eventuali effetti sinergici.
LA LINEA UFFICIALE Malgrado la crescente evidenza, i dinieghi del Pentagono continuano. I medici giurati, i presidenti delle Commissioni governative, i membri del Servizio spionaggio chiamati a deporre, arrivano ad asserire che non essendo possibile dimostrare con certezza la connessione fra gli effetti e le cause (tra i sintomi dichiarati ora e le esposizioni nel corso del conflitto), tutta la questione deve essere lasciata in sospeso in attesa di definizione. In particolare l'ex Segretario del Dipartimento della Difesa, recentemente confermato alla direzione della CIA, John Deutsch, difende ostinatamente questa posizione, giungendo ad affermare che non vi sono prove certe di esposizione ad agenti chimici e biologici di guerra durante i 42 giorni delle operazioni. Ciò in manifesta discrepanza con i dati registrati di almeno 21 casi di esposizione cui sono state sottoposte le truppe britanniche e statunitensi, dati resi pubblici in Congresso dal senatore del Michigan, Riegle. I Veterani della guerra del Golfo della Georgia, in seguito ad un ricorso, sono riusciti a farsi consegnare dal Pentagono 11 pagine di registri classificati come Incidente Nucleare, Biologico e Chimico (NBC), messi a punto dal personale attendente al generale Schwarzkopf, che comandava le forze coalizzate durante la guerra. Questi registri, che coprono soltanto sette giorni di conflitto, documentano dozzine di incidenti NBC, e rivelano anche danni chimici sofferti dai GI, la scoperta di depositi di munizioni chimiche irachene, le ricadute dopo il bombardamento di alcuni di questi depositi e di attacchi con armi chimiche effettuati dalle truppe irachene. Anche nei rapporti del corpo dei Marine vi sono annotazioni come questa: il 25 febbraio la 1a Divisione ha identificato del Lewicite (nervino), che potrebbe essere risultato da un attacco iracheno oppure causato dal nostro fuoco di artiglieria che ha colpito dei depositi nemici.
LA SOTTOVALUTAZIONE DEL PERICOLO James J. Tuite, dell'Illinois, che da anni raccoglie documenti relativi alla Sindrome, ha ricevuto anche testimonianze come queste: "Erano talmente frequenti gli allarmi chimici, ed assordanti, che in alcune unità sono state emanate le istruzioni per rimuovere le batterie, in questo modo rendendo le apparecchiature inefficienti". "Dopo un certo periodo ci toglievamo gli indumenti protettivi anche se l'allarme continuava a suonare; ci avevano detto che essendo l'apparato estremamente sensibile, continuava a segnalare tracce di gas nervino nell'aria mentre in realtà le dosi erano talmente basse da non rappresentare alcun pericolo". Secondo Tuite, uno dei motivi per cui oggi ci si trova di fronte la Sindrome del Golfo potrebbe essere questa noncuranza in presenza di quantità basse di gas nell'aria. Le apparecchiature sul campo erano estremamente sofisticate: non soltanto gli allarmi segnalavano la ionizzazione, vi erano anche postazioni in cui reazioni chimiche confermavano la presenza dei gas e perfino spettrometri di massa che davano risultati positivi. Il personale chimico addetto ne garantisce la veridicità ed anche numerosi comandanti di reparti Cechi, Francesi, Britannici e Usa lo hanno riportato pubblicamente.
I "SEGRETI DI STATO" E LE DISTRUZIONI DEI REGISTRI Quando l'associazione dei veterani del Golfo della Georgia ha chiesto i registri al Comando Centrale, il luogotenente generale Richard Neal ha rifiutato di consegnare le registrazioni NBC integrali, adducendo che contenevano "del materiale pertinente l'ordine esecutivo degli interessi della difesa nazionale", per cui li avrebbe scremati. Un paio di mesi dopo A. Stepleton, un civile addetto all'ufficio del generale Dennis Reimer, ha rivelato che le annotazioni NBC della 1a Divisione di Cavalleria erano state distrutte. Così come quelle del Comando Centrale dell'Esercito, quelle della 3a armata ed altre ancora. Anche per il corpo dei Marines vi è testimonianza della distruzione di questi registri: il caporale Weissenfluth e il sergente Todd See hanno personalmente assistito alla bruciatura di contenitori interi pieni di tabulati. Ed anche i comandi dei Marines rifiutano di consegnare interi documenti o parti di documenti perché contengono annotazioni fatte sul campo di battaglia e perciò sono sottoposti al regime di segretezza. A sua volta la Marina è accusata di non aver curato la conservazione dei registri. Risulta infatti che i dati e le statistiche relative all'esposizione a chimici, spedite al Centro di Ricerca Navale di San Diego ad opera della capitano Julia Dyckman non sono reperibili al Centro stesso, anzi le è stato risposto di non averli mai ricevuti. Le schede riguardavano almeno 10.000 marinai. Quando Tuite, a nome del Comitato, ha richiesto al Dipartimento della Difesa ragione di ciò, si è sentito rispondere che effettivamente la tenuta dei registri non è molto ben organizzata, che possono essersi verificati smarrimenti di schede personali!
IN ALTO TUTTI SAPEVANO Nel 1987 l'allora vice Presidente George Bush ha incontrato l'ambasciatore iracheno Nizar Hamdoom, rassicurandolo che avrebbe potuto continuare ad acquistare brevetti e tecnologie per la messa a punto di armi sensitive binarie dagli Stati Uniti. Negli anni precedenti la guerra del Golfo l'esportazione verso l'Irak da parte della Hewlett-Packard, Honeywell, Rockwell, Tektronix e altre (*) è stato un affare per un miliardo e mezzo di dollari. Nei depositi iracheni abbandonati le armi prodotte con queste tecnologie sono state ritrovate: la produzione era andata avanti a pieno ritmo in quattro fabbriche nei dintorni di Baghdad, ed era risaputo che gli iracheni erano in grado di costruirsi sistemi di lancio, bombe aeree, razzi, missili terra-terra progettati negli Stati Uniti, capaci di portare ordigni chimici, biologici, nucleari. In particolare la CIA era al corrente di tutto questo. Perché allora il Dipartimento della Difesa continua a negare, chi cerca di coprire Deutch coi suoi silenzi? Un'azione giudiziaria verso ditte come Bechtel, M.W.Kellogg, Dresser Industries, Interchem Inc., che hanno rifornito l'Irak, è stata iniziata presso la Corte federale di Galveston, Texas, da un privato che ha visto il figlio tornare completamente instupidito dalla Guerra del Golfo. Questa può aprire una strada per ciò che riguarda le responsabilità economiche. E se per ora l'apparato militare risulta immune da queste responsabilità economiche, non lo sarà da quelle politiche. Il Pentagono, la CIA, il Presidente non possono continuare a negare gli effetti di una guerra che sapevano molto bene come si sarebbe svolta e quali conseguenze avrebbe prodotto su chi l'ha combattuta.
Liberamente tratto da un documento dei gruppi di Veterani della Guerra del Golfo a firma di Dennis Bernstein, a cura di Alfonso Nicolazzi
(*) Il possesso di armi chimiche da parte degli iracheni era noto e documentato già nella primavera del 1984, quando in Europa cominciarono ad arrivare negli ospedali per essere curati, soldati iraniani vittime di armi chimiche. Anche le multinazionali italiane hanno fatto grossi affari, come più volte denunciato anche da U.N. in quegli anni: in particolare la Montedison ha venduto una fabbrica gemella a quella di Massa Carrara all'Irak, installata nei primi anni '80 dalla Tecnimont, in grado di produrre fosgene e gas nervini sotto la copertura della produzione di fitofarmaci e diserbanti.
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