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Da "Umanità Nova" n.22 del 20 giugno 1999

La diossina quotidiana

Sulle pagine di questa pubblicazione il problema della diossina e di altri cancerogeni e mutageni negli alimenti è presente da almeno 25 anni, quasi su ogni numero. Non è dunque l'emotività causata dall'ultima "emergenza" che ci spinge a scrivere queste righe.

"Controlli e analisi a largo raggio"

Leggendo i giornali o ascoltando un notiziario o un TG nei giorni scorsi i cittadini più sprovveduti possono aver avuto l'impressione che nel nostro paese i controlli della presenza di diossina negli alimenti siano sistematiche. Nulla di più falso: i sequestri cautelativi sono stati effettuati sulla base delle bolle di consegna di cibi provenienti da un determinato paese e da un determinato ciclo produttivo. Soltanto in tempi lunghi o lunghissimi sarebbe infatti stato possibile l'indagine analitica.

Ciò rimanda ad una delle rivendicazioni che i movimenti per la tutela della salute avanzano da anni: nel nostro paese non vengono effettuate indagini preventive o, laddove vengono fatte, i risultati - al pari del Belgio - rimangono ben nascosti nei cassetti. L'esempio più eclatante è quello della presenza di diossina nel latte materno; l'Italia è uno dei pochi paesi del mondo occidentale in cui non si conosce questo dato, neanche attraverso le pubblicazioni specializzate. Il sistema più semplice per dare per assente un tossico è quello di non cercarlo! E' questa la prassi generalizzata, che assume talvolta connotazioni grottesche: vedi per esempio Pontassieve, in provincia di Siena, magnificato centro delle amene colline toscane ove si strombazza che la qualità della vita è la migliore a livello nazionale e dove funziona a pieno ritmo un inceneritore di rifiuti che cosparge quotidianamente vigneti prati boschi e case di diossina a etti, in totale assenza di controlli.

Industria criminale e politici collusi

Indubbiamente i mangimi contenenti farine di provenienza animale hanno la funzione di concentrare i tossici che si fissano nei grassi, arrivando così in quantità elevate all'uomo, e per questo vanno eliminati dall'industria alimentare. Ma non è colpendo l'ultimo o il penultimo anello della catena che si può pensare di risolvere il problema. Esso va affrontato molto più a monte, nell'industria chimica in particolare che li produce e li immette nell'ambiente. Monsanto, Rhone-Poulenc, Ciba-Geigy, Enichem, Montedison, Hoechst, ICI e un numero elevato di fabbriche grandi e piccole producono direttamente diossine contenute in antiparassitari, diserbanti, fumiganti e additivi per la conservazione di alimenti, anche vegetali. Inoltre nei cicli di produzione delle plastiche i tossici sono presenti sia direttamente sia come precursori.

Ma è nel ciclo di "smaltimento" dei rifiuti che il problema assume i toni più cupi. Quando il verde ministro Ronchi ha fatto passare il decreto legge sui rifiuti che porta il suo nome, nell'equiparare il combustibile derivato da rifiuti (CDR o RDF) ad una "fonte energetica rinnovabile" ha di fatto incoraggiato e sovvenzionato i produttori di diossine; altrettanto stanno facendo a livello toscano il verde Del Lungo e il diessino Chiti con la connivenza della provincia di Pistoia che hanno imposto un megainceneritore da installarsi a Montale fra Pistoia e Prato ed attuano ogni genere di pressione per portare a termine quello in costruzione a Pietrasanta; ed ancora un altro verde alla presidenza dell'Enel, Chicco Testa, si accinge a far bruciare CDR nelle centrali Enel di mezza Italia. E se questo è ciò che avviene in una delle regioni in cui il problema è pubblico a causa dei movimenti popolari che lo ostacolano, il resto del panorama italiano è facilmente immaginabile.

Il clamore sollevato in questi giorni apre dunque spazi per ampliare e radicalizzare una lotta che le popolazioni conducono da anni: i controlli devono essere fatti davvero e soprattutto resi pubblici; i fabbricatori di diossine e inceneritoristi devono esser messi in condizioni di non nuocere.

Alfonso Nicolazzi



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