![]() Da "Umanità Nova" n.20 del 6 giugno 1999 Da Oppositori, a Terroristi, a TraditoriIl clima che si è creato all'indomani dell'assassinio di Massimo D'Antona rispecchia in pieno i programmi di uno Stato obbligato a trovare forme di adesione e sostegno alla propria politica guerrafondaia, perché finora non solo non ha saputo convincere l'intera opinione pubblica circa l'opportunità di vincere il "nemico", ma -- al contrario -- si è fatta "nemica" una quota importante della propria base elettorale, rivilitalizzando per di più un'opposizione sociale fin qui tenuta ai margini ed emarginata. Di sicuro lo sciopero del 13 maggio promosso dai sindacati autogestiti ha dimostrato che la forza di uscire da posizioni autorefenziali non solo è presente, ma è soprattutto temuta dalla componente politica dello Stato, da sempre abituata a giocare la partita conoscendo in anticipo le carte del proprio avversario, in modo da preventivare le eventuali "perdite", grazie a mirate concessioni di legittimità alla controparte. Senonché -- in una fase di guerra aperta -- i margini di tempo e di spazio per riprogrammare il "recupero" del malumore, della forte preoccupazione e della sentita estraneità ai giochi politici da parte di un composito e variegato fronte sociale interno, si sono necessariamente ridotti ad una sola opzione: l'individuazione di un nemico interno. Ecco allora puntuale l'impiego di tutti i mezzi necessari a confezionare, identificare e fagocitare gli elementi più consoni per instaurare nella parte avversa un clima di sospetto tale da scatenare preoccupazione in chi finora ha reputato corretto e giusto il grido di denuncia contro una politica di guerra che -- ad oltre due mesi dall'inizio del conflitto -- ha ormai perso i suoi connotati di "intervento umanitario" anche presso i più incalliti difensori delle democrazie occidentali. Così da oppositori fino a ieri ignorati dai mass-media, è stato deciso di annoverarci fra i probabili terroristi di oggi ed i futuri traditori di domani, rispettando appieno il diktat che in tempo di guerra tutti i fedeli servitori dello Stato devono esser pronti a sparare. Cosicché se ai più è ormai concessa la licenza di "sparar cazzate", ad altri è imposto il silenzio per meglio ordire e tramare. Ma questa volta il tempo e lo spazio non gioca a loro favore. Non fintantoché sapremo ancora presentarci pubblicamente e difendere le nostre idee libertarie, antimilitariste, anarchiche dovunque ve ne sarà bisogno, soprattutto nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nel territorio, difendendo con tenacia la libertà di associazione, espressione, partecipazione ad un progetto di trasformazione sociale che non è il loro. Non è dello Stato. Non è delle Brigate Rosse.
Contro lo Stato Commissione di Corrispondenza della FAI
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