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Da "Umanità Nova" n.22 del 20 giugno 1999

Inform@zione

Quinto Festival "Leo Ferré" di San Benedetto del Tronto

Non son l'uno per cento ma credetemi esistono! Cantava leo Ferré nella canzone "Gli anarchici" e con quei suoi struggenti versi di rabbia e poesia aveva folgorato le notti dei benpensanti parigini del dopoguerra e aveva aperto, con Vian e Brassens, tutti irriducibili libertari, i cuori e le menti seminando il graine d'anar germogliato vent'anni dopo nel maggio del '68. Tutto questo l'abbiamo risentito dal 3 al 6 giugno a S. Benedetto del Tronto nel corso del 5deg. festival Ferré. Si tratta di un'iniziativa cresciuta per volere di Giuseppe Gennari, intimo amico e complice di Leo, di Mauro Macario, compagno che non ha certo bisogno di presentazioni per chi segue la stampa anarchica e soprattutto della famiglia Ferré, attenta a diffondere il messaggio d'amore e di rivolta del nostro senza tradirne l'impeto trasgressivo. Non si può fare un monumento ad un anarchico; non si può celebrarlo, quindi questo festival senza santi protettori (S. Remo, S. Vincent...) è solo un rendez-vous tra amici e compagni di Leo venuti da tutt'Italia (qualche volta anche da fuori) a incontrarsi con una poesia che ha il coraggio di trascinarsi nel fango della realtà per cambiarla radicalmente. Anche figure diventate mitiche come Juliette Greco o il nostro compagno Paco Ibanez non arrivano qui a fare le star, ma sono voci attraverso cui la musica e la poesia scendono per le strade a dare la mano (o un calcio in culo, per dirla con Leo) per un futuro senza Dieu ni Maitre!

La voce di Paco Ibanez è l'urlo silenzioso di tutto un popolo, dei suoi secoli di sofferenza sotto vari inquisitori, dei suoi Don Chisciotte che per dire la verità dovevano essere pazzi, dei suoi anarchici... la Greco con la sua storia familiare di deportazione nazista, poi la rinascita con Queneau e Sartre, i loro versi di rivolta: sembrano due facce della stessa medaglia: ...per l'anarchico a cui dai i due colori del tuo paese: il rosso per nascere a Barcellona, il nero per morire a Parigi.

Si è potuto anche sentire Renato Dibì, che ha versato il carburante di ottime traduzioni italiane sul fuoco dei grandi francesi (Brel, Ferré), e la prima di uno spettacolo di musica, canto e recitazione tratto da quel Baudelaire che aveva fatto nascere la poesia moderna smettendola con fiori e pastorelle per parlare di puttane e disgraziati, e che, strappato dai muffosi accademici brilla ancora di tutta la sua potenza antisociale (la poesia nella strada!). Ultima salace notazione: a un noto giornalista che ha disertato il festival per seguire Celentano, l'impagabile Gennari ha urlato "Voi avete come paroliere Mogol, noi ci siamo dovuti accontentare di Baudelaire... cercheremo di fare meglio la prossima volta!"

Nel nostro tempo di plastica la carne e il sangue di un nostro compagno è ancora capace di farci germogliare un grande rifiuto! Non son l'uno per cento / ma se dai calci in culo c'è da incominciare / chi è che scende per strada non lo dimenticare / sono gli anarchici!

Alessio Lega



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