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Da "Umanità Nova" n.16 del 9 maggio 1999
Primo maggio a Torino
Polizia Etnica
Credo che sia bene, come sempre, tenersi ai fatti e, poi, tentare alcune
interpretazioni.
Il corteo del primo maggio a Torino si è svolto in un clima di tensione
assolutamente scontato.
Stefano Esposito, responsabile degli Enti Locali della Federazione Provinciale
dei DS e capo del servizio di sorveglianza del partito al corteo, dichiara a
"La Repubblica" del 3 maggio: "Sapevamo che le frange (sic) dell'autonomia
volevano lo scontro, credo che la loro intenzione fosse quella di colpire
Luciano Violante con le uova."
Sullo stesso numero del giornale, Meo Ponte, nell'articolo "Botte e molotov su
pace e lavoro" afferma: " ...da giorni si vociferava che il corteo per la festa
dei lavoratori sarebbe stata un'occasione per la resa dei conti tra le diverse
anime della sinistra torinese... In piazza quindi sabato mattina tutti ci sono
andati sapendo quello che aleggiava sul corteo e, nel clima di palese tensione,
si sono notati i nodosi bastoni dei diversi servizi d'ordine."
Oltre ai "nodosi bastoni" dei servizi d'ordine c'erano, molto visibili, i meno
nodosi ma decisamente più efficaci manganelli e fucili della polizia in
assetto di guerra.
Dunque, si vociferava che vi sarebbero state tensioni e la polizia ha
provveduto a rendere vere le voci in misura assolutamente superiore alle
previsioni.
Dall'inizio del corteo il settore organizzato dai centri sociali è stato
isolato, gli si è impedito di sfilare ponendo un cordone di polizia fra
i giovani dei centri sociali e il resto della piazza e, appena hanno cercato di
muoversi, vi sono state cariche, scontri e tafferugli vari.
L'operazione della polizia è stata decisamente efficace e, infatti, in
realtà gli scontri sono stati abbastanza limitati. Dopo la
manifestazione, in Via Po, si notava qualche macchia di vernice e qualche vetro
infranto ma, a meno di non delirare, non vi è stata alcuna mattinata di
guerriglia urbana.
A conferma di quanto si è detto basta pensare che il grosso del corteo,
sia la componente filogovernativa, dai DS ai cossuttiani, che quella critica
nei confronti delle scelte del governo, non è stato direttamente
coinvolto negli scontri anche se ne ha vissuto i riflessi e la tensione e molti
compagni hanno cercato di alleggerire la tensione della polizia sui centri
sociali.
Il PRC, in particolare, si è trovato dilacerato fra due esigenze
diverse: quella di non confondersi con i centri sociali e quella di offrire
loro una qualche copertura per tenere aperto un dialogo funzionale alla sua
scelta di porsi come rappresentanza istituzionale dei movimenti non
istituzionali.
Questa duplice esigenza lo pone oggi in una situazione difficile. Alberto
Nigra, segretario provinciale dei DS, afferma, sempre su "La Repubblica" del 3
maggio:
"Tutto quello che è accaduto sabato dimostra che ormai c'è un
salto di qualità da parte di certe frange autonome. È grave
l'atteggiamento di alcuni settori di Rifondazione che invece di prendere le
distanze da chi ha provocato gli incidenti, hanno scelto un atteggiamento
ambiguo che è indice di scarsa lucidità politica."
In estrema sintesi: a Torino, il primo maggio, la polizia è intervenuta
con forza, a dir suo sulla base di voci che circolavano, per impedire a settori
del corteo di contestare i DS ed i cossuttiani.
Come da consolidata tradizione, coloro che si sono vista negata la
possibilità di manifestare il proprio punto di vista vengono indicati
come i colpevoli delle violenze mentre chi appoggia il governo della guerra si
presenta come amante della pace e della libertà di espressione. Nulla di
nuovo ma è bene ricordarlo.
Le forze politiche del centro sinistra non si accontentano di criminalizzare i
centri sociali ma colgono l'occasione per mettere all'angolo il PRC colpevole,
ai loro occhi, di tenere aperto il dialogo con la sinistra non istituzionale.
I problemi del PRC non sono, ovviamente, i nostri ma credo sia il caso di
rimarcare che non è sempre facile tenere il piede in due scarpe a
prescindere dalla buona fede dei singoli militanti di questo partito.
Finito il corteo sono avvenuti i fatti più gravi. Il CSOA Askatasuna
è stato attaccato mentre si svolgeva all'interno un normale pranzo del
primo maggio, il centro sociale è stato devastato, più di 90
persone sono state fermate all'interno (nel merito pubblichiamo una
testimonianza diretta), circa 120 persone sono state denunciate per gli
scontri.
Ritengo che alcune considerazioni generali a questo punto vadano fatte:
a Torino abbiamo verificato quello che, in linea di principio, sappiamo
da sempre: la guerra all'esterno diviene guerra all'interno. Guerra contro i
dissidenti, l'opposizione sociale, chi sta fuori dal coro;
i DS e i cossuttiani, forse i cossuttiani ancora più dei DS, non
sopportano che vengano loro ricordate alcune cose assai semplici come il fatto
che il loro arruolamento nelle truppe ausiliare della NATO è, a dir
poco, indecente. Non va dimenticato che il Ministro di Grazia e Giustizia si
chiama Oliviero Diliberto e che Marco Rizzo, deputato cossuttiano torinese,
è stato pesantemente contestato nelle ultime settimane con slogan non
proprio affettuosi. Hanno, quindi, usato i fatti di Torino per ribaltare o,
almeno, tentare di ribaltare la realtà dei fatti e per presentarsi come
le vittime dei malvagi militanti dei centri sociali:
le aree politiche e sociali più direttamente coinvolte negli
scontri hanno patito di un isolamento assolutamente grave. Piaccia o meno, gran
parte dei manifestanti non sentiva l'esigenza di uno scontro politico radicale
con DS e cossuttiani. Questo isolamento ha facilitato la manovra della polizia
e deve indurre ad una riflessione seria sulla necessità che una critica
al governo della sinistra con l'elmetto si allarghi ma anche sui terreni
più adatti a questa battaglia politica. La piazza non è l'unico
luogo per sviluppare la critica alla politica del governo soprattutto se questa
critica non ha coinvolto e convinto settori larghi di lavoratori, studenti,
cittadini e la mobilitazione, pur generosa, nelle manifestazioni non può
sostituire un'iniziativa politica sociale e sindacale più articolata ed
efficace.
Ma questo è un problema diverso che va affrontato nelle sedi adeguate.
Oggi si tratta di denunciare quanto è avvenuto e di lavorare per
rilanciare l'iniziativa.
Guido Giovannetti
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