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Da "Umanità Nova" n.17 del 16 maggio 1999

Barbarie nazionalista e militarista

I massicci bombardamenti della NATO hanno avuto l'effetto di accelerare la pulizia etnica iniziata da Milosevic nel Kosovo, facendo ricadere le conseguenze sulla popolazione civile serba e non sulla classe dirigente nazionalista e fascista di quel paese. Esecuzioni sommarie, stupri, massacri, terrore di massa sono il destino quotidiano della popolazione di origine albanese. Queste ignobili azioni sono compiute da poliziotti, militari e milizie serbe. Sull'altra sponda, non bisogna dimenticare che fin dai primi mesi del 1998 i militari dell'UCK hanno applicato l'assassinio e il rapimento nei confronti non solo di poliziotti e militari ma anche verso la popolazione civile serba. Ancora una volta il militarismo e il nazionalismo hanno mostrato il loro vero volto, quello della barbarie. Di fronte alla bestiale pulizia etnica e ai bombardamenti della NATO, alla popolazione di origine albanese non è rimasto che fuggire, così come fecero negli anni passati le centinaia di migliaia di profughi provocati dalle milizie nazionaliste e fasciste che si sono combattute in Croazia e in Bosnia. Lo Stato serbo è uno Stato autoritario che ha meticolosamente sradicato ogni opposizione sociale prima di lanciarsi nell'ennesima avventura militarista. Ma non bisogna dimenticare che nella ex- Jugoslavia la Serbia non è un'eccezione, perché altri regimi non sono meno autoritari, basti pensare alla Croazia del padre-padrone Tudjman, alla Macedonia preda dei nazionalisti, al Montenegro legato ai poteri mafiosi.

Dal fallimento del comunismo e del liberalismo...

Questa situazione si è cristallizzata grazie all'azione di due ideologie egualmente criminali. Da una parte il comunismo di Stato che si è mantenuto al potere in Jugoslavia schiacciando tutte le organizzazioni e gli individui che non si allineavano con il partito unico (la Lega dei comunisti) e giocando sul nazionalismo di ognuna delle comunità che costituivano lo Stato federale. Dall'altra il liberalismo che, dopo l'implosione del blocco comunista, è stato presentato come l'unica alternativa possibile.

Il fallimento di questi due sistemi ha aperto la strada alla demagogia nazionalista e al razzismo di Stato ai quali si sono aggrappate popolazioni totalmente destabilizzate dagli sconvolgimenti economici e sociali provocati da questi anni di transizione e mutazione. Di questa situazione ha approfittato una minoranza, spesso costituita da ex-dirigenti comunisti riciclatisi dal capitalismo di Stato a quello privato. In questi giorni si è molto parlato delle fortune accumulate da Milosevic e dai suoi familiari ma non bisogna dimenticare, per esempio, che nella vicina Croazia è la famiglia Tudjman ad aver fatto man bassa delle proprietà ex-statali. E Milosevic e Tudjman sono stati fino agli anni `80 influenti dirigenti comunisti. Il nazionalismo è stato l'ultima risorsa per un potere incapace di venire a capo di una crisi economica che ha provocato un impoverimento generalizzato della popolazione. La guerra interetnica che dilania la ex-Jugoslavia dal 1991 ha permesso ai "nuovi" poteri di rafforzarsi a danno delle popolazioni bosniache, kosovare, serbe e croate che hanno pagato il prezzo di una tale logica. Della guerra hanno approfittato solo i regimi nazionalisti, gli uomini d'affari, i poteri mafiosi, i mercanti di cannoni, i militari...

... all'intervento armato dei gendarmi del mondo!

La crisi kosovara si è trascinata per lungo tempo nella quasi totale indifferenza internazionale. La crescente repressione cui il regime di Belgrado ha sottoposto la popolazione di origine albanese negli ultimi dieci anni è passata quasi inosservata e finché la leadership dei kosovari è stata mantenuta dai nazionalisti moderati di Rugova le cancellerie europee e americane si sono disinteressate del problema. Non bisogna dimenticare che fino a pochi mesi fa, Milosevic, ora definito il nuovo Hitler, era considerato elemento di stabilizzazione dell'area balcanica. Ci troviamo di fronte ad una situazione simile a quella irachena dove Saddam Hussein viene tenuto volutamente al potere.

La crescita di una nazionalismo kosovaro radicale, aggregatosi attorno all'UCK, ha fatto però rapidamente precipitare gli avvenimenti. Ancora una volta i nazionalismi si sono al tempo stesso dilaniati ma anche sostenuti e alimentati l'un l'altro. E' evidente, ad esempio, come la guerra nel Kosovo abbia cementato il potere di un criminale come Milosevic, ponendo in difficoltà ogni residua forma di opposizione.

Il radicalizzarsi dello scontro nel Kosovo e il rischio di una sua propagazione alle regioni vicine sono state la vera causa dell'intervento armato degli americani, preoccupati di mantenere il controllo nell'area balcanica. Il "lavoro sporco" è stato affidato naturalmente alla NATO.

Come sempre sono i più poveri a pagare il prezzo più alto della guerra. Lontano da tutte le preoccupazioni umanitarie, l'intervento guerriero della NATO ha un unico obiettivo finale: confermare il suo ruolo di gendarme del mondo che difende gli interessi dell'attuale sistema economico, politico e sociale. Di fronte all'intervento militare della NATO a cui seguiranno "soluzioni" che lasceranno immutato lo sfruttamento cui sono sottoposte le popolazioni, tanto in Serbia che nel Kosovo, dobbiamo batterci per la cessazione immediata dei bombardamenti della NATO, esigendo l'apertura delle frontiere in modo che le vittime della pulizia etnica e dei bombardamenti possano liberamente rifugiarsi in Italia e negli altri paesi europei. Dobbiamo anche riaffermare la nostra solidarietà verso tutti i disertori e renitenti e chiedere che venga loro riconosciuto lo status di rifugiato politico.

Malori



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