![]() Da "Umanità Nova" n.19 del 30 maggio 1999 Il terrorismo e lo statoUna delle migliori definizioni del problema che circolava negli anni '70 affermava: "Che cos'è, in fondo, lo stato se non una forma di terrorismo su grande scala? E che cos'è il terrorismo se non uno stato in formazione?"
L'uccisione di D'Antona ci pone di fronte ad un evento che ha i caratteri della ripetizione quasi meccanica di dinamiche che hanno caratterizzato la fine degli anni '70. La reazione delle forze istituzionali, in primo luogo, ripete schemi assolutamente prevedibili: l'unità della destra e della sinistra contro il terrorismo, la caccia ai dissidenti, la pletora di esperti o presunti tali che devono spiegare al buon popolo in cosa consiste il terrorismo, quali siano le aree di sostegno, quali le dinamiche sociali che lo favoriscono e via vaneggiando. Appena al di sotto e, a volte, nemmeno al di sotto del cordoglio ufficiale ed unificante si scatenano regolamenti di conti che oscillano fra il ridicolo ed il disgustoso. Fra tutti, e non a caso, si distinguono gli stalino togliattiani del PdCI che hanno finalmente, per loro, trovato modo per distinguersi nel ruolo di difensori delle istituzioni e di cacciatori di fiancheggiatori e, senza nemmeno rendersi conto della bizzarria della cosa, attribuiscono il ruolo di sponsor del terrorismo al PRC nel quale hanno militato sino a qualche mese addietro. Il buon Cossutta, insomma, rinverdisce i fasti del PCI degli anni '70, di quel PCI che, al fine di far dimenticare i suoi trascorsi, si assunse il compito di baluardo dello stato non solo e non tanto contro il terrorismo quanto contro i movimenti di opposizione sociale dell'epoca. La sardina cossuttiana cerca di riprendere il ruolo della balena berlingueriana sotto lo sguardo benevolo dei DS che possono permettersi il ruolo di uomini d'ordine più equilibrati dei servi sciocchi del PdCI. Le ragioni di costoro sono note (regolare i conti con il PRC) e non meritano ulteriori discorsi. Chi cerca, con maggiori risorse, di trarre vantaggio dalla nuova situazione è il centro sinistra in generale e i DS in particolare che possono, in un colpo solo:
Se non fossimo avversari decisi della teoria dell' "a chi giova?" dovremmo pensare che chi ha interesse alla ripresa delle BR è il governo e che il governo le ha suscitate.
La destra si trova in questo momento in una situazione non favorevole, può, infatti, porsi come partito d'ordine a fronte di un presunto lassismo del governo ma non può attaccare troppo il governo per non apparire irresponsabile di fronte al clima di unità nazionale che l'emergenza impone. In realtà oggi il vero partito dell'ordine ha uno spazio di non poco conto ed è incarnato dalla magistratura, dalla polizia e dai loro supporter che riprendono spazio e chiamano il buon popolo alla caccia al deviante, all'irresponsabile, al complice delle BR. Già i giornalisti poliziotti si vanno distinguendo in accenni ai centri sociali, ai sindacati di base, alla sinistra non conformista. C'è stato persino chi ha visto nelle BR un'emanazione dei servizi serbi ed ha collocato la loro nascita nell'ambito della guerra dei Balcani. Insomma, nulla di nuovo sotto il sole. Per quel che riguarda le "nuove" BR non c'è molto da dire appunto perché lasciamo ad altri il mestiere dell'"esperto" in terrorismo. Qualcosa si può dire, invece, sulla logica sociale che sta alla base di azioni come quella dalla quale ha preso l'avvio l'attuale clima politico. L'idea che un'organizzazione di minoranza possa sostituire l'azione delle classi subalterne nella lotta antipadronale ed antistatale non è né nuova né originale. È, anzi, il prodotto delle difficoltà dei movimenti sociali di opposizione e del resistere tenace di una tradizione partitista, gerarchica, autoritaria. Un proletariato passivo e diviso avrebbe bisogno, secondo i nostri eroi, di una direzione forte, dura, potente. Costoro non notano, però, o fanno finta di non notare, che la forza alla quale ritengono di far riferimento è loro fornita proprio da quel sistema dell'informazione che pretendono di combattere. Ed è puramente virtuale. Gli stessi media che non hanno dedicato che pochi accenni allo sciopero contro la guerra del 13 maggio si sprecano in articolesse sulla loro azione. Decine di mobilitazioni, centinaia di migliaia di lavoratori in sciopero e decine di migliaia in manifestazione non esistono per il potere mentre un omicidio che ha richiesto l'impegno di un gruppo "rivoluzionari" è centrale nel dibattito politico istituzionale. Chi non sia accecato dall'informazione dovrebbe porsi qualche domanda nel merito ma non è probabile che lo faccia chi fa del disprezzo per l'autorganizzazione di classe il suo tratto distintivo. Per quel che riguarda il movimento libertario e l'opposizione sociale, si tratta di non farsi sottrarre tempo ed energie e di proseguire con chiarezza, forza e determinazione sul percorso dell'azione diretta e di massa. CMS
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