Da "Umanità Nova" n.21 del 13 giugno 1999
Paperoni
Cresce il divario tra capitalisti e salariati
La crisi finanziaria del '98 ha allargato il divario tra chi vive del proprio
salario e chi vive del profitto del proprio capitale. La società di
consulenza Gemini Consulting e la banca d'investimento Merrill Lynch hanno
analizzato gli investimenti dei sei milioni di individui che nel mondo
possiedono attività finanziarie per oltre un milione di dollari. Dalla
loro analisi risulta che gli investitori più ricchi hanno tratto
vantaggio dalla crisi e hanno avuto un reddito pari al 12% del proprio
patrimonio investito, per un valore assoluto di 21.600 miliardi di dollari.
Entro il 2003 le loro attività finanziarie aumenteranno del 50% a 32.700
miliardi di dollari.
Nonostante quello che ci vogliono far credere le statistiche addomesticate,
l'aumento del reddito dei Paperoni non si traduce in un aumento del reddito
complessivo della società: il reddito nazionale viene calcolato
attraverso la somma dei redditi delle varie classi sociali, ma questa
operazione contabile non ha niente ha che vedere con la produzione del
reddito!
I beni e i servizi destinati alla vendita sono prodotti da una classe ben
precisa: al di là delle forme che prende il contratto di lavoro, sono i
lavoratori salariati che producono il reddito di tutta la società, i
Paperoni, che se ne appropriano la maggior parte, non ne producono affatto.
In questo appare il carattere ideologico dell'economia politica: essa
rappresenta capovolta la realtà sociale; la classe che non produce
reddito, ma si limita ad appropriarsene, viene rappresentata come la maggior
produttrice di reddito.
L'analisi che abbiamo citato fa anche giustizia delle continue critiche al
costo del lavoro: le statistiche che ci vengono proposte dagli enti
governativi, per quanto artefatte, non arrivano al punto di paragonare
l'aumento del reddito nominale dei lavoratori occupati all'aumento del reddito
dei capitalisti, del profitto. Anche se il salario reale fosse rimasto
immutato, o addirittura aumentato, il profitto del capitalista sarebbe comunque
aumentato di più: la parte che va al capitale, rispetto a quella che
rimane al lavoratore salariato, è cresciuta; la distribuzione della
ricchezza sociale fra capitale e lavoro salariato è divenuta ancor
più diseguale. Il potere della classe capitalista sulla classe operaia
è aumentato; la posizione sociale del lavoratore è peggiorata,
è stata sospinta un gradino più in basso rispetto a quella del capitalista.
E tutto questo avviene sotto gli occhi benevoli dei governi, che proteggono la
proprietà privata dei mezzi di produzione e di scambio, che intervengono
spesso e volentieri, quando il libero gioco delle forze sociali rischia di
rallentare l'accumulazione capitalistica.
Tiziano
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