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Da "Umanità Nova" n.17 del 16 maggio 1999

Torino, sabato 8 maggio 1999
In corteo contro la repressione

Come è facile immaginare per chiunque abbia seguito i fatti avvenuti il primo maggio la manifestazione contro la guerra e l'aggressione della polizia al Centro Sociale Askatasuna che si è tenuta l'8 maggio aveva i caratteri di una prima, parziale e necessaria risposta ad una situazione decisamente difficile.

Il corteo era indetto dai tre centri sociali torinesi (Askatasuna, Gabrio, Murazzi) e vedeva l'adesione della FAI oltre che la presenza di diverse forze politiche e di militanti della sinistra a titolo individuale.

Nonostante le difficoltà ed il clima pesante che caratterizza la bella città di Torino la manifestazione ha visto la presenza di circa 2500 persone, per la maggior parte dell'area dei centri sociali ma anche della sinistra non istituzionale e semistituzionale.

Il corteo è stato vivace e combattivo, si notava la presenza di gruppi di compagni di altre città sia dell'area dei centri sociali che della FAI.

La polizia ha tenuto un comportamento morbido e non ha ripetuto le imprese del sabato precedente.

Questo stile democratico è abbastanza facile da capire. La denuncia delle violenze della polizia è stata abbastanza efficace e, soprattutto, non c'era da tutelare la tranquillità dei DS e dei cossuttiani. È, poi, una tradizione torinese che ad una manifestazione vivace ne segua una tranquilla.

La manifestazione è stata, fra l'altro, un'occasione per propagandare lo sciopero contro la guerra di giovedì 13 maggio, sciopero che si va costruendo, fra molte difficoltà, con un discreto impegno.

La presenza della FAI è stata più che dignitosa ed è stato distribuito un volantino che riassume il punto di vista dei compagni di Torino oltre che sulla guerra sulla situazione determinatasi in città nelle ultime settimane.

Ribadito che il corteo è stato un discreto successo, alcuni nodi politici restano aperti. Proverò a riassumerli:

- il concentrarsi dell'attenzione sugli scontri del primo maggio è inevitabile ma non ha aiutato la campagna contro la guerra;

- i centri sociali, di fronte all'attacco repressivo, sembrano tendere alla ricerca di un tutoraggio politico da parte del PRC che, peraltro, grazie all'attacco che subisce ad opera del centro sinistra si può proporre come forza politica attenta alle dinamiche di movimento;

- ancora una volta, un certo estremismo dei comportamenti non si accompagna necessariamente alla radicalità delle proposte da parte di settori di movimento che pure dovrebbero aver maturato una rottura netta con le logiche istituzionali.

Vi sono, insomma, problemi di linea politica e problemi di referente sociale. C'è il rischio che, in questa situazione, i centri sociali si limitino ad aggregare un'area giovanile putiferiante e i sindacati alternativi settori di lavoratori combattivi di minoranza lasciando alle forze politiche istituzionali il compito di dare all'opposizione sociale una sorta di rappresentanza nelle istituzioni.

Si tratta di un problema politico da non sottovalutare e rispetto al quale va misurata anche la nostra stessa iniziativa politica.

Uno che, raffreddato, c'era



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