![]() Da "Umanità Nova" n.16 del 9 maggio 1999 13 maggio: sciopero generale!Finalmente dopo tante titubanze e manovre d'apparato è arrivata l'ora dello sciopero generale indetto dal sindacalismo di base e dall'autorganizzazione sociale.Contro la guerra che sta squassando parte dei Balcani, sia per gli effetti devastanti dei bombardamenti 'alleati' contro la Yugoslavia, sia per la criminale 'pulizia' etnica della cricca nazionalsocialista al potere a Belgrado, sia infine per il trattamento subito dai profughi del Kosovo (in gran parte albanesi, ma non mancano i serbi, i rom e le altre etnie di cui era disseminato il territorio) vera e propria carne da macello per gli sporchi giochi in atto. Soprattutto contro il governo italiano, presieduto dall'ex comunista D'Alema, e sorretto dal fior fiore della sinistra riformista e post comunista che copre con la foglia di fico degli aiuti 'umanitari' la vergogna di una politica bombarola e imperialista. L'obiettivo è ambizioso: fermare la guerra, impedire che una sola vita, un solo soldo, siano destinati, una volta di più, alla distruzione di altre vite umane, di altri lavoratori. Un obiettivo difficile da perseguire in considerazione delle forze in gioco e della relativa debolezza degli schieramenti antibellicisti in tutta Europa, ma un obiettivo da praticare con tutta la forza e la volontà di cui siamo capaci per trasformare lo sciopero in un momento di crescita collettiva, di battaglia politica e sociale, di confronto all'interno dei posti di lavoro. Il movimento contro la guerra , contro ogni guerra, deve crescere. I padroni della terra, i signori della guerra, devono sentire la nostra indisponibilità a seguirli docilmente nei loro piani di spartizione delle aree di sfruttamento intensivo, devono fare i conti con la nostra resistenza attiva e passiva. Sappiamo benissimo che questo sciopero non sarà un vero e proprio sciopero generale in grado di fare cadere i governi, di mettere in crisi l'apparato statale. Non sarà cioè quello che nell'immaginario anarchico ha da sempre rappresentato: il momento culminante e decisivo dell'insorgenza rivoluzionaria, l'avvio della lotta ad oltranza per l'abbattimento del potere di classe. Nulla di tutto questo. Decenni di pratiche collaborative, di compatibilità, di cedimenti progressivi, hanno corroso il movimento operaio a tal punto che il sindacalismo di Stato può fiancheggiare le scelte governative, preparando anzi il terreno a nuovi scivolamenti verso politiche sempre più dichiaratamente interventiste, a scapito dei livelli di vita dei lavoratori. L'arma stessa dello sciopero generale è diventata spuntata nel momento stesso in cui si è trasformata in un semplice momento di pressione all'interno del quadro politico nazionale. Ma nonostante tutto, e nonostante il costo monetario che esso rappresenta per ogni lavoratore, lo sciopero generale evoca sempre l'istinto di classe, intimamente socialista libertario, presente in ogni salariato. Lo costringe a riflettere, a misurarsi con gli altri, a rompere l'isolamento in cui lavora, a confrontarsi con la mostruosità della guerra, a crescere come forza organizzata. La lotta lo lega sempre più agli altri suoi simili e questo legame rappresenta il terreno sul quale può crescere un'autentica forza rivoluzionaria. Per queste ragioni siamo per lo sciopero generale, con tutti i suoi limiti, ma anche con tutte le sue potenzialità e concorreremo, con tutte le nostre energie perché riesca, perché sia un segnale per tutti i lavoratori, in Italia ed in Europa: La guerra si può fermare, se i lavoratori, uniti, lo vogliono. M.V.
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