Da "Umanità Nova" n.20 del 6 giugno 1999
Finalmente ce l'hanno fatta...
Una legge contro le donne
A colpi di norme su norme si è arrivati con la seduta del 20 maggio `99
della Camera ad approvare quello che se passerà in Senato,
diventerà il testo definitivo della legge sulla cosiddetta procreazione
medicalmente assistita.
Nel tentativo di risalire al percorso avuto da questo "aborto normativo", mi
sono trovata sommersa da una miriade di proposte di legge che dal '96 ad oggi
si sono susseguite nel dibattito parlamentare, ognuna delle quali, mirava a
soddisfare le bandiere di principio dei singoli gruppi parlamentari.
Appare chiaro che non solo di procreazione assistita si parla, infatti il testo
unificato delle proposte di legge presentate (ben 20!), in seguito
all'approvazione di vari emendamenti e subemendamenti, entra a pieno titolo nel
merito del riconoscimento/rispetto dell'embrione umano e della sua
tutela/difesa sul piano giuridico.
Allucinante per non dire tragico, l'acceso dibattito circa il comma 4 dell'art.
16 che così recita: "le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto
conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall' art. 7
comma 3 (circa le linee - guida da aggiornare costantemente, in rapporto
all'evoluzione tecnico-scientifica di cui sopra) devono tendere a creare il
numero di embrioni necessari ad un unico impianto, comunque non superiori a
quattro". Bene, su questo il dibattito si è tediato per ore sul numero
di embrioni "necessari", numero variabile da 1 (On.Pivetti) a 4 (On.Buffo).
Ovvio quindi pensare che ben poco peso hanno avuto le indicazioni di tipo
medico-scientifico. Ma ancor meno peso avranno le scelte e la volontà
delle donne che ancora una volta saranno sottoposte a bombardamenti
farmacologici inutili ed eccessivi.
Inoltre, sempre l'art. 16, quello relativo alla sperimentazione sugli embrioni
umani che maggiormente ha subìto trasformazioni in seguito agli
emendamenti presentati, rappresenta a mio avviso un brillante esempio di
assemblaggio malriuscito, frutto di mediazioni insostenibili.
Essendo passato l'emendamento che giudica essere di tre il numero di embrioni
strettamente necessario ad un unico impianto, si afferma che essendo ogni
embrione destinato alla nascita, questo numero "dovrebbe" conseguentemente
impedire la sussistenza di embrioni residui (oltre a quelli ovviamente
finalizzati alla fecondazione). A scanso di equivoci e qui viene il bello,
è vietato l'aborto selettivo di gravidanze plurigemellari.
Riguardo alle sanzioni penali, sono previste pene che variano da un minimo di
due anni, per chi ad esempio applica tecniche di procreazione assistita su
soggetti che non hanno i requisiti previsti dalla legge (maggiore età,
sesso diverso, coppie coniugate o stabilmente legate da convivenza in
età potenzialmente fertile e comunque non superiore ai 52 anni), sino a
dodici anni per chi, ad esempio, compie la fecondazione di un gamete umano con
un gamete di una specie diversa e la produzione di ibridi.
A questo si aggiungono sanzioni amministrative che vanno dai venticinque ai
trecento milioni e l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione a
seconda della gravità dell'inosservanza.
Dulcis in fundo vi è il solito articoletto (21) che contempla
l'obiezione di coscienza per il personale medico-sanitario che non è
tenuto a prendere parte alle procedure per l'applicazione delle tecniche di
procreazione, con il conseguente rischio che, dopo aver osservato tutto il
delirio di pratiche, aver subìto le numerose visite di tipo invasivo, le
indagini di tipo psicologico, ci si trovi di fronte a strutture che non sono
oggettivamente in grado di effettuare l'intervento in tempi brevi.
Appare infine chiaro che la tutela della salute della donna non è che un
fatto del tutto marginale, come del tutto inesistente è stato il
dibattito circa lo sviluppo delle strutture e dei servizi sociali che,
istituiti dalle regioni, dovrebbero fornire: informazione, consulenza ed
assistenza riguardo ai problemi di sterilità ed infertilità ed
alle loro cause. Quella che viene indicata come "ultima eventuale scelta" non
prevede però nella sua fase precedente alcuna reale possibilità
di accesso a strutture che al momento esistono in gran parte solo sulla carta.
Vi saranno invece sicuri e congrui stanziamenti a favore dei Centri di Raccolta
e di Conservazione dei Gameti che verranno autorizzati dalle Regioni, in
seguito a criteri di "affidabilità" definiti dal Ministero della
Sanità, unitamente all'Istituto Superiore di Sanità (è
autorizzata la spesa di 10 miliardi annui a decorrere dall'esercizio
finanziario 1998)
L'idea di fondo di questa legge è che non può essere la donna a
decidere quando, come, con chi avere un figlio: l'unica che invece deve essere
voce autorevole sulla decisione di maternità.
Inoltre è del tutto certo, in considerazione della continua
necessità di ribadire i diritti del nascituro fin dal suo status di
embrione e dell'altra più credibile necessità di ricreare
alleanze istituzionali che garantiscano il perdurare di un governo e di un
sistema di potere che nessuno, al momento pare interessato a far cadere, che in
seguito a questa legge se ne rimetterà ben presto in discussione
un'altra, la storica e ben nota 194, a questo punto del tutto anacronistica
rispetto ai valori difesi in questa sinora trattata...
La sbandierata difesa della vita non è in effetti altro che difesa della
famiglia, rinnovato controllo sul corpo della donna e suo ritorno al ruolo di
madre, contenitrice di figli fatti nascere secondo i voleri, i desideri e le
modalità scelte da altri.
Ed io confesso che vengo assalita da una certa tristezza al pensiero di dover
fare diventare la 194 il baluardo di domani quando sino a ieri ha rappresentato
un altro bell'esempio di obbrobrio normativo.
Teniamo duro sorelle!
Morgana
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