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Da "Umanità Nova" n.16 del 9 maggio 1999
Governo
Gli incubi di Massimino
Diciamolo: l'uomo è stanco. Il capello è ingrigito, il baffetto
floscio, l'occhio un po' vitreo. Troppi crucci, troppe grane: una guerra alle
porte di casa, un patto sociale che scricchiola, uno sviluppo economico
insufficiente, l'occupazione che latita e poi i problemi europei, la NATO, la
bolletta del gas da pagare, l'acidità di stomaco e così via.
Questa è ormai la vita tormentata del presidente del consiglio del primo
governo delle "sinistre". Anche un po' di sfortuna però; si insedia, con
il beneplacito del grande capitale, per mettere un po' d'ordine nel marasma
italico, per tenere al loro posto quei buzzurri di lavoratori che vorrebbero un
lavoro stabile e un po' più di soldi, per accontentare i suoi padroni e
ingrassare i loro profitti, per smantellare i resti del Welfare state, ma non
appena ha messo insieme uno straccio di patto sociale con i ras mafiosi del
sindacato confederale gli va a capitare un putiferio nei Balcani. Guarda caso
c'è di mezzo l'Albania - una specie di cortile di casa dove gli
industrialotti italiani hanno trovato carne da lavoro a poco prezzo - e la
Serbia con la quale il capitale italiano mantiene rapporti economici rilevanti.
Dall'altra parte però c'è quel vecchio porco di zio Bill che -
anche per mettere un poco in difficoltà l'Europa - spinge sul pedale
dell'acceleratore e usa Aviano come se fosse lo stuoino di casa sua. Che fare?
I disciplinati sostenitori della NATO e della sua guerra "umanitaria" (sperando
che nessuno si ricordi quando il PCI rivendicava l'uscita dell'Italia
dall'Alleanza Atlantica) o provare a fare i furbetti italici che tengono il
piede in due o tre scarpe diverse? E poi, che scocciatura quel fanatico di
Blair che supera gli americani per cipiglio guerriero. E Jospin e Schroeder che
dicono? Manderanno il loro fanti a liberare il Kosovo? E i generali italioti
che diranno? E la base, lo "zoccolo duro" del partito, capirà
l'intervento? E quel deficiente di Veltroni, non combinerà dei disastri?
Che casino! Come uscirne?
C'è da dire però, a onor del vero, che il buon Massimino ce
l'aveva quasi fatta e con stile. Da un lato mandando gli italici velivoli a
partecipare ai bombardamenti e mantenendo, ovviamente, cordiali relazioni con
Belgrado; dall'altro con la simpatica operazione Arcobaleno che salva la
coscienza e consente, al contempo, lucrosi affari e di consolidare il
protettorato sull'Albania; da un altro ancora, infine, depotenziando una
possibile uscita dal governo di Cossutta con la prospettiva di un "governo di
guerra", assoldando i lanzichenecchi di Berlusconi. Ma il vero colpo di genio
è stata la manifestazione dei centomila diessini del 25 aprile: una
possibilità di dissenso interno al partito trasformata in un appoggio
alla guerra "umanitaria".
C'era dunque quasi riuscito ma sono arrivati i dati sulla produzione e
sull'occupazione: le cose non vanno, il patto sociale non funziona bene, la
concertazione rischia di fallire, i metalmeccanici scioperano. Bisogna dunque
correre ai ripari, riconcertare, ripatteggiare, assumere più poteri come
esecutivo senza dare l'impressione di esautorare il parlamento. Che fatica!
Ma non ti preoccupare Massimino, ce la puoi fare, anche perché noi siamo
dalla tua parte. Ti sosteniamo perché sei la prova vivente
dell'esattezza di alcune cose che abbiamo sempre detto. Tu sei la dimostrazione
scientifica che le "socialdemocrazie" sono le ancelle e le servitrici
più fedeli e preziose del grande capitale. Se qualcuno può
portarci al disastro, magari con contorno di leggi repressive e stato
d'emergenza, con buone prospettive di una bella guerra imperialista, questo sei
tu Massimino. E poi, per finire, sei la prova vivente delle teorie
sull'evoluzione di una certa specie politica: dallo stalinismo al togliattismo,
al d'alemismo. Nell'invarianza dell'opportunismo, le mille forme variopinte
della pratica arrogante del potere e del servilismo verso il capitale. Non
potremmo mai fare a meno di te, compagno presidente. Ci fai schifo, ma ti
vogliamo bene perché tieni viva la nostra rabbia verso tutto quello che
rappresenti.
Guglielmo del Surrey
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