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Da "Umanità Nova" n.21 del 13 giugno 1999

Stranamore alle trattative
Una bella guerra rimette le cose a posto

Mentre scriviamo non è ancora chiaro se i bombardamenti NATO sulla federazione jugoslava saranno definitivamente sospesi e se si andrà, per così dire, ad una "soluzione negoziata" della questione Kosovo o se il macello nei Balcani andrà avanti ancora per un tempo indefinito. I segnali che percepiamo - come la frenetica attività di diplomazie e grandi mediatori - fanno propendere per la prima ipotesi. Assumiamo dunque - anche per amore dei turisti tedeschi e degli albergatori riminesi - che le azioni di guerra siano destinate a cessare di qui a breve e cerchiamo di trarre qualche insegnamento dalle recenti vicende.

Come dice il vecchio proverbio: non tutti i mali vengono per nuocere. Non possiamo infatti sottacere alcuni aspetti positivi che emergono dalle pur tragiche vicende balcaniche.

Il primo è la certezza del diritto internazionale. Non più noiose discussioni tra esperti e giureconsulti sui diritti dei popoli e delle nazioni, dall'esito incerto, ma due fondamentali parametri: le disavventure politiche e personali del Clinton di turno e il buon diritto di oleodotti e metanodotti a transitare dove gli pare e dove è più conveniente. Nell'inapplicabilità di questi due parametri valgono i seguenti principi subordinati: "Fate quello che cazzo vi pare, ma senza troppo baccano" in generale e "Se non fai come dico ti tiro una bomba in testa" nei rapporti diretti tra Stati.

Il secondo è la veridicità del detto "La guerra è l'igiene del mondo" già scioccamente avversato da pacifisti e gente di sinistra. I Balcani si sa sono paesi un po' sporchi, alla tradizionale sciatteria di quelle genti si era aggiunta la pessima abitudine di fare "pulizie" con mezzi inadeguati come mitra e pistole con il risultato di cospargere l'ambiente di poco salubri fosse comuni, pericolose mine anti-uomo, bossoli vari e antiestetiche case bruciate. Ci voleva una pulizia vera, una sterilizzazione all'uranio impoverito preceduta da bombardamenti a tappeto che, spopolandolo, eliminasse nel Kosovo ogni futuro problema di etnie contrapposte.

Il terzo è la difesa dei principi democratici, la patente di democraticità dei regimi o di dittatura. Avendo fatto un po' di casino in passato su questo argomento (citiamo alla rinfusa un po' di eroi del bene e del male del passato recente transitati da un campo all'altro e viceversa: Saddam, Gheddafi, Pinochet, Noriega, Tudjiman e chi più ne ha ne metta) era necessario, da parte del consesso delle democrazie occidentali, stabilire principi certi - ben più netti dei soliti formalismi (elezioni, colpi di stato, repressioni e stragi degli oppositori) - come ad esempio: "Dittatura è il governo di quel paese che si oppone ostinatamente alle sorti progressive del capitalismo occidentale rivendicando una qualche sorta di autonomia e che soprattutto possa essere bombardato facilmente".

Il quarto è il ruolo delle socialdemocrazie europee, ancelle di un polo imperialista che stenta a decollare, almeno sul piano militare. Rimaneva qualche dubbio che i vari D'Alema, Jospin, Blair, Schroeder fossero degli imbelli, delle mammolette legate ancora in qualche modo alle obsolete tradizioni socialiste e internazionaliste. Sappiamo finalmente che non è così: sono dei cazzuti decisionisti, degli uomini che - sprezzanti ogni pericolo - se la guerra fosse durata ancora un poco avrebbero mandato coraggiosamente un bel po' di truppe ad uccidere e a morire. Alla faccia di quei tremolanti e cacasotto liberali e conservatori d'ogni sorta.

Il quinto e ultimo è la parola definitiva sui conflitti etnici e sulla tutela delle minoranze. Giungono ormai segnali da tutto il mondo. I metodi usati per la pacificazione del Kosovo e le sorti delle popolazioni di etnia albanese e serba che vi abitavano (bombardati ed espulsi in via pressoché definitiva dalle loro case) hanno convinto tutti. Dovunque vi è una qualche sorta di contrapposizione etnica (o linguistica o religiosa) si sprecano baci e abbracci, manifestazioni di stima e di affetto reciproci, professioni di tolleranza o addirittura di fratellanza. Il mondo multietnico sta per diventare un paradiso in cui ceceni, russi, curdi, turchi, baschi, spagnoli, yeti e nepalesi vivranno in armonia. Basti pensare che ieri una mia vicina di casa (sudamericana) stava litigando duramente con il proprietario dell'appartamento (piemontese), ebbene al rombo del primo Apache che si stava dirigendo minacciosamente verso il palazzo sembra che i due abbiano deciso repentinamente di giurarsi eterno amore. Più che l'affitto poté la NATO.

Guglielmo del Surrey



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