unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.18 del 23 maggio 1999

Pensioni
In arrivo nuovi tagli

Lunedì 10 maggio il quotidiano della Confindustria riportava la relazione della Ragioneria dello Stato: nel '98 la gestione della previdenza (lavoratori dipendenti privati e pubblici, autonomi) ha registrato un disavanzo di 74 mila miliardi di lire, fra le entrate e le uscite nelle casse degli enti di previdenza.

La formulazione riportata nell'articolo suggerisce che tale disavanzo sia di cassa, vale a dire derivante da entrate e uscite verificatesi nel'98 ma riferite operazioni relative ad anni diversi. Ad esempio, una grande azienda (ma anche un artigiano) può trovare più conveniente non pagare o ritardare il pagamento dei contributi, provocando un buco nella cassa, anche se il bilancio di competenza è in attivo; allo stesso modo opera la riforma Dini: spostando in avanti l'uscita dal mondo del lavoro di chi ha maturato la pensione di anzianità, concentra uscite di cassa che sono di competenza di altri anni.

Anche prendendo per buone le cifre che ci vengono propinate, cioè che la previdenza sia strutturalmente in deficit per 74 mila miliardi, la via di uscita scelta dal Governo, e sigillata dalla nomina di Ciampi a presidente della repubblica, è quella di scaricare questo deficit sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati.

Quello di cui si parla, tenuto conto che i lavoratori dipendenti sono circa 16 milioni e gli autonomi 5 milioni e trecentomila, è una manovra annua o di diminuzione delle prestazioni o di aumento dei contributi di tre milioni e mezzo a testa, per sollevare lo Stato da questi oneri.

E' chiaro che su queste cifre non è possibile alcuna ricomposizione sociale: in un modo o nell'altro viene ridotto duramente il reddito; lo stesso luogo comune che i diritti acquisiti saranno salvaguardati perde ogni credibilità. Non solo: una riduzione del reddito di queste dimensioni si ripercuoterà inevitabilmente sul mercato, riducendo i già risicati sbocchi alla produzione italiana.

Il programma dell'alleanza antiproletaria che si è formata tra Governo, capitalisti, partiti e sindacati di Stato, trae origine dalla crisi in cui si dibatte l'economia italiana, dall'incapacità di generare profitto; per risolvere questa crisi il Governo si impegna in un ulteriore, drastico taglio del reddito proletario; da qui la necessità di smantellare ogni possibilità di reazione da parte del movimento operaio, quindi limitazione del diritto di sciopero, attacco alla libertà di organizzazione sindacale, repressione, più o meno aperta, di ogni forma di opposizione. Al termine di questo percorso, della miseria, della repressione, della limitazione della libertà, la crisi economica sarà ancora più grave che al punto di partenza.

La difesa della libertà è quindi indissolubilmente unita alla lotta contro l'intervento del Governo nello scontro di classe, alla lotta per la difesa del reddito proletario. Accontentarsi della pregiudiziale antifascista o "pacifista" da parte di chi si prepara a tagliare il reddito proletario e ad attaccare il diritto di sciopero e la libertà di organizzazione, è la classica foglia di fico della sinistra che non riesce a liberarsi della subordinazione agli interessi capitalistici.

Tiziano Antonelli



Contenuti UNa storia in edicola archivio comunicati a-links


Redazione: fat@inrete.it Web: uenne@ecn.org