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Da "Umanità Nova" n.15 del 2 maggio 1999
Le radici della guerra per il Kosovo
Il controllo dei "corridoi"
E' ormai chiaro a quasi tutti (anche se non tutti hanno il coraggio di
ammetterlo) che la motivazione umanitaria della guerra nei Balcani è
solo una "foglia di fico" che nasconde ben altro. Nonostante il "bombardamento"
propagandistico al quale siamo quotidianamente sottoposti credo che ormai sia
diffuso un senso di scetticismo nei confronti della tesi secondo la quale la
NATO sarebbe intervenuta nei Balcani per difendere il popolo kosovaro. Credo
però che un risultato non indifferente del "bombardamento"
propagandistico sia stato quello di riuscire a tenere nascosti i veri motivi
della guerra. Senza avere la pretesa di esaurire un argomento così
complesso, proverò a chiarire alcuni aspetti della questione che la
stampa borghese tende a minimizzare. In questa prima scheda affronterò
il tema della cosiddetta "guerra dei corridoi". Seguiranno altre due schede che
tratteranno la questione del controllo del petrolio e del gas del Mar Caspio e
degli interessi economici dell'Italia nei Balcani e nel Caucaso.
Uno degli effetti non secondari della guerra nella ex-Jugoslavia, guerra
che si trascina ormai dal 1991, è stato quello di aver interrotto la
dorsale viaria e ferroviaria Lubiana-Zagabria-Belgrado-Nis-Sofia-Instanbul.
Questo ha voluto dire decretare il quasi isolamento di gran parte dei Balcani e
sconvolgere le direttrici dei traffici tra l'Europa e il Vicino e Medio
Oriente, imponendo direttrici terrestri alternative via
Ungheria-Romania-Bulgaria e terra/mare con la Turchia e la Grecia. Se si pensa
che questo sconvolgimento ha coinciso, probabilmente non a caso, con
l'implosione dell'impero sovietico e quindi con l'apertura della competizione
fra Stati Uniti, Europa e Russia per il controllo dei giacimenti di petrolio e
di gas dell'area che va dall'Oceano Artico, Mar Caspio e Lago di Aral, ci si
rende conto dell'importanza strategica dei Balcani.
Esemplare è la vicenda del cosiddetto "corridoio n.8", concepito dal
regime fascista fin dagli anni `30 ma ben presto abbandonato per
difficoltà finanziarie e per l'opposizione dell'imperialismo tedesco. Si
tratta del progetto di collegare con una rete marittima, autostradale,
ferroviaria ed energetica (oleodotto petrolifero) la costa adriatica italiana a
quella turca, attraversando Albania, Macedonia e Bulgaria. Il "corridoio n.8"
entra in competizione diretta con altri due corridoi, il n.4 e il n.10, che
tagliano i Balcani da Nord a Sud collegando la Germania con i porti di Costanza
(Romania) e di Salonicco (Grecia), attraverso Austria e Ungheria (n. 4) e
Slovenia, Serbia e Macedonia (n. 10). La guerra dei corridoi non riguarda solo
gli europei: anche gli americani vi svolgono un ruolo da protagonisti
perché la posta in gioco è il controllo delle vie di trasporto
del petrolio del Caspio proveniente dal porto russo di Novorossijsk.
L'obiettivo degli Stati Uniti è quello di isolare la Serbia, accusata di
essere una alleata della Russia, e di ostacolare l'asse Monaco-Vienna-Budapest,
cioè una ulteriore penetrazione tedesca nell'area.
Prima della guerra si facevano tre ipotesi su come distribuire in Europa il
petrolio proveniente dal Mar Caspio:
1. un oleodotto da Bourgas (Bulgaria) a Durazzo (Albania), e di qui in Italia
(Brindisi o Bari), seguendo il "corridoio n.8";
2. un oleodotto da Costanza (Romania) all'Austria e quindi alla Germania,
passando all'Ungheria ("corridoio n. 4");
3. un oleodotto da Pitesti (Romania) a Trieste, passando per Pancevo in Serbia.
La terza ipotesi, oggetto di uno studio dell'ENI ma fortemente osteggiata dagli
americani, è stata drammaticamente cancellata dalla guerra. Gli
americani non sono contrari alla prima e alla seconda ipotesi - hanno
già finanziato la Romania con un milione di dollari per uno studio
preliminare di fattibilità - ma puntano anche a deviare parte del
petrolio proveniente dal Mar Caspio su una pipeline che da Baku (Azerbaijan)
conduca al terminale turco di Ceyhan passando dalla Georgia.
E' interessante sottolineare come pochi giorni prima dell'inizio dei
bombardamenti (gennaio 1999) il governo macedone avesse mostrato il proprio
interesse ad aprire una via di transito che da Salonicco (Grecia) conducesse
all'Austria passando per Belgrado. Anche questa ipotesi è stata spazzata
via dalla guerra.
La "guerra dei corridoi" può spiegare molto degli avvenimenti nella
ex-Jugoslavia. Anche limitandosi agli ultimi mesi pare un'ipotesi accettabile
quella che vuole gli americani impegnati direttamente contro la Serbia, da una
parte per impedire ogni possibile intrusione russa nell'area balcanica,
dall'altra per impedire la deflagrazione della Macedonia. La proclamazione
dell'indipendenza da parte della maggioranza albanese del Kosovo, se non
controllata e limitata, potrebbe portare ad una analoga richiesta da parte
della componente albanese macedone, maggioritaria nelle regioni confinati con
il Kosovo. Come ho detto, la Macedonia è un nodo strategico dei Balcani
e chi vuol controllare quest'area strategica non può prescindere dal
controllare la Macedonia. Questo gli americani lo hanno sempre saputo e difatti
fino al 1995, accordi di Dayton, il governo di Washington aveva un solo
contingente militare nei Balcani costituito da un centinaio di osservatori,
piazzati in Macedonia e proprio sul confine con quello che rimaneva della
Federazione Jugoslava.
M. Baldassarri
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