unlogopiccolo

Da "Umanità Nova" n.23 del 27 giugno 1999

L'ipocrisia della Missione Arcobaleno
L'Italia e la guerra

Il governo D'Alema prima ci ha portato in guerra, poi ha lanciato una campagna di solidarietà alle vittime kosovare di questa guerra (con l'obiettivo, come vedremo di tenerle il più lontano possibile dalle coste italiane), infine ha lanciato un fantomatico "piano di pace", neppure considerato dai vertici NATO, in modo da potersi vantare di essere stato uno degli artefici della pace.

Con questo atteggiamento ipocrita D'Alema si è coperto di ridicolo di fronte al mondo e solo i leccaculi della stampa italiana hanno fatto finta di non accorgersene. Basti pensare al vertice italo tedesco del 17 18 maggio che ha visto il cancelliere Schroeder rifiutarsi di sottoscrivere il piano di pace di D'Alema che prevedeva una fumosa tregua di tre giorni ma anche una invasione terrestre. Un bel "piano di pace" non c'è che dire!

Ma il trionfo dell'ipocrisia D'Alema e i suoi l'hanno raggiunto con la vergognosa gestione dell'emergenza profughi.

Gli italiani - come tutti gli occidentali, americani compresi - sapevano benissimo che in caso di guerra il regime serbo avrebbe "ripulito" il Kosovo, provocando un'ondata biblica di profughi e deportati. Fin da gennaio il governo italiano, in collaborazione con quello albanese, aveva disposto un piano per bloccare il mezzo milione di profughi previsti in caso di una ripresa delle ostilità fra polizia serba e UCK, un piano che prevedeva la costruzione di una serie di campi nel nord dell'Albania (vedi "Tutti sapevano" su UN n. 19). Anche se tutti sapevano nessuno dei paesi NATO aveva predisposto alcun piano di aiuti ai profughi (nessun campo profughi era stato allestito né in Macedonia né in Albania); neppure dal punto di vista militare la NATO aveva preso delle contro misure alla "purificazione" etnica del regime serbo. Ben strana questa "guerra umanitaria" preparata dalla NATO!

Comunque nei primi giorni di guerra il Ministero dell'Interno aveva previsto di accogliere circa trenta-quarantamila profughi nei centri pugliesi, veneti e friulani. Evidentemente si pensava ad una rapida vittoria della NATO e ad un flusso relativamente limitato di profughi. Ma l'illusione dura poco e di fronte alla resistenza serba, i paesi della UE e dell'OSCE riuniti il 1deg. aprile a Petersberg in Germania, mostrano tutta la loro vergognosa ipocrisia: per paura di dover ospitare per chi sa quanto tempo alcune centinaia di migliaia di rifugiati politici gli europei dichiarano che "l'obiettivo è affrontare l'emergenza in modo che i profughi vengano assistiti dove si trovano in modo da evitare un'ondata verso l'Europa occidentale". L'Italia è insieme a Regno Unito e Francia, la più decisa a sostenere questa tesi miserabile. Il giorno prima il governo italiano aveva lanciato con il sostegno dei media la "Missione Arcobaleno" che nel giro di pochi giorni raccoglie grazie alla genuina solidarietà popolare molti più soldi di quelli stanziati dal governo.

Seguendo questa logica centinaia di migliaia di profughi vengono tenuti a marcire nel fango per settimane. La scusa ufficiale è che i kosovari non vogliono allontanarsi dalle loro terre nelle quali vogliono ritornare al più presto. Questo è falso almeno per quella massa di profughi che avendo parenti e amici già emigrati in Europa (specie in Germania, Svizzera e Italia) avevano la possibilità di abbandonare l'inferno dei campi.

Invece li si è tenuti segregati nei campi consegnando su un piatto d'argento centinaia di milioni agli scafisti che hanno traghettato in Italia coloro che sono riusciti a fuggire dai campi. Sembra che almeno 20-30 mila kosovari siano approdati in Italia illegalmente, contro i 5 mila accolti a Comiso. C'è da segnalare che molti di questi profughi sono stati aiutati a trasferirsi in Italia e in Svizzera dalla Caritas con il silenzioso beneplacito delle autorità italiane.

Ma non tutti ce l'hanno fatta. Molti sono morti, come la donna e i due bambini affogati le notte del 16 maggio al largo di Valona, dove il gommone che li trasportava si era schiantato sugli scogli per evitare i controlli della motovedetta della Guardia di Finanza che pattuglia le coste albanesi, o le due donne e i tre bambini affogati il 27 maggio dopo lo scontro fra un gommone e un'altra motovedetta della G.d.F., questa impegnata nel pattugliamento delle coste pugliesi. Le autorità italiane hanno sbrigativamente concluso che la responsabilità è degli scafisti e nessuna inchiesta è stata aperta dalla magistratura. Nessun giornalista ha voluto o potuto approfondire. Nessuno pagherà per la morte di queste donne e bambini. Purtroppo ci saremmo meravigliati del contrario.

Gabriel



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