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Da "Umanità Nova" n.15 del 2 maggio 1999

Lettera aperta a Daniel Cohn-Bendit
Da un libertario che non ha barattato le sue convinzioni con una bella carriera politica

Quella che segue è una lettera aperta a Daniel Cohn-Bendit, trent'anni orsono leader del '68 francese ed oggi esponente di spicco dei Verdi in corsa per un seggio al parlamento europeo. L'autore della lettera, Gianni Carrozza, ci scrive:

"come sapete vivo da una quindicina d'anni a Parigi e, pur senza essere un emigrato politico, ho partecipato ai movimenti sociali degli ultimi anni, come avevo fatto prima in Italia.
La mie ricerche storiche mi hanno portato ad occuparmi, tra le altre cose, della prima guerra mondiale e della propaganda dell'epoca.
Quest'ultimo mese di guerra ed il suo incrociarsi con la campagna elettorale mi ha portato ad andare ad un meeting recente di Daniel Cohn-Bendit, capolista verde alle europee.
La lettera aperta che segue è un tentativo di rispondere agli argomenti sviluppati in quella sede ed in alcuni interventi che DCB ha fatto sulla stampa francese."

Sono venuto domenica 18 aprile al meeting organizzato al Trianon dai Verdi del 18deg. arrondissement di Parigi. Volevo capire meglio il vostro punto di vista ed il vostro modo di funzionare e, eventualmente, esprimere la mia opinione, come si faceva una volta nelle riunioni elettorali. In effetti ho capito varie cose.

Alcuni dirigenti si sono espressi su una serie di questioni su cui tra i Verdi non ci si strappa i capelli da tempo, come la partecipazione dei giovani, il traffico urbano, l'ostilità nei confronti delle auto e del nucleare, le critiche ai maneggi del comune di Parigi, la liberalizzazione delle droghe leggere.

Ma quando si è cominciato parlare della guerra in Jugoslavia - e quando è stato letto il comunicato che sintetizzava la posizione adottata in mattinata dal Comitato Nazionale dei Verdi - alcune contestazioni si sono rapidamente manifestate nella sala. Tutti a quel punto attendevano la star della serata e le sue spiegazioni. Le nostre aspettative non sono state deluse. Raramente ho sentito un discorso disonesto come il tuo, nonostante che in questi ultimi tempi la materia non fosse certo mancata.

Tu hai presentato l'intervento NATO come una necessità assoluta per salvare il popolo del Kosovo dalla pulizia etnica, dicendo che aveva tardato troppo. Hai ricordato Hitler, Auschwitz, la seconda guerra mondiale. Hai detto che occorre battersi per un Kossovo multietnico, proteggendo in seguito la minoranza serba che vi risiede e continuerà a risiedervi in futuro e che per questo è necessario un intervento militare di terra.

Chi si oppone a questa logica è stato messo sullo stesso piano dei rinunciatari di Monaco ed più generalmente archiviato nella rubrica "veterocomunisti". Ma quando ci sono state delle contestazioni nella sala, tu hai capito bene da che sponda venivano le critiche e, dopo aver detto "potrete rispondere in seguito", per calmare gli animi, tu e i dirigenti del tuo partito, vi siete ben guardati dal dare la parola anche a una sola delle voci che chiedevano di esprimersi.

Ma perché sporcare l'immagine di tolleranza dei Verdi in un contesto del genere? La posta doveva essere alta! In effetti voi avete incollato i vari pezzi nella mattinata, avete messo il partito allineato e coperto in ordine di battaglia e ogni intervento che poteva mettere in discussione questa bella unità era da scartare. Mentre a parole criticavate i veterocomunisti, mettevate in pratica i vecchi metodi dell'epoca d'oro del PC, dove le maggioranze erano acquisite al 99,99% e qualsiasi voce dissonante espulsa. I verdi sono un partito giovane, ma le vecchie pratiche riemergono presto.

Quel che succede in Kosovo non è il prodotto del caso; tu hai citato il piano di pulizia etnica, steso dall'accademia delle scienze di Belgrado, e la determinazione di Milosevic a metterlo in pratica per un decennio, e ovviamente non hai taciuto le responsabilità dello stato croato nella propria pulizia etnica. Lo hai paragonato a Hitler, che ha fatto quel che aveva scritto in "Mein Kampf". Hai parlato dei rinunciatari di Monaco che osano esprimere dubbi sugli scopi umanitari dei bombardamenti della NATO. Hai detto: siamo tutti responsabili.

Condivido il tuo orrore per quel che succede in Kosovo e per quel che è successo in Jugoslavia da dieci anni. Ma sono in disaccordo totale col resto della tua analisi.

In primo luogo credo che per capire quel che sta succedendo, non è nella seconda guerra mondiale che bisogna cercare degli antecedenti ma in quella che l'ha preceduta e determinata - la prima - quando inizia la spartizione degli imperi multinazionali a beneficio degli stati nazionali che proliferano dappertutto in Europa. La pulizia etnica non fa che spingere alle estreme conseguenze la logica strutturalmente perversa dello stato-nazione che, più che da qualsiasi altra parte, mostra i propri limiti nei Balcani, dove i popoli si sono mescolati per secoli. Le grandi potenze avevano all'epoca accettato delle soluzioni di compromesso; il loro comportamento degli ultimi dieci anni porta piuttosto a ritenere che accettano oggi la soluzione del raggruppamento etnico come un male minore per poter tenere la situazione sotto controllo.

Secondo appunto: saremmo tutti responsabili. Tu sai perfettamente che non siamo responsabili di quel che i nostri rispettivi stati stanno facendo. Nessuno ha chiesto il nostro parere sulle questioni di fondo della società (avrebbero piuttosto tendenza a menarci quando si cerca di darlo), sia che si tratti del nucleare, dei trasporti, delle privatizzazioni dei servizi pubblici, o del salvataggio delle banche sull'orlo del fallimento. A maggior ragione, non viene chiesto il nostro parere - come pure ai parlamenti nazionali - su una guerra che continua a restare non dichiarata. Quel che ci viene chiesto è di schierarci "dalla parte giusta".

Ora, di fronte alla propaganda serba come a quella degli stati occidentali, la sola cosa pertinente che noi possiamo concretamente fare, è di non soccombere all'entusiasmo guerraiolo, è di restare lucidi, di denunciare quelli che cercano di ingannarci.

Ed è di inganno che si tratta, per esempio quando tu racconti che occorre battersi per un "Kosovo multietnico, dove la minoranza serba sarà protetta".

Tu sai perfettamente che gli obiettivi di Rambouillet (l'autonomia del Kosovo) erano un diversivo. Tu sai perfettamente che la pulizia attuale non fa che continuare e completare quella già effettuata in Slovenia, Croazia, Republika Srpska, Herceg-Bozna o nella Repubblica Bosniaca musulmana, dove popolazioni fortemente miste hanno lasciato il posto a mini-stati "puri" all'80-90%. Per dieci anni gli specialisti della questione non hanno smesso di dire che in Croazia, in Bosnia, era orribile, ma che nel Kosovo sarebbe stato molto peggio. Che hanno fatto gli stati occidentali - che oggi pretendono di arruolarci come ausiliari - per aiutare Rugova, per sostenere l'opposizione e gli studenti che si battevano a Belgrado o il grande movimento serbo di diserzione di fronte alla guerra?

Tu sai perfettamente che i bombardamenti della NATO non hanno minimamente lo scopo di proteggere la popolazione albanese del Kosovo ma di mostrare che l'Occidente è capace di battere il pugno sul tavolo, di imporre la propria legge, e che il loro effetto pratico è stato da un lato di accelerare il movimento di espulsione e dall'altro di destabilizzare ogni opposizione interna.

Tu sai perfettamente che la possibilità di una vita in comune degli albanesi e dei serbi nel Kosovo oggi non è più né un progetto né un sogno ma storia antica: l'alternativa sul tappeto è ormai tra un protettorato NATO e la separazione di entità territoriali etnicamente ripulite e/o indipendenti, con tutte le possibili conseguenze di ricomposizione di una grande Albania e di propagazione della guerra ai paesi che sono rimasti finora in disparte.

Tu sai perfettamente che non ha nessun senso dare un assegno in bianco agli stessi stati e agli stessi politicanti che per dieci anni hanno evitato di fare qualcosa per impedire questa ridefinizione etnica e geografica.

Tu sai perfettamente che nessun cittadino di base ha il potere di decidere qualcosa. Che la scelta non è tra l'impotenza e il sostegno alla NATO: l'impotenza non si sceglie. Al più si può onestamente riconoscerla invece di schierarsi dietro gli argomenti della propaganda filoserba o filoccidentale. Ci sono anche quelli che giocano a fare la mosca cocchiera (o del convoglio militare, nel nostro caso), ma è un ruolo riservato alle star e non ai comuni mortali.

Quando tu dici che bisogna che la Francia cominci ad accogliere i disertori serbi, dimentichi che la stessa Francia durante dieci anni li ha espulsi e rimandati a casa loro.

I cittadini di base hanno capito che la diffidenza nei confronti degli stati era di rigore, se no come si può spiegare che mentre Jospin rifiutava l'ingresso dei rifugiati del Kosovo, 300.000 persone si siano offerte di accoglierne a casa loro?

Un'altra posta in gioco poco confessata di questa guerra è la costituzione di un nazionalismo europeo che sia capace di tener testa agli americani, e non è necessariamente nel vecchio e pietoso "produciamo francese" di quel che resta del PC che lo si può rintracciare. I portabandiera di questo nuovo nazionalismo, è spesso nei ranghi della sinistra multicolore che governa la quasi totalità dei paesi europei che oggi bisogna cercarli.

Ne approfitto infine per mettere il dito su un altro amalgama che tu hai fatto sulla stampa e che ai giorni nostri tenta più di un ideologo "umanitario": l'accostamento tra la rivoluzione spagnola e la guerra scatenata dai nazionalismi post-jugoslavi. Ora, a parte il fatto che è una guerra, che ci sono profughi, deportati, paura, miseria, sofferenze, prevaricazioni contro i civili, come in tutte le guerre, non c'è veramente niente in comune con la guerra civile spagnola. Né il contesto internazionale, né le forze in campo, né i motivi politici, sociali, economici, ideali. Non c'è niente che lega il tentativo di opporsi - attraverso una rivoluzione sociale - al fascismo internazionale che sta dilagando e prepara una guerra mondiale, da una parte, col riciclarsi della burocrazia jugoslava in vari gruppi dirigenti nazionalisti, che in Bosnia non hanno esitato ad allearsi fra loro per marginalizzare i cosiddetti "partiti della cittadinanza", partigiani dell'unità multietnica, dall'altra. La propaganda della NATO non ha niente a che spartire con la rivoluzione spagnola. Purtroppo oggi non ha più niente da vedere neanche con la preservazione della mutietnicità nei Balcani.

Gianni Carrozza
Parigi 22.4.99



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